Una riflessione sulla maturità acquisita dai nuovi protagonisti videoluidici

Uno degli aspetti più belli del videogioco è notare come i nostri eroi virtuali, nel corso degli anni, siano maturati insieme a noi.
Da piccini, infatti, abbiamo vestito i panni di protagonisti solitari pronti a porre fine a qualsiasi minaccia. Poi da adolescenti, stufi del semplice beniamino senza macchia e senza paura, siamo passati all’antieroe ribelle, eccentrico, carismatico.
Adesso, da giovani adulti, sentiamo la necessità di immedesimarci in alter ego che più si allontanano dal concetto di eroe e più si avvicinano a quello di persona. Vogliamo protagonisti attraverso i quali poter provare coraggio, potenza, ma anche paura, felicità, rabbia, stupore.

 

Insieme è più difficile, ma anche più bello

Uno degli espedienti più riusciti della attuale caratterizzazione dei personaggi è la possibilità di operare attraverso un duo, e non più solo con l’eroe o l’eroina di turno. Si tratta di un cambiamento importante per il videogioco intenso come medium, perché il duo è composto da personalità opposte, le quali sono portate a confrontarsi costantemente. Tale confronto è fondamentale, perché ci permette di conoscere i lati più reconditi dei nostri personaggi, e di venire catturati da un intreccio narrativo profondo e ricco di pathos. Sì, lo stesso pathos su cui si fonda la tragedia greca. E visto che siamo arrivati a citare l’antica Grecia, non possiamo non inaugurare questo discorso con l’ultimo God of War. Il Kratos truce, violento e iracondo che tutti noi conoscevamo ha lasciato spazio a un Kratos tormentato, premuroso e razionale. La metamorfosi di un personaggio così iconico trova giustificazione nella presenza di Atreus, figlio del Fantasma di Sparta, che da bambino qual è si oppone al padre per mezzo dell’istinto, dello stupore e della paura.

Ne viene fuori un perfetto scontro tra Apollo (la razionalità di Kratos) e Dioniso (l’emotività di Atreus), che influenza le azioni dei personaggi. Senza ricorrere a spoiler, è esemplare la scena iniziale di caccia: Atreus è impulsivo, bramoso di conquistare la sua preda, mentre Kratos lo ferma, lo redarguisce, per insegnargli una delle tante e dolorose lezioni di vita.
Il rapporto tra padre e figlio, messo costantemente alla prova, mette in luce il contrasto tra il cinismo tipicamente adulto e l’ingenuità fanciullesca, racchiusi nell’ambito familiare. Questo non vuol dire che i protagonisti siano semplici antagonisti tra loro, perché dal confronto tra i personaggi ne consegue una crescita, e dunque il raggiungimento dell’equilibrio.

Per lo stesso motivo, la storia di The Last of Us, che vede per protagonisti Joel ed Ellie, ha una delle conclusioni più spiazzanti e belle viste in un videogioco. Anche in questo caso niente spoiler: la scena è di impatto perché non si basa tanto sulle parole, quanto sugli sguardi e sui silenzi, espressioni che noi giocatori abbiamo imparato a conoscere nel corso dell’avventura. Bastano dunque poche battute per avere la degna conclusione di un percorso ricco di colpi scena ed emozioni, e non per l’apocalisse dei Clicker, ma per il livello a cui è giunta la civiltà, privata spesso del suo lato più umano. Tuttavia, il turbolento rapporto tra Joel ed Ellie ci ricorda come gli uomini non cederanno mai alla totale disumanizzazione.


Sebbene interessante come binomio poiché rende evidente la differenza tra mondo adulto e mondo infantile, la coppia padre-figlio/a non è l’unica che consente di indagare sulla complessità dei rapporti umani. Basta, infatti, avere due punti di vista differenti per creare una storia e degli eroi degni di essere ricordati. Yoko Taro, autore di NieR: Automata, lo sa molto bene. La sua genialità sta nell’essersi addentrato nella sfera emotiva attraverso protagonisti androidi e non umani: 2B e 9S vanno oltre ai chip e ai programmi Pod, e maturano due concezioni del mondo totalmente differenti. Ancora una volta lo scontro è tra la razionalità (2B) e l’irrazionalità (9S), da cui scaturisce un racconto malinconico, in grado di far riflettere. Soprattutto, la divergenza di opinioni tra i due protagonisti appare già evidente nel gameplay: 2B, cinica e inespressiva, lotta con voracità e impetuosità, mentre 9S, emotivo e istintivo, opera compiendo attacchi hacker. Un contrasto nel contrasto utile e affascinante sia dal punto di vista narrativo che ludico.

Josef Fares, autore del recente A Way Out, ha fatto sì che le differenze tra i due protagonisti fossero la base dell’intero gioco. Sin dalle prime presentazioni, infatti, Leo e Vincent sono totalmente agli antipodi: uno testa calda, l’altro estremamente cauto. Un’opposizione resa ancor più particolare e evidente perché il titolo richiede obbligatoriamente due giocatori. Questa struttura, imperniata sulla modalità co-op, fa in modo che il differente temperamento dei personaggi si ripercuota su noi stessi giocatori, spinti a confrontarci con il nostro compagno per trovare il giusto compromesso e adottare la soluzione più congeniale per affrontare i diversi pericoli che ci si parano davanti.

Concludiamo questo viaggio tra i conflitti e le emozioni dei nostri protagonisti con un titolo che si discosta da quelli citati sinora: Life is Strange. La celebre opera di Dontnod parla di Max Cauldfield, adolescente appassionata di fotografia. Eppure sarebbe estremamente riduttivo dire che Life is Strange parli solamente di lei. Il titolo si fonda sulla storia di Max e Chloe, due migliori amiche, l’una diversa dall’altra, ma legate indissolubilmente.
Nel gioco non comandiamo mai l’irriverente punk rocker dai cappelli blu, ma il vorticoso viaggio nel passato compiuto da Max, costellato dai segreti più inquietanti dell’animo umano, rende sempre più importante il rapporto tra le due ragazze. Non è un caso che il prequel, Life is Strange: Before the Storm, sia dedicato a Chloe, portandoci a conoscere il suo lato più ribelle ed intimo, proprio come avevamo fatti anni prima con Max.
Dunque, a differenza di A Way Out o NieR: Automata, che legano il gameplay alla narrazione, Life is Strange rimane fermo a un passo precedente, ma si sofferma comunque sul concetto di duo per raccontare la sua storia nel migliore dei modi.

coppia nei videogiochi

Da giocatori abbiamo vissuto molti cambiamenti, i quali ci hanno mostrato come il videogioco sia al passo con la nostra crescita. Il raccontare una storia attraverso due punti di vista principali appare una delle scelte più difficili ma allo stesso tempo più soddisfacenti, poiché è più facile per noi immedesimarci nei personaggi, e godere appieno delle loro vicende e, perché no, trarre insegnamenti per la vita reale.
È chiaro che una maturazione del genere non sia avvenuta in maniera repentina, e per correttezza ci sentiamo di citare Halo, che nel suo rapporto tra Master Chief e Cortana è stato uno dei precursori sull’avere una narrazione frastagliata e dunque più matura, così come ICO che si basa sul legame tra Yorda e la misteriosa ragazza.
Insomma, il videogioco è in costante mutamento e questo non può che rendere felice e curioso chi è sensibile o semplicemente chi vuole vivere nella maniera più travolgente una storia.

Lorena Rao
Deputy Editor, o direttigre se preferite, assieme a Luca Marinelli Brambilla. Scrivo su Stay Nerd dal 2017, per cui prendere parte delle redini è un’enorme responsabilità, perché Stay Nerd è un portale che punta a stimolare riflessioni e analisi trasversali sulla cultura pop a 360° tramite un’offerta editoriale più lenta e ragionata, svincolata dalle dure regole dell’internet che penalizzano la qualità. Il mio pane quotidiano sono i videogiochi, soprattutto di stampo storico. Probabilmente lo sapete già se ascoltate il nostro podcast Gaming Wildlife!