Parlare di sentimenti non è semplice.
Bisogna avere una sensibilità ed una capacità di mettere la stessa nero su bianco che non tutti possiamo vantare. Flavia Biondi può, e lo dimostra in maniera egregia in questa graphic novel edita dalla Bao Pubblishing.
Il ventiduenne Matteo torna a casa nella campagna Toscana dopo tre anni passati a Milano, lontano dalla sua famiglia e dalle sue radici. Tre anni di silenzi e rinnegazione, interrotti bruscamente con la fine di un amore. Ora dovrà rimettere insieme i cocci della sua vita, iniziando con i rapporti più intimi dai quali credeva di poter fuggire. Ne nasce una storia breve ma molto intensa, che è un percorso di crescita che permetterà al giovane protagonista di capire dove ha sbagliato, e cosa è importante davvero per poter diventare persone per bene.
L’impostazione data dalla giovane autrice ricorda spesso il teatro, soprattutto nei momenti nei quali sul palcoscenico delle tele interagiscono i diversi componenti della famiglia di Matteo, attori che impersonificano squisitamente le dinamiche classiche della famiglia italiana vecchio stampo. Ecco, infatti, che incontriamo la nonna che non può non esordire preoccupandosi del viso (a suo dire) sciupato di suo nipote, abbiamo la zia zitella e bisbetica, quella vedova con la testa tra le nuvole, e quella simpatica che trova sempre il modo di sorridere alla vita. Ed è proprio la costruzione dei personaggi uno dei punti forti di questa opera, che ce li presenta ben caratterizzati e diversificati tra loro. Certamente non tutti hanno lo stesso grado di importanza al fine del proseguo narrativo, ed è qui che si riscontra l’unica mancanza dell’autrice, che curiosamente lascia molto, forse troppo, in secondo piano la figura paterna di Matteo.
Il tratto grafico della novella è molto leggero, quasi sbarazzino, come se volesse ricalcare la visione del mondo ancora acerba del protagonista. Le classiche sezioni a griglia si alternano ad alcune prive di margine esterno e di sfondo, col chiaro intento di focalizzare l’attenzione tutta sul personaggio o l’oggetto in esse contenuti. Molto belle quelle che, benché divise tra di loro, condividono la stessa immagine, dando l’illusione, grazie allo scorrere verso il basso delle battute, della carrellata di una cinepresa.
I primi piani la fanno da padrone in questa opera, insieme ai primissimi sugli occhi e su alcuni oggetti, rinforzando ulteriormente le similitudini col cinema, ed enfatizzando le emozioni dei protagonisti, la vera anima del racconto. Perché è attorno a questo che esso ruota, e all’inestimabile valore dei rapporti, della loro coltivazione che passa attraverso il dialogo e la comprensione.