Templari… Templari ovunque!
Che i Poveri compagni d’armi di Cristo e del tempio di Salomone, meglio noti come Templari, siano una sorta di usato sicuro nei mass-media moderni è cosa nota. Quando c’è da creare un bestseller, un videogioco o un film basta inserire qualche oscuro riferimento all’Ordine Templare che si dà vita a quell’aura di misticismo e sacralità sufficiente ad attirare le persone.
Per questo l’annuncio di Knightfall è stato accolto con un sapore agrodolce, poiché se da un lato nella nostra mente ha balenato lo sconsolato pensiero “un’altra serie sui Templari?”; dall’altro aveva destato anche una certa curiosità.
Questa nuova serie di History si proponeva di dare un’impronta maggiormente storica alla vicenda, magari cercando di togliere un po’ di quella patina di occulto attorno alla figura dei cavalieri. Qualcosa, insomma, sulla falsariga di ciò che era stato fatto per Vikings. Il tutto senza ovviamente rinunciare all’eterna ricerca del Santo Graal.
Inevitabile chiedersi se sia possibile realizzare un gioco di prestigio, capace di inserire in un contesto storico fatti che coinvolgano un Maestro dell’Ordine Templare alla ricerca di una reliquia della cui esistenza ancora si discute. Saranno riusciti Don Handfield e Richard Rayner a compiere questa ardua impresa?
Quella storia che non ti aspetti
La serie parte in un periodo storico e in un momento decisamente inusuale, probabilmente mai narrato prima. Siamo nel 1291, al momento della caduta di Acri. La città, dopo la perdita di Gerusalemme, è diventata la nuova capitale dei regni cristiani d’Oriente e la sede dell’Ordine Templare. È qui che con l’assedio che ormai si protrae da quarantatré giorni arriva infine la capitolazione, nonostante la strenua difesa dei cavalieri. Il veterano e Cavaliere dell’Ordine Landry (interpretato da Tom Cullen), viene incaricato di portare via il Santo Graal, fuggendo dalla città ormai invasa dai Mori. Le cose non vanno come sperato: una bordata proveniente da una delle catapulte distrugge la nave che avrebbe dovuto portare in salvo la preziosa reliquia, facendo così perdere ogni speranza ai Templari.
Quindici anni dopo a Parigi ritroviamo Landry alla corte di Filippo IV di Francia, il Bello. L’Ordine Templare si è ricompattato, vive dei prestiti e delle rendite che derivano dai suoi vasti possedimenti, ma non pare avere progetti per un tentativo di riconquista della Terra Santa, andando contro ogni aspettativa di Landry. Le cose sembrano cambiare quando il Maestro Godfrey parte improvvisamente dal monastero parigino, salvo poi essere aggredito e ucciso lungo la strada. Il Maestro ha giusto il tempo di consegnare un messaggio per Landry, nominandolo suo successore alla guida del monastero e facendogli recapitare la propria spada. Al suo interno il sergente incaricato di ripulire la lama troverà uno strano oggetto, una piccola gemma incisa per rivelare qualcosa: il Santo Graal si trova ora in Francia.
A questa vicenda si uniscono altre due sotto-trame. La prima vede il sovrano di Francia, in rapporti di amicizia con Landry e con il suo Ordine, iniziare a ricevere pressioni dal suo ciambellano, Guglielmo De Nogaret, affinché chieda ai cavalieri il denaro necessario per le proprie spedizioni militari. Data la reticenza del sovrano a chiedere denaro al potentissimo ordine cavalleresco, l’idea successiva del consigliere è quella di vessare gli ebrei, nonostante il parere contrario del re (sic!), cosa che scatenerà una serie di eventi che coinvolgeranno proprio i Templari e la donna con cui Landry si sta intrattenendo una relazione clandestina.
Già da questa trama, chi ha aperto diversi libri di storia medievale, avrà avuto un sussulto. Tuttavia l’idea di avere a che fare per l’ennesima volta con il Santo Graal (sul quale dovranno trovare una motivazione dannatamente valida per farci capire come sia passato dal mare di Acri alla Francia) è forse la cosa meno fastidiosa all’interno di Knightfall.
