“Lui fece una scommessa. Lei fece la storia”
Dopo La La Land, ad Emma Stone serviva un’altra pellicola di grande spessore per consolidare il suo eccezionale valore. Un film capace di farla brillare nuovamente, e per fortuna assieme ai registi – nonché coniugi – Jonathan Dayton e Valerie Faris, ci regala un grande film ed una storia eccezionale: La Battaglia dei sessi (nelle nostre sale dal 19 ottobre).
Sono gli anni ’70 e negli Stati Uniti si sta smuovendo qualcosa, un desiderio di rivalsa, di rinascita, voglia di uguaglianza e pari diritti, si sta consolidando il femminismo, stanno nascendo i primi movimenti LGBT, e la campionessa femminile di tennis, Billie Jean King, decide (consapevolmente o meno) di ergersi come portabandiera di tutte le donne, sportive e non, desiderose di lottare contro l’imperante oppressione maschile dell’epoca.
Il film in questione è un brillante racconto biografico curato nei minimi dettagli, capace di conquistare il pubblico in sala e di farlo ritornare indietro nel tempo grazie alla perizia ed all’accuratezza con cui si sviluppa lo script, fotogramma per fotogramma.
Emma Stone ( B.J. King) e Steve Carrell (Bobby Riggs) ci offrono un’interpretazione brillante, credibile, coadiuvata da una sceneggiatura fluida e mai (o quasi) stancante.
Certo, la storia si sofferma spesso sulle vicende personali dei due tennisti, analizzando le loro vicissitudini amorose, e in alcuni frangenti può risultare un po’ troppo romanzata, ma questa può essere l’unica vera nota stonata di un film che definire “credibile e coinvolgente” è poco.
L’evolversi della storia, dalla nascita della lega per sole donne, finanziata dalla Philip Morris, passando per la crisi amorosa attraversata dalla King che si ritrova a dover lottare con la propria sessualità, fino ad arrivare al decisivo scontro finale tra i due tennisti, risulta sempre interessante, mantiene il proprio colore, permettendo allo spettatore di comprendere nel profondo il cammino compiuto dalla protagonista.
Ovviamente tutto ciò è permesso, come al solito, da un’eccezionale artista come Emma Stone, che ha definitivamente messo la propria firma nel simposio hollywoodiano.
Ci eravamo lasciati nel mentre ci faceva innamorare con la sua risata durante City Of Star, in La La Land, e la ritroviamo in lacrime nel post gara, riuscendoci a catturare emotivamente, ancora una volta.
Ma La Battaglia dei sessi non è solo Emma Stone; è un film che riesce, grazie ad una regia brillante, a mettere in scena una vicenda sconosciuta ai più ma che silenziosamente ha scritto pagine importantissime di storia.
Da sottolineare l’essere riusciti anche a superare lo scoglio della possibile critica “politically correct”, visti i temi trattati.
Il film infatti non si auto incensa, non si loda, non gonfia il petto solo per poter destare clamore ed inseguire l’imperante onda di buonismo cinematografico (passateci il termine) che dilaga ad Hollywood, ma è una vera, seria, convincente trasposizione, capace di far tifare chiunque, dalla propria poltrona, per la King.
La storia, che si sviluppa con un ritmo battente ed equilibrato, vede il suo momento cardine nello scontro finale tra la King e Riggs.
Una sfida tra uomo e donna nata per necessità del caso, per dimostrare al mondo che anche le donne possono competere ad alti livelli nello sport, che anche le donne possono meritare le esorbitanti cifre guadagnate dai professionisti maschili, che un uomo può perdere contro una donna, nonché omosessuale.
La fedeltà della rappresentazione storica è curata e studiata, ricalcando perfettamente l’ingresso degli sportivi in campo, fino ai reali set dei due tennisti.
Un match punto a punto, set a set, in grado di far tenere il fiato sospeso a tutti (nonostante il risultato finale scontato e già noto), facendo appassionare al tennis anche chi non l’ha mai seguito, permettendogli di ritrovare nella King un beniamino sportivo ed ideologico.
Tutto ciò, oltre alla già citata sceneggiatura, ai costumi (dell’eccezionale Mary Zophres, candidata due volta agli Oscar per il lavoro svolto ne Il Grinta e La La Land) e alla fantastica Emma Stone, è reso possibile anche dalla sua controparte maschile: Steve Carell.
Carell riesce ad incarnare alla perfezione la parte di Riggs, portando in scena un personaggio con un alto carico di humor, ma infelice, insoddisfatto e probabilmente solo.
Non un uomo come tanti, un personaggio antiestetico, irriverente e dissacrante, attanagliato da un senso di vuoto interno che riesce paradossalmente a colmare grazie alla sconfitta, riuscendovi a trovare l’apparente pace intrinseca che cercava.
Ultima nota positiva è senza alcun dubbio la fotografia, e anche qui c’è lo zampino di uno degli artefici del successo di La La Land: Linus Sandgren.
Lo svedese, come nel precedente American Hustle, grazie ad una densa saturazione riesce a ricreare perfettamente le ambientazioni tipiche dell’America degli anni ’70, fornendoci l’ennesima prova di talento.
Verdetto:
La Battaglia dei sessi è un film diverso dal solito, perché non è solo una fedele ricostruzione storica di un evento sportivo, ma è molto di più.
La pellicola è una lotta ideologica trasposta sul grande schermo, riprodotta nel migliore dei modi, riuscendo a mantenere la fedeltà grazie ad uno script che si sviluppa sequenza per sequenza, catapultando lo spettatore negli anni ’70 grazie ad una meravigliosa fotografia, e non solo, permettendo a tutti di comprendere realmente la situazione storico-politica dell’epoca.
Eccezionale – come ci ha oramai abituato – Emma Stone, la quale riesce ad coinvolgerci nuovamente grazie ad una fantastica performance ed alla sua carica emotiva fuori dagli schemi.
Uniche note stonate possono risultare alcune scene eccessivamente focalizzate (e romanzate) sul rapporto omosessuale della protagonista, risultando a volte un po’ fini a se stesse.
Un film significativo quanto la frase scelta per far calare il gran sipario, pronunciata dall’attore Alan Cumming: ”Un giorno saremo liberi di essere chi siamo, ed amare chi vogliamo”.