Buona anche la seconda!
Quando tre anni fa uscì il primo Kingsman – Secret Service ci trovammo di fronte a qualcosa di inaspettato. Il film di Matthew Vaughn era infatti un’ottima spy-story sui generis, basata su una miniserie a fumetti di Millar e Gibbons.
Un’agenzia al di sopra di qualsiasi regola, coperta da una classica sartoria inglese, doveva salvare il mondo da un magnate dell’informatica psicologicamente instabile, in una pellicola con scene d’azione girate benissimo, personaggi in grado di bucare lo schermo, battute brillanti e qualche sparso discorso metacinematografico sui film di spionaggio.
Ora Vaughn torna dietro la macchina da presa per confezionare il secondo capitolo, con un terzo che a quanto pare arriverà, ed il risultato è ancora una volta decisamente positivo.
Il Cerchio D’Oro inizia subito con il botto: un lungo e bellissimo inseguimento in macchina, in cui Eggsy, già protagonista del primo film, deve lottare con una vecchia conoscenza a bordo di un “tradizionale” taxi inglese, modello Kingsman. Questo ritorno al passato è ovviamente l’anello di congiunzione con una storia totalmente nuova, che vedrà l’agenzia confrontarsi con una villain appassionata di moda e design anni ’50. Poppy (Julianne Moore) produce la maggior quantità di droga al mondo, e ha ovviamente un suo piano malefico, come è giusto che sia per il super cattivo di una spy story. Il primo step di questo piano, nei primi minuti del film, è proprio la distruzione della Kingsman, che successivamente troverà supporto nella sua omologa americana, un’altra agenzia indipendente che ha come copertura la produzione di whiskey.
Raccontarvi i punti cardine di Kingsman: Il Cerchio D’Oro senza farvi spoiler è un’impresa titanica, perché i colpi di scena sono tanti ed improvvisi, cambiano repentinamente le carte in tavola e soprattutto sono poco prevedibili. Come è giusto che sia, insomma.
Gli elementi che colpirono nel primo film sono sempre al loro posto, ma hanno una marcia in più: le scene d’azione, belle ma limitate nel numero in Secret Service, ora sono decisamente più numerose, più lunghe e più complesse, ed anche realizzate con migliori effetti speciali; l’umorismo brillante resta una costante, e lo ritroviamo persino in dosi maggiori e distribuito meglio lungo la pellicola.
Uno dei perni infatti è costituito dal dualismo tra un’agenzia di super spie americane e una di super spie inglesi. Se l’eleganza propria dei membri della cara vecchia Kingsman la conosciamo bene, i nuovi arrivati vengono del sud degli States, e quindi l’estetica e gli stereotipi di riferimento sono facilmente immaginabili da chiunque. Da questa contrapposizione non possono che scaturire situazioni paradossali, ovviamente, date i due diversi way of life del gentleman e del cowboy.
L’ultimo elemento che preme paragonare alla prima pellicola è la qualità del villain di turno, che come il filone di James Bond ci ha insegnato è importante tanto quanto il protagonista. Samuel L. Jackson aveva interpretato un Valentine memorabile, con i suoi difetti di pronuncia, il suo look esagerato e la sua idea di cambiare il mondo, secondo lui in meglio, dando vita ad un personaggio decisamente folle. Il discorso di Valentine però toccava dei punti interessanti, come il riscaldamento globale. Allo stesso modo Poppy, al netto di qualche problema psicotico, va verso tematiche importanti (salvo poi, come nel primo film, rendere ridicolo tutto quanto perché Kingsman è, appunto, la ridicolizzazione delle spy story, prima di essere una spy story). Anche a livello di carisma e di caratterizzazione estetica non rimpiangerete il personaggio di Jackson, vista l’estrema cura riposta nella creazione del personaggio e soprattutto per l’ottima interpretazione della Moore.
Ci sono, come sempre, anche dei difetti: il primo è un’eccessiva dilatazione del film, che è sostenuto da un ritmo costante ed incalzante per praticamente tutta la sua durata, salvo poi concedersi qualche momento lievemente sottotono che, mescolato ad una durata importante (140’), comincia a far risultare il tutto un po’ troppo tirato nell’ultimissima parte. L’altro problema è l’utilizzo di scuse pretestuose per poter far muovere la pellicola, e non solo. Nulla di gravissimo, però determinate soluzioni forzate potrebbero far storcere la bocca e rompere la sospensione dell’incredulità. In ultimo (anche se questo è un problema esclusivamente nostro), il doppiaggio non è del tutto soddisfacente. In alcuni momenti le prove dei doppiatori italiani sembrano essere approssimative e un po’ finte.
Verdetto:
Kingsman: Il Cerchio D’Oro è un film che funziona, e che non potremmo non consigliare a tutti. È divertente, è girato bene, è brillante, i personaggi sono interessanti e il villain è super cattivo e super psicopatico. Si perde un po’ per colpa di una durata eccessiva, ma gli si può perdonare dato che la maggior parte del tempo la passerete sul bordo della poltrona.