Giochi del trono e storia falsata
Osservando questi primi due episodi ci troviamo di fronte a un quadro che sembra comporsi, in maniera forse un po’ banale, di una serie di complotti e tradimenti alla corte del re di Francia. Siamo sempre nelle vicinanze del Trono di Spade, ambientato però in una realtà storica, dove si muovono personaggi che hanno avuto una vita e compiuto imprese reali nel nostro mondo. Inevitabili, quindi, alcune grosse forzature all’interno della trama. La questione è: quando le forzature smettono di essere accettabili?
Guardare Knightfall ci pone di fronte a una sfida: ci costringe a scindere il nostro giudizio di amanti della storia medievale e degli ordini cavallereschi da quello di appassionati di serie televisive. Non è cosa da poco.
Da un punto di vista stilistico, narrativo e di sviluppo dei personaggi ci troviamo dinanzi ad uno show abbastanza solido. Superate la perplessità relativa a quella che sembra un’incapacità endemica degli sceneggiatori di oggi di proporre qualcosa di nuovo alla loro versione alternativa del “gioco del trono”, abbiamo a che fare con diversi spunti interessanti, che potenzialmente fanno ben sperare per il proseguimento della serie.
Il ritmo e la narrazione sono sempre garantiti dalla natura stessa dello show. Vedere perciò Knightfall di certo non annoia. E questo nonostante alcuni enormi difetti stilistici, specie negli effetti speciali che sembrano essere fatti al risparmio. Il rischio di veder fallire la sospensione dell’incredulità necessaria per ogni spettacolo c’è, ma è tenuta in piedi, seppur con lo sputo, da un cast che appare quasi sempre convinto di ciò che fa. Tom Cullen, già noto per alcuni suoi ruoli in serie “in costume” si impegna col materiale a sua disposizione, cercando di trasmettere allo spettatore il conflitto di Landry, quello di un crociato senza una crociata da combattere e di un monaco innamorato di una donna che non potrà mai realmente avere.
Una piccola nota: desta molta curiosità la scelta di diversi nomi all’interno della storia, con forti riferimenti letterari. Alcuni personaggi hanno nomi “parlanti”, ovvero capaci di rivelare la loro posizione nell’intreccio. Parsifal è un giovane che si unisce alla causa dei Cavalieri, Gawain (Galvano) è un cavaliere stretto confidente di Landry e suo braccio destro, Tancredi è un veterano delle Crociate e così via. Qualcuno sufficientemente colto potrà apprezzare il richiamo.
La vera, inaccettabile nota dolente di questo spettacolo ci arriva dal punto di vista prettamente storico: semplicemente, quanto narrato da Knightfall non corrisponde alla verità. E questa è la vera grande delusione di questo sceneggiato, il colpo finale che ci porta a pensare, da “storici”, di non voler proseguire nella visione di questo serial.
Qualche sprazzo di ricostruzione degna di questo nome, a ben vedere, è stato tentato. Un piccolo esempio si ha proprio nei Templari, dove vengono distinti adeguatamente i Cavalieri (con la tunica bianca) e i Sergenti (vestiti di nero), e dove si dà molta importanza alle loro rendite, al fatto di essere sia un Credo Militante che una banca a tutti gli effetti. Eppure le imprecisioni abbondano, e alcune sono così macroscopiche da mandarci fuori dai gangheri.
Ci sono tanti particolari apparentemente minori che, messi insieme, costruiscono un quadro di anacronismi e bizzarrie degne di un peplum degli anni cinquanta. Da una contadina vestita con un abito da damigella, alla presenza di arance nell’Île-de-France del secolo XIV. O ancora una ragazza ebrea che, assalita da un gruppo di mercenari, ne uccide due a colpi di bastone: per niente credibile. Niente che vada a inficiare la qualità dello show (forse?) Eppure parliamo di una serie realizzata da History con la pretesa di essere più fedele possibile alla storia, e questo genere di errori non dovrebbero esistere nel contesto di questo tipo di show.
Passiamo, allora, a ciò che fa davvero scricchiolare l’intera trama: le figure storiche e la totale libertà con cui esse sono state rappresentate in questo sceneggiato. Già nel primo episodio, al momento della riunione dell’ordine Templare a Parigi, vediamo i cavalieri pregare per il loro papa, Bonifacio VIII. Nel 1306. Se non siete esperti di storia vi basterà sapere che all’epoca dello sceneggiato il Pontefice nemesi del sommo Alighieri era morto già da tre anni. Parlando di altre morti illustri nello show, assistiamo all’omicidio di Godfrey, probabilmente Goffredo de Charnay, Gran Commendatario di Aquitania, il quale morirà sì vestendo i paramenti dell’ordine, ma nel 1314, bruciato sul rogo accanto a Jacques de Molay.
Anche i rapporti che legano l’Ordine Templare alla Chiesa e al regno di Francia sono stati completamente riscritti. Tralasciamo la confusione che si fa, all’interno della serie, dei titoli propri dei Templari (quello di Maestro, Gran Maestro, Commendatario e Gran Commendatario vengono confusi costantemente), assolutamente falso è il modo con cui si relaziona la corte francese con essi e con il papato.
Vedere Filippo il Bello che sostiene di essere “amico dell’ordine Templare” fa sorridere, e non in maniera amichevole. Per non parlare del Papa che, al suo arrivo a Parigi, viene riferito quasi fosse Dio sceso in terra, quando nel 1306, con la Cattività Avignonese appena iniziata, il Pontefice Clemente V era a tutti gli effetti un sottoposto della corona francese. E, sempre parlando di Filippo il Bello, vederlo come difensore del popolo ebraico quando nella realtà storica li aveva costretti già da tempo ad abbandonare la Francia è a dir poco paradossale. Insomma, questo benedetto libro di storia forse era il caso di aprirlo.
Inconcepibile è la banalità degli errori commessi in questo caso: per correggerne alcuni sarebbe bastato accorciare il salto temporale fatto dallo sceneggiato di un paio d’anni per rendere più plausibili alcune delle vicende narrate. La cosa peggiore è che per il soggetto scelto si poteva fare un lavoro del tutto simile senza compromettere la realtà storica. I veleni, alla corte francese dei primi anni del secolo XIV, erano all’ordine del giorno, e non in senso figurato. Che siano tuttora materiale valido per delle miniserie televisive è cosa dimostrata dal fatto che in passato già altre produzioni erano riuscite a realizzare un buon lavoro con lo stesso identico materiale, ovvero gli ultimi anni dell’Ordine Templare e gli intrighi alla corte di Francia.
Un esempio banale: una decina d’anni fa Rai Fiction e France 2 trasposero il romanzo di Maurice Druon, “Les rois maudits”. La storia narrava partiva proprio del conflitto tra Filippo il Bello e i Templari e vedeva nientemeno che Gérard Depardieu nel ruolo di De Molay. L’intera vicenda, pur prendendosi qualche libertà “dietro le quinte della storia”, manteneva un certo rigore e rispetto dei fatti, concludendosi infine con lo scoppio della Guerra dei Cent’anni tra Francia e Inghilterra. Dimostrazione che conciliare trama ed eventi storici è possibile. Cosa che da History sarebbe lecito aspettarsi.
Cosa ci è piaciuto?
I personaggi e il ritmo della vicenda, incalzante e sempre capace di intrattenere lo spettatore. Lo spettacolo non annoia. Qualche timido sprazzo di ricostruzione storica.
Cosa non ci è piaciuto?
Tante, troppe imprecisioni storiche e anacronismi senza alcun senso logico. Personaggi famosi che dovrebbero essere morti da tempo e invece si dimostrano ancora vivi e in salute, altri la cui vita dovrebbe proseguire ancora per una decina d’anni che muoiono, senza parlare di alcune incongruenze e scelte di costumi rivedibili. Bocciata in storia.
Continueremo a guardarlo?
Trattandosi di una miniserie, una parte di noi vorrebbe fare questo sforzo. L’altra non riesce a fare a meno di gridare “No! Allontana da noi questo calice”. E forse è proprio quella a cui daremo ascolto. Se siete pignoli come noi nella fedeltà alla storia degli sceneggiati, guardate altrove.