“Così inizia la guerra dei regni”.
Jason Aaron è uno che i fumetti li sa scrivere, e di ogni tipo. Dal suo epico Thor in coppia con Esad Ribic, capace di foraggiare il mito norreno-americano con storie inedite dal sapore cult (se non li avete letti, recuperate i primi due volumi Marvel Now!, The God Butcher e Godbomb), al suo Southern Bastards (anche qui: non l’avete letta? Recuperate la serie Panini Comics!) sporco di sangue e sudore, maleodorante e fangoso, con l’omonimo Jason Latour ai disegni. Conclusi i preamboli sull’opera di Aaron, peraltro appena scalfita nella sua brillante superficie, e fatto il pieno di recuperi consigliati, possiamo iniziare a parlare del recente hardcover riproposto in Marvel, La Potente Thor: Tuono nelle vene.
Si tratta del primo story arc del rilancio “nominale” di Thor avente Jane Foster come protagonista e sollevatrice del martello. Il precedente rilancio era stato il primo con l’ormai celebre Thor al femminile e si fondava, per una decina di episodi, sul mistero di chi brandisse Mjolnir tra le molte candidate del Marvel-verse. Scoperto l’arcano, siamo messi di fronte a una Jane Foster che è insieme scelta facile e difficile. Facile perché, onestamente, era in cima alla guess list. Difficile perché, d’altra parte, il personaggio vive un conflitto dilaniante: Jane è, nella sua forma umana, affetta da tumore in stadio avanzato. È debole, si sottopone a chemioterapia (non a caso il sottotitolo è “Tuono nelle vene”), e per quanto sollevare il martello la trasformi in divinità ultrapotente, cancella anche tutti gli effetti medici della cura, mentre non guarisce il cancro, che è “parte di lei”.
Capite bene, quindi, come trasformarsi per lei significhi da una parte fuggire da una realtà dolorosa e claustrofobica, dall’altra condannare ogni volta di più le proprie possibilità di salvezza come mortale. A questo, naturalmente, si aggiunge la resistenza patriarcale di una Asgard (pardon, Asgardia) tornata in mano al “padre di tutti” Odino, dopo un periodo di interregno di una Freyja ben più comprensiva. Tutta questa ostilità sottende a un ritmo davvero esplosivo, tra gli exploit del quale si nota, con estremo piacere, il gusto per il fantastico e l’azione al cardiopalma connaturati al medium fumettistico nella sua forma più fondamentale. La già citata run di Aaron e Ribic era più epica, raccontata da colori e grandezze che trasudavano immortalità, eppure quel Thor era molto più lento di questa. La Thor di Aaron (artisticamente bipolare, a quanto pare) e di un Russell Dauterman sorprendente, è densa fino all’orlo di scontri tonanti, lame inflessibili e colori densi. Un affresco iridescente nei colori pieni del consueto Matthew Wilson fuori scala, che non mancherà di stupirvi, pagina dopo pagina, dal primo all’ultimo “KRAKOOOM”.
Facciamo un esempio pratico: se c’è la possibilità che voli un cazzotto, questo arriva un attimo prima di quanto pensiate, in un modo che non vi aspettereste. E il più delle volte ritorna per il bis. In questo arazzo ravvivano la fiamma di una guerra bi-fronte, contro lo status divino di Jane Foster e contro l’alleanza Malekith-Roxxon per la conquista dei nove regni, tutti i personaggi del pantheon asgardiano (Loki compreso, con tutte le ambiguità del caso). Valore aggiunto, il punto di vista di Jane, che resta umana nei propri pensieri, nonostante i muscoli, l’armatura e l’eloquio si facciano “degni”.
Verdetto
Il primo volume del ciclo della Potente Thor è la conferma che meritava uno dei “nuovissimi” eroi Marvel, indubbiamente tra i più riusciti. Jane Foster è incarnazione ambivalente della grande fragilità che contraddistingue l’uomo e del suo anelito intrinseco a farsi immortale, caratteristica di cui è privo persino l’Odinson originale. Aaron si tuffa in questo conflitto, gettando sale sulle ferite aperte di una lotta che imperversa senza soluzione di continuità per nove regni e cinque episodi. A dare vita e, soprattutto, colore al tutto, il tandem creativo Dauterman-Wilson, da lustrarsi gli occhi. Azione e mito fusi a caldo in un’unica visione. Che aspettate a valicare il Bifrost?