Il medioevo tagliava netto. Quando un individuo, che stava per riconquistare se stesso, scopriva, per esempio, di avere arguzia, talento comico o una qualità simile, egli annientava tutto questo come qualcosa di imperfetto.”(Kierkegaard)

Ci ho messo un po’ per consegnarvi questa mia recensione di Kingdom Come: Deliverance, e l’ho fatto per un motivo molto semplice: mi sono immerso nella Boemia del 1400 come il gioco richiederebbe, dando il peso che meritano alle quest secondarie, perdendomi nei boschi senza uno scopo preciso, cazzeggiando laddove era possibile e “buttando” tempo viaggiando alla ricerca di un sarto in grado di ripararmi le braghe. Dall’altra parte ho speso altrettante ore a combattere con i bug, facendo e rifacendo intere sezioni di gioco per stabilire se fossi scemo io o buggato il gioco, cercando di capire come e cosa creasse quel cortocircuito che non faceva proseguire la quest, ma soprattutto se ci fosse veramente un problema. Ho anche ricaricato diversi salvataggi, morto per motivi stupidi o semplicemente per una valutazione sbagliata della situazione. Quello che vi voglio dire è che, nonostante tutto quello ciò che verosimilmente avete letto sul gioco sia vero, con il suo bagaglio di problemi, bug, glitch, crash e altre parole inglesi, spesso è importante guardare la foresta piuttosto che l’albero, e avere la consapevolezza che l’intero non è sempre uguale alla sola somma delle parti. Kingdom Come: Deliverance è un gioco a suo modo eccezionale, che probabilmente setterà nuovi standard negli RPG occidentali. Sarà certamente ricordato anche per essere una delle uscite più buggate degli ultimi anni, siamo onesti.

Iniziamo parlando della trama del gioco: Kingdome Come Deliverance è ambientato in Boemia (attuale Repubblica Ceca) durante un periodo di transizione piuttosto importante. A fare da sfondo alla storia di Henry, il protagonista, troviamo lo Scisma d’Occidente, il fiorire di correnti eretiche in seno al cattolicesimo (in particolare quello che seguì alla predicazione di Hus proprio in Boemia) e lo scontro per il trono di Boemia, che proprio negli anni in cui si muove Henry vede Venceslao imprigionato da un manipolo di nobili che vogliono sul trono Sigismondo, fratello del quasi deposto re. Proprio l’arrivo di un esercito fedele a Sigismondo nel villaggio di Henry darà il via alle vicende del gioco, con l’uomo che si ritroverà in pochi istanti orfano non solo della sua famiglia, ma di tutta ciò che era la sua vita fino a quel momento, obbligato a fuggire per scampare alla razzia e al massacro, senza poter salvare nessuno né opporre resistenza, coerentemente con la sua formazione: un popolano, figlio di un fabbro, senza arte né parte.

Inutile in questa sede perdersi in lunghe disamine storiche su un gioco che non è avaro di spiegazioni. KCD non perde mai di vista la Storia, e tutto deve essere giustificabile e aver senso in quel preciso contesto. I dettagli sono tanti, spesso minuti. Raccontare qualcosa di storicamente coerente impone limiti, perché ovviamente la storia di Henry non può risolversi in grandi imprese che cambiano il destino del mondo. Come si fa, allora, a far percepire al giocatore di essere parte di un mondo che è stato, le cui regole non sono ideabili da zero come in un fantasy? Inserire solo qualche chiacchiera da bar, come vediamo nei primi minuti del gioco, dove persone a caso disquisiscono su quale sia il re a cui essere fedeli sarebbe stato segno di scarsa profondità. Gli sviluppatori hanno approcciato quindi la realtà del ‘400 lavorando ai lati, non soltanto attraverso meccaniche di gioco sensate all’interno di quel sistema sociale o politico, ma anche e soprattutto tramite un uso adeguato delle subquest, che diventano non solo motivo per allungare il brodo, ma un ponte grazie a cui scopriamo il mondo medioevale, con le sue superstizioni, le sue gerarchie, i suoi usi e i suoi costumi, e pure attraverso i rapporti economici nel sistema feudale, raccontati in missioni affidateci dagli elementi più in vista della società.

