Poco tempo fa è uscito per edizioni Voland il nuovo libro di Gianluca Di Dio La Sublime Costruzione, la storia del viaggio di Andrej Nikto, insieme all’amico Arvo, verso un imprecisato nord, dove si trova il cantiere della Sublime Costruzione, in cerca di fortuna e in fuga dalla città natale distrutta da una lunga guerra. Il libro è liberamente ispirato al viaggio di Ulisse nell’Odissea e non sono pochi i riferimenti al poema greco. In primis quello della lunga guerra citata sopra che ha distrutto la città di Andrej, chiaro riferimento alla Guerra di Troia.
Tutte le tematiche inerenti a un viaggio possono essere fatte risalire all’Odissea, proprio per i caratteri universali presenti nel poema. Gli ostacoli, le prove, le difficoltà dell’eroe, atti a mettere in discussione le certezze di quest’ultimo. Il viaggio di Ulisse lungo le zone più esotiche del Mediterraneo è il simbolo del viaggio di ogni uomo. E forse la parte più rilevante dell’Odissea risiede proprio nella natura del protagonista, che è soltanto un uomo, dotato di multiforme ingegno, che si fa strada verso casa superando le insidie con la mente, non con la forza. Perché se Achille rappresenta l’eroe epico, prescelto e invincibile, coraggioso e giusto, Ulisse è l’esempio di ciò che un uomo è in grado di fare. Non che ovviamente Ulisse non abbia ricevuto il favore di alcune divinità, nella letteratura greca l’uomo non è quasi mai fautore del proprio destino, ma è anche un personaggio estremamente umano, che non può fare conto unicamente sulla propria forza, ma deve essere in grado di adattarsi alle situazioni.
La Sublime Costruzione: Un’Odissea urbana e decadente
La Sublime Costruzione ricalca fortemente gli episodi più conosciuti dell’Odissea, presentando comunque le proprie differenze. Intanto quella descritta da Gianluca Di Dio è una terra senza dei, una terra distrutta da una guerra frutto unicamente della mente umana. Andrej e Arvo si imbarcano su una corriera diretta verso il Nord per fuggire dalla disperazione e dalla sofferenza della sua città, entrambi in cerca di una svolta, un lavoro, qualcosa in grado di rivestire il ruolo di scusa per continuare a vivere. Se quello di Ulisse però era un viaggio di ritorno, seguito della fine della guerra, quello di Andrej è appunto un viaggio verso una nuova meta, nonché una fuga da una situazione disperata. La potenza del libro di Gianluca Di Dio risiede nella sua capacità di trasporre quel poema dai caratteri universali in un contesto più urbano, narrando il disagio dell’uomo.
Sebbene il tempo del racconto non sia specificato, così come l’ambientazione, che s’innalza anzi a vero e proprio non luogo allegorico in cui qualunque vicenda umana sembra prendere piede, è forte il richiamo a quei posti, presenti ovunque nel mondo, in cui il tempo sembra non scorrere mai, dove la vita va avanti in microdimensioni che il mondo dei grandi eventi valica mai, accontentandosi di gettare lì i propri resti. Sto parlando di quei luoghi in cui il confine tra realtà e magia sembra farsi più flebile, posti come i villaggi di campagna più sperduti, le piccole città di confine, luoghi in cui la vita segue un percorso diverso. Questa è l’ambientazione del romanzo, e così come Ulisse entrò in contatto con mondi sperduti ed esotici, così fanno Andrej e i suoi amici, con sempre in mente l’obiettivo di raggiungere la Sublime Costruzione, idealizzata dai protagonisti fino a farsi carico di tutta la bellezza del mondo, forse l’unica rimasta in questa terra devastata. Un cantiere eterno, una costruzione che sembra non raggiungere mai la fine, alla costante ricerca di lavoratori.
Eterno come la tela di Penelope.
La Sublime Costruzione: Una mitologia moderna
Nell’Odissea troviamo sirene, ciclopi, maghe, tutte creature rappresentative dei timori dell’uomo, della paura così innata che egli cova nei confronti dell’ignoto. Nel libro di Gianluca Di Dio non c’è spazio però per creature irrealistiche, l’ignoto proviene da qualcosa in realtà di molto più umano, molto più concreto. Prendiamo ad esempio uno degli episodi più conosciuti dell’Odissea: quello di Polifemo e dei ciclopi. Nel romanzo di Gianluca Di Dio i ciclopi assumono le forme di due uomini palestrati, ossessionati dalla forma fisica e descritti dal protagonista come energumeni estremamente più grossi di un uomo comune. I due, accompagnati dal loro animale domestico, un orso, costringono Andrej e i suoi compagni a compiere giornalmente esercizi strazianti, mandando a poco a poco in frantumi i loro corpi. Una vena umoristica che accentua il carattere surreale della vicenda, eppure ne “La Sublime Costruzione” non si ride mai.
Si ha l’impressione che la vita dell’uomo sia comica se vista da un occhio esterno: i mostri fanno ridere, e in un mondo che sembra costruito ad hoc per l’uomo gli unici che non si sentono fuori posto sono proprio i mostri (sia chiaro, con mostri non mi riferisco ai palestrati ovviamente, ma all’atteggiamento che questi “ciclopi” hanno nei confronti delle loro vittime). Mostri moderni, diventati tali per inserirsi in una realtà fattasi crudele, che campano soggiogando il più debole, colui che cerca una risposta alla propria esistenza. Proprio per questo Andrej, nel suo viaggio, cade facilmente vittima delle sue stesse tentazioni: si farà ammaliare da una parrucchiera capace di usare le parole per nobilitare la sua vittima, cederà alla magia lenitiva della droga insieme ad un popolo di tossicodipendenti e si lascerà intortare dalle ricompense di una maga regina del porno, capace di procurare qualsiasi bene per gli attori e le attrici che svolgono il proprio lavoro.
Qualsiasi mostro, qualsiasi creatura ultraterrena, non è altro che la proiezione di caratteristiche umane portate all’eccesso. E, nonostante ciò, nel romanzo di Di Dio, il mostro non è altro che un uomo costretto a adattarsi alla realtà che lo circondava, per sopravvivere, per trarne beneficio, evitando così di essere inghiottito dalla stessa malvagità che lo ha generato.
L’Odissea: Un sostrato culturale
“A chi vorrà leggerlo dico questo: non credete a questa storia, è simbolica, farneticante, totalmente esagerata”
Queste le parole del protagonista nel prologo (o nel proemio) de La Sublime Creazione. E la parola centrale diventa proprio quel “simbolica”, ad indicare una storia che al suo interno le contiene già tutte, rappresentativa di tematiche onnipresenti nella letteratura come nella vita dell’uomo. È il caso dell’Odissea, che diventa sostrato culturale per qualunque trama ruoti attorno all’idea di viaggio. Ulisse e Andrej sono personaggi molto simili. Nonostante quest’ultimo sia molto più insicuro e non possegga in realtà nessuna grande dote, di certo non l’ingegno di cui è dotato l’eroe greco, entrambi i personaggi rappresentano il desiderio dell’uomo di inserirsi nel proprio mondo. Sia quella di Ulisse che quella di Andrej diventa una fuga, una ricerca, fatta di ostacoli da superare. Andrej è sicuramente un personaggio più vicino all’uomo qualunque, con cui diventa più facile immedesimarsi, ma non è un caso che Gianluca Di Dio abbia scelto l’Odissea come storia di fondo per scrivere la sua.
Quello che l’autore ha fatto è stato rendere la vicenda di Ulisse ancora più umana, dove non esistono eroi, o meglio eroi per come vengono comunemente intesi, ma solo uomini comuni in cerca di una vita migliore. Una riscrittura questa quasi obbligatoria. Se è vero che gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi possiedono delle caratteristiche psicologiche comuni, è anche vero che l’archetipo dell’eroe greco non è applicabile in pieno al mondo di oggi. Un romanzo come quello di Gianluca Di Dio non sarebbe stato credibile nella Grecia antica, data la ricerca di quest’ultima di un archetipo che si innalzasse ad esempio, un eroe dai tratti invidiabili. Ulisse è sempre un uomo, ma quasi un uomo fuori dal comune. È raro che egli cada vittima di tentazione, ma piuttosto si fa carico delle sofferenze dei suoi compagni, tirandoli fuori dai guai grazie al suo incomparabile ingegno. Nonostante ciò, la potenza dell’Odissea risiede proprio nella sua umanità, un’umanità rivista in chiave moderna ne La Sublime Costruzione.
Un’enigmatica corriera che sfreccia verso un freddo Nord in cui il sole sembra non sorgere mai, un Nord che diventa contenitore dell’insidiosa malvagità dell’uomo, non dissimile dalle terre esotiche in cui Ulisse compie il suo viaggio. Si tratta semplicemente di un tipo diverso di esotismo, di quel tipo che potrebbe richiamare giornalisti da tutto il mondo, dove il degrado tiranneggia fiero, mostrando il volto emaciato dell’umanità.
E per muoversi in queste terre ostili, per mostrarcele realmente per come sono, non serve Ulisse, ma un personaggio come quello di Andrej Nikto.