Pubblicata per la prima volta in Italia la raccolta completa dei racconti di Kurt Vonnegut
Tra i personaggi protagonisti dell’eccellente Concrete di Paul Chadwick – saga a fumetti il cui reale valore resta barbaramente misconosciuto, ma è un’altra faccenda – vi è la bellissima e distratta biologa Maureen Vonnegut, il cui cognome fu concepito dall’autore per rendere esplicito omaggio al suo scrittore preferito, Kurt Vonnegut. Si tratta di uno dei numerosissimi esempi possibili in ambito popolare che servono a dimostrare il peso colossale che un autore come Vonnegut ha avuto sull’industria culturale statunitense: un’intera generazione di giovani universitari si è formata sui suoi romanzi degli anni ’60 e ’70 (tra tutti, i capisaldi Mattatoio nr. 5 e La colazione dei campioni), e la sua produzione saggistica, più abbondante negli ultimi decenni della sua lunga carriera, è attualmente oggetto di lezioni accademiche presso le università più prestigiose.
Se consideriamo quanta fortuna hanno avuto in Italia scrittori nordamericani assai inferiori e decisamente meno accessibili, sorprende che il ricco repertorio di Vonnegut risulti ancora solo parzialmente reperibile nel nostro paese, a lungo disperso nei cataloghi di varie case editrici e non di rado costretto in edizioni non all’altezza dell’importanza dei contenuti.
A Bompiani, in particolare, si deve riconoscere il merito di aver contribuito a diffondere il verbo “vonnegutiano” in Italia grazie alla pubblicazione di una collana di agili volumi tascabili tra la fine degli anni ’90 e gli inizi dei 2000. E sempre a Bompiani si deve questa la graditissima comparsa di questa monumentale edizione della raccolta completa dei racconti di Vonnegut, uscita originariamente nel 2017 a cura di Jerome Klinkowitz e Dan Wakefield e qui tradotta molto bene da Vincenzo Mantovani. Per gli appassionati, si tratta di un vero e proprio albero della cuccagna: novantotto racconti (di cui alcuni inediti) organizzati in otto sezioni, per un totale di mille pagine complessive.
Per chi non conosce ancora l’opera di Vonnegut, invece, la raccolta potrebbe rappresentare un ottimo veicolo introduttivo, considerato che le storie coprono l’intero arco produttivo dell’autore (dal 1941 al 2007, anno della morte) e forniscono un’immagine piuttosto indicativa delle tematiche che è possibile trovare presso i lavori “maggiori” dello scrittore. Ad essere onesti, la suddivisione in macro-sezioni (Guerra, Donne, Scienza, Amore, Etica del lavoro contro fama e fortuna, Comportamento umano, Il direttore della banda e Il futuro), che pure rispetta la volontà originale dei curatori, corre il rischio di diventare fuorviante per la comprensione di un autore dalla poetica complessa e stratificata, non facilmente inquadrabile in base alle sole tematiche dominanti nella sua produzione. Ma si tratta di dettagli.
Per fortuna, l’apparato introduttivo – che vanta una prefazione dell’acuto Dave Eggers – è di buona qualità e risulta in questo caso indispensabile per comprendere la natura di molta della produzione “breve” di Vonnegut, nata in specifiche circostanze socio-culturali, vale a dire la East Coast degli anni ’50 e ’60, e concepita per essere diffusa su riviste patinate a grande tiratura indirizzate a quel pubblico medio-borghese che si riscopriva nuovo “potere forte” all’indomani della Seconda Guerra Mondiale. La destinazione popular dei racconti può aiutare a spiegare molte delle scelte stilistiche adottate dall’autore, a cominciare da quel nitore linguistico e quell’equilibrio sintattico ereditati dalla migliore tradizione letteraria statunitense (Mark Twain su tutti) e messi al servizio di una narrazione strutturalmente lontanissima da qualsiasi arzigogolo o capriccio formale.
Le storie di Vonnegut, che ben conosce i virtuosismi della letteratura “nobile” europea e di quella postmodernista ma che scrive (anche) per far cassa e mantenere la sua numerosa famiglia, vogliono parlare a lettori non avvezzi ai fronzoli dei piani alti. E anche le trame da lui concepite non cedono alla tentazione di tentare la carta dell’ambiguità: i personaggi sono delineati quasi sempre per mezzo delle azioni e dei comportamenti (poche le descrizioni fisiche) e il loro statuto morale, positivo o negativo che sia, risulta immediatamente chiaro sin dalle prime righe.
Il genio di Vonnegut, quello che gli rese possibile raggiungere con pari facilità sia i lettori di riviste usa e getta sia i freshmen di Princeton e Harvard, stava nella capacità di veicolare in modo semplicissimo, persino schematico, una visione del mondo circostante marcatamente complessa, non riducibile a sistema e tuttavia allo stesso tempo profondamente umanista e universale. Nel ricostruire le vicende personali di veterani di guerra, generali tedeschi, cosmonauti sovietici, segretarie nubili alla ricerca di un marito e coppie di innamorati metropolitani, Vonnegut è infatti attento a delineare con chiarezza i confini tra bontà e malvagità, ma non distribuisce virtù e vizi morali in base a criteri di genere, ceto, nazionalità o etnia.
E soprattutto, a queste virtù e vizi non elargisce premi né infligge punizioni, come pure prevederebbe tanta di quell’etica para-calvinista che impera nella narrativa popolare statunitense: il bene e il male, tutto sommato, bastano a loro stessi, e non esiste ricompensa che possa sostituire la presa di coscienza del proprio valore.
Si è sovente discusso (e su discute ancora) fino a che punto la produzione di Vonnegut possa essere considerata “politica”, al netto del noto attivismo dell’autore e del suo dichiarato ateismo – caratteristica, va ricordato, che negli Stati Uniti è ancora assunta come marcatamente problematica. Questi racconti servono senz’altro a ribadire l’identità di Vonnegut come scrittore politico, nella misura in cui tale definizione vale a connotare la tendenza a prendere posizioni specificatamente orientate nei confronti del contemporaneo. Le sue lenti principali per interpretare il mondo che lo circonda sono essenzialmente due: l’esperienza come veterano di guerra in Germania (al centro soprattutto del romanzo-capolavoro Mattatoio nr. 5) e la fantascienza, genere “minore” che Vonnegut ammirava sinceramente per la capacità di incanalare l’escapismo in un’analisi lucida e lineare della società.
Non a caso, una percentuale consistente dei racconti di questa collezione contiene elementi fantascientifici più o meno marcati, tanto più efficaci quanto più risultano integrati nelle problematiche dell’oggi più immediato. Spiccano, a questo proposito, alcune delle storie iniziali raccolte nella sezione Guerra, nelle quali le ossessioni della contemporaneità (e del recente passato), come la corsa alla conquista dello spazio, si compenetrano con elementi di storia alternativa, per ottenere prospettive inedite sul mondo – si legga per esempio l’eccellente Missili con equipaggio.
Nel complesso, anche grazie al prezzo davvero buono in rapporto alla mole del volume, questa raccolta di racconti è meritevolissima di attenzione anche da parte di coloro che non hanno dimestichezza con Vonnegut – e in Italia, purtroppo, sono ancora tanti. Ci si augura che l’iniziativa di Bompiani serva da stimolo per incoraggiare la riedizione del corpus completo dell’opera dell’autore, da troppo tempo presente in forme episodiche e non sistematiche nelle nostre librerie