Gli NPC ci affidano compiti che fanno capire il sospetto che si provava l’uno verso l’altro, la paura che chiunque si muovesse al di fuori dei dettami della Santa Madre Chiesa fosse un servitore di Satana o una strega, oppure come la voce di un parroco, una delle due autorità dei villaggi che possono vantare una chiesa, fosse veicolo unico di un nuovo pensiero religioso, irraggiungibile per il popolo analfabeta se non tramite la voce di un intermediario che a sua volta aveva ricevuto i libri per mezzo di passaggi di mano e voci lontane.
Un’epoca buia e brutale, il medioevo, che in KCD si apre e rivive in tutte le sue sfaccettature, da quelle più note come la violenza fino a quelle più “sotterranee” come un certo tipo di libertà sessuale (mai volgare o celebrativa del maschio alfa, dove spesso scivola The Witcher) o una spiritualità multiforme e non sempre aderente al cattolicesimo. La stratificazione sociale è ben disegnata, declinata in tantissimi comportamenti che troviamo sia negli strati più bassi della piramide sociale che nella nobiltà, accomunati da atteggiamenti umani tanto quanto allontanati da vestiti e blasoni. Non c’è, come abbiamo scritto in relazione alle prime impressioni avute giocando, il cavaliere senza macchia, ma non c’è neanche il cliché del consigliere viscido e doppiogiochista. In estrema sintesi, non c’è lo stereotipo, e in questo KCD è sincero, prima che realistico e simulativo, in modo quasi disarmante.

Questa voglia di verità si rispecchia in tantissimi aspetti del gioco, anche sotto il profilo del gameplay. Provate a girare le case del popolo in cerca di qualcosa da rubare per poi rivenderlo a caro prezzo. Non lo troverete, perché il popolo era povero. Aprite anche tutti i bauli e le porte: caverete pelli, pane nero e se vi va bene asce e attrezzi, sempre coerentemente con l’occupazione svolta dalla vostra vittima. Se volete potete puntare a rubare in qualche castelletto o in qualche roccaforte, ma ci sono le guardie e Henry non è Sam Fisher. Per fare un esempio forse un po’ forzato, la Boemia di Kingdom Come Deliverance non è il vostro parco giochi in cui il protagonista fa ciò che vuole, anzi. È un mondo ostile, brutale e troppo grande per il figlio di un fabbro cresciuto in un villaggio, e c’è poco da fare i paraculi: i nobili parlano meglio di voi, se vi parlano, e i soldati, anche i più stolti, sono addestrati e armati meglio. Il gioco offre il proverbiale bagno di umiltà all’inizio, così da rendere subito chiaro come bisogna comportarsi e fin dove si può tirare la corda. Le possibilità, con l’avanzare del gioco, si aprono ovviamente a ventaglio e Henry potrà diventare qualsiasi cosa, da abile spadaccino a dotto alchimista, ma tutto si fa per gradi.

Lo sviluppo del personaggio infatti funziona come nei The Elder Scrolls, ovvero più si svolge un’attività più ci si specializza. Questo vale per qualsiasi cosa, dalle abilità con la spada all’agilità. Per alcune capacità poi, esistono dei maestri specifici che possono portarvi a un livello superiore di conoscenza. Ci sono infine le skills, acquistabili per ogni categoria dopo aver fatto progressi nel livello principale. Insomma, è tutto piuttosto macchinoso a primo impatto, anche perché determinate capacità ne escludono altre, o magari alcune garantiscono sì dei bonus, ma anche dei malus permanenti. Scegliere di essere cittadini migliora le nostre performance in città, tuttavia dobbiamo rinunciare a essere a nostro agio se immersi nella natura. Se invece decidiamo di darci all’alcool, avremo meno tremori alle mani dopo avere alzato troppo il gomito, ma aumenteranno da sobri, permanentemente.

Molte cose in KCD costruiscono un fragile equilibrio, se non fosse già chiaro. Bere il giusto conferisce un piccolo boost alla loquacità, mentre esagerare vi manda “a quattro di bastoni” e vi lascia un bel hangover il giorno dopo, con tutti i malus del caso. E no, non c’era l’Oki nel medioevo. Allo stesso modo, per fare un altro esempio, rubare potrebbe condurvi in prigione (mentre aumenterà le vostre doti da ladro, e c’è una skill che vi permette di risentire meno della prigionia), e dopo che sarete usciti le guardie vi perquisiranno spesso mentre passeggiate per la città, mentre gli abitanti vi vedranno sotto una luce peggiore, saranno meno disponibili e i mercanti saranno meno inclini a concedervi prezzi vantaggiosi (ma sì, c’è una skill che vi conferisce bonus se tutti vi guardano male). Questo vale anche se indossate vestiti sporchi e puzzate (ovviamente c’è anche un’abilità che aumenta il vostro carisma se odorate di uomo vissuto). Vi sembra un casino di pesi, contrappesi e incastri? È esattamente così, infatti, ma le skill non si attivano da sole, potete rimanere in un limbo o definire più drasticamente il personaggio.

Quello che mi premeva spiegarvi in queste ultime righe è la complessità e profondità che Warhorse ha impresso al gioco, che non è soltanto relativa al “quel personaggio si ricorderà cosa avete fatto”, ma abbraccia tutto il mondo di gioco, chiaramente dividendo le opinioni in singole aree, dato che sarebbe stato irrealistico che le voci girassero per tutta la mappa. Le azioni quindi, e non solo come vi ponete all’interno dei dialoghi, influiscono nella costruzione del vostro personaggio, e questo non concerne solo il combattimento, che non è strettamente necessario imparare, essendo una delle tante possibilità per raggiungere il proprio obiettivo. Quando all’inizio vi ho detto che KCD metterà l’asticella degli RPG un po’ più in alto è proprio per questa concezione dello sviluppo del personaggio, che non distingue tra la capacità di bere e di tirare con l’arco, ma permette di interpretare un Henry a tutto tondo, curandosi di ogni aspetto della sua crescita e legandola alle azioni compiute, prima che all’esplorazione dei menu.

Vediamo ora come funziona il combattimento in KCD, dal momento che si tratta di un altro degli aspetti più criticati, spesso in tandem col sistema di salvataggio decisamente particolare. L’obbiettivo di Warhorse, qualora non fosse chiaro, è stato quello di rendere il tutto il più realistico possibile, nei limiti del fattibile. KCD limita così le tipologie di armi a spade, mazze e asce, con le prime efficaci contro i nemici non in armatura, e le ultime due invece più utili a rompere le difese. Il sistema si basa su cinque stance, che definiscono la direzione del colpo, concatenabili per aggirare la difesa nemica attraverso finte e parate che possono essere perfette e lasciare il nemico in balia di contrattacchi. Ogni colpo, effettuato o subito, abbassa la stamina che lascia a sua volta scoperti i punti vita effettivi. Il tutto si concretizza in un sistema lento e pesante, nel quale è inutile menare fendenti alla cieca. Più importante invece è lo studio dell’avversario, il continuo movimento e l’utilizzo di combo mirate, unito ad un management ragionato della stamina. I colpi subiti, inoltre, non solo vanno ad intaccare la salute, ma danneggiano anche specifiche parti del corpo e aprono ferite che è necessario bendare se non si vuole morire dissanguati.
Insomma, anche sotto questo punto di vista si è cercato di essere il più prossimi possibile a come dovevano essere gli scontri secoli fa, e questo è ancora più evidente quando ci sono diversi soldati a schermo durante gli assalti, in cui la raffinatezza dello scontro 1vs1 si perde in favore della ricerca della sopravvivenza e del tenere sotto controllo la situazione generale, pena il prendere colpi da ogni direzione per andare al Creatore in un attimo. Non è un pericolo solo durante gli scontri di massa, sia chiaro, perché già avere due o più nemici di fronte significa, nelle prime ore di gioco, morte certa se non si lavora finemente per separare il gruppo e prendere singolarmente da parte i nemici, per infilare qualche colpo e poi ripiegare. Anche in questo caso, come nel resto delle attività che si svolgono nel gioco, l’intelligenza viene prima della forza bruta, a meno che non abbiate costruito un personaggio che sia un martello pneumatico. Cosa apprezzabilissima, tra l’altro.

Passiamo ora al sistema di salvataggi, prima di perderci nel marasma di magagne tecniche che giustificheranno il voto inferiore a quello che vi aspettate avendo letto le precedenti righe. È scomodo, sì, e anche parecchio. Il gioco salva automaticamente quando si dorme, ogni volta che si avvia una nuova missione, o che si passa uno snodo fondamentale di una quest. Questo significa che se avete fatto attività secondarie tipo riparare l’equipaggiamento, farvi ricucire i vestiti, e magari un bel bagno caldo, ma poi malauguratamente incontrate un manipolo di banditi che vi maciulla perché avrete intrapreso la nobile arte della retorica piuttosto che quella della spada, siete fottuti e dovete rifare tutto da capo. Ed è frustrante, parecchio, me ne rendo conto. D’altra parte questo spesso e volentieri “forza” il giocatore a continuare la propria missione anche dopo avere commesso degli errori, prendendosi le conseguenze di una svista, senza consentire di progredire per tentativi fino a ottenere il risultato voluto, dando quindi un maggior senso di simulazione e spingendo all’adattamento le varie situazioni per come si presentano, senza pianificazione.

Si tratta di un’arma a doppio taglio, ovviamente, perché se da un lato il senso di veridicità ne guadagna, dall’altro alcune situazioni sono effettivamente molto frustranti e basta un minimo errore in combattimento per mandare a quel paese anche più di un’ora di gioco. Il salvataggio manuale c’è, ma passa attraverso l’utilizzo di un consumabile, la Grappa del Salvatore, piuttosto costoso per l’inizio del gioco, che è poi anche il momento in cui sarebbe più utile data l’inettitudine di Henry nelle prime ore. Per PC esistono mod per aggirare questo “problema” dei salvataggi, su cui ho un’opinione a cui non riesco a dare forma precisa. A molti momenti di imprecazioni e voglia di spaccare il pad ne sono corrisposti altri in cui avrei caricato il salvataggio, ma grazie a questo sistema mi sono adattato e sono andato avanti, trovandomi poi di fronte a situazioni in cui altrimenti non mi sarei imbattuto e che sono invece tra i momenti più belli vissuti in KCD.
Cosa pensare, quindi? Sicuramente gli sviluppatori con le prossime patch dovranno lavorare per rendere il sistema un po’ più malleabile, perché così ci si sente sempre forzati ad avanzare in qualche quest o a cercare un letto su cui dormire anche solo un’ora per riuscire a salvare, ma è anche vero che questo aumenta l’immersione e il realismo.

Rimaniamo in ambito “cose che gli sviluppatori dovrebbero tenere a mente nelle prossime patch”, e scoperchiamo il Vaso di Pandora. L’aspetto tecnico di KCD è altalenante, per usare un eufemismo. Ci troviamo di fronte a un gioco che spesso ricorda i primi titoli Playstation 4, con buoni modelli per alcuni personaggi e texture accettabili per l’abbigliamento. Gli NPC che passeggiano per i villaggi sono invece piuttosto ripetitivi e poveri di dettagli, così come le ambientazioni, che non mi è chiaro se siano così scarne per motivi di realismo o per limiti tecnici, data la bellezza e la cura di alcuni affreschi nelle chiese. Il colpo d’occhio è invece buono, grazie ad un sistema di illuminazione e riflessi dignitoso e la ricca vegetazione che si muove al vento.

Poi ci sono i bug, e le magagne. Le magagne consistono in un frame rate instabile, quando va bene, costantemente sotto una soglia accettabile quando invece va meno bene. I bug e i glitch invece consistono in personaggi che spariscono, intere aree non caricate con muri e elementi di scenario trasparenti, Henry e cavallo che si incastrano in qualsiasi cosa, NPC insensatamente fermi dietro una porta, routine di movimento sballate, compenetrazioni poligonali come se piovesse e chi più ne ha più ne metta. Come dicevo in apertura, in alcuni casi mi sono trovato a non capire se fosse spuntato un bug o sfuggisse qualcosa a me, ed alcune missioni le ho dovute ricaricare più volte per riuscire a finirle. Il picco più alto è stato quando è sparita una città intera. Niente che mi abbia impedito di continuare l’avventura, sia chiaro, ma vivere nel costante terrore che il prossimo bug rompa tutto e costringa a ricominciare non è una piacevole Spada di Damocle da avere sulla testa.
Le patch uscite successivamente alla release del gioco non hanno migliorato la situazione, o magari hanno semplicemente corretto problemi che non mi sono capitati, ma almeno denotano l’interesse degli sviluppatori nel perfezionare il gioco che – considerate pure le buone vendite – spero entro qualche mese sarà quello che avremmo voluto giocare fin dall’inizio: uno dei titoli potenzialmente più interessanti e belli dell’anno.

kingdom come deliverance recensione

Verdetto:

Kingdom Come: Deliverance è un gioco imperfetto sotto il profilo tecnico. Da giocare è ruvido, difficile da maneggiare, pretenzioso nei confronti del giocatore che deve prestarsi alle regole imposte da una ricerca ossessiva del realismo. Ma è giusto così. Vávra ha voluto raccontare il medioevo senza compromessi, senza cedere se non il necessario ai gusti del pubblico. Ci si lamenta spesso della poca autorialità nei videogiochi, di produzioni che vogliono accontentare tutti senza avere un’identità definita e senza il coraggio di dire qualcosa di diverso. Kingdome Come Deliverance se ne fotte di accontentarvi, e vi chiede di seguirlo e di giocare alle sue condizioni. Non vi biasimo se non vi piace, se lo trovate eccessivo o troppo ostico. Sono però sicuro che, nei prossimi anni, il lavoro di Warhorse sarà ricordato come uno dei turning point dell’RPG occidentale. Dovreste comprarlo? Sì, se credete di avere la pazienza necessaria. Dovreste comprarlo ora? Forse aspettare qualche mese sarebbe la cosa migliore. Sicuramente però chiunque affronterà l’avventura di Henry con la giusta disposizione mentale avrà in cambio un ricordo indelebile.

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.