Frammenti di un discorso amoroso
Il sottotitolo che abbiamo appena usato cita un saggio, di Roland Barthes, che, lo ammettiamo, c’entra relativamente con la (non) ultima opera di Alessandro Baronciani, Le ragazze nello studio di Munari, pubblicato originariamente sette anni fa e ripubblicato, in questi giorni, da BAO Publishing. Eppure “Frammenti di un discorso amoroso”, anche al di là dei contenuti del saggio stesso e del volume oggi in questione, si confà a quest’ultimo con aderenza sorprendente. Una coincidenza non da poco, per noi che dobbiamo farvi capire cosa si cela tra le pagine (di vario tipo) firmate da Alessandro.
Eh già, perché Le Ragazze è come un discorso, riguardante tutt’al più avventure e lezioni amorose di una persona, e come discorso è frammentario, diacronico, a volte vago, altre dettagliato, sincopato, liquido, eppure, anzi proprio per questo, estremamente vero. Nell’intervista che abbiamo tenuto con l’autore, ci ha parlato di quanto prediliga raccontare storie nel loro stato atomico, quando tutti gli elementi sono lì ma devono ancora essere uniti per formare un senso definito, un’interpretazione. Le Ragazze, così come anche Come Svanire Completamente (di cui moltissimi chiedono a gran voce la ristampa), è un esempio perfetto di questo particolare metodo, e funziona: siete testimoni di alcuni episodi della vita del protagonista, orbitanti prima attorno al suo io, al suo desiderio egoista e, come Baronciani stesso afferma, quasi “antipatico” di avere e amare, e sempre più, poi, attorno alla sua paura del cambiamento, al desiderio più nascosto e reale di essere amato.
Ma non è detto che sia così, e qui torniamo a gamba tesa sul metodo di cui sopra: questo è quello che ci abbiamo letto noi ma, a partire dagli stessi atomi della storia, unendoli in maniera diversa, potreste ottenere una molecola diversa, un’interpretazione vostra. E nessuna possibile interpretazione è unica, ufficiale, autentica, o forse lo sono tutte. Questo non può che conquistare molti punti a un autore che, alla ricerca della propria voce (ormai trovata, consolidata e affinata), rifiuta la linearità per osare e comporre puzzle che, certo, richiedono al lettore la voglia di assemblarli ma che, una volta completati, gli donano un’immagine variopinta e personale. In poche parole: se leggete Le Ragazze nello Studio di Munari, alla fine l’avrete anche un po’ scritto voi stessi.
Dopo aver descritto la rischiosa operazione narrativa, a nostro parere scommessa ampiamente vinta, passiamo al lato grafico del volume, che a questo punto potreste aspettarvi giocare sul sicuro. E invece no: visivamente e fisicamente, Baronciani adopera una serie di soluzioni tanto semplici quanto (purtroppo) non comuni, che danzano sull’essenza del medium libro/fumetto e, a livello ancora più istintuale, ne accentuano l’interattività, senza chiedervi il permesso vi intrappolano sempre di più tra i ricordi e le speranze dei personaggi in scena. Cose tanto semplici da potersi descrivere meglio con la parola “idee” o “giochi”, che con “sperimentazioni” (termine che, infatti, Alessandro non vede di buon occhio, almeno nella sua accezione più elitaria).
Potremmo citare l’uso della cartotecnica o l’ormai celeberrima pecora da toccare, a sua volta protagonista di un episodio di meta-lettura, ma non vogliamo anticiparvi nessuna chicca di tutte quelle che vi si possono trovare e riferire a quasi ogni altra arte figurativa. Tutto è legato, per quanto non rigidamente, da un filo d’Arianna mentale che sta a voi, se vorrete, rilegare a gomitolo. Certo è che almeno un consiglio è d’obbligo: Le Ragazze dev’essere letto in versione cartacea. Per quanto BAO abbia fatto un ottimo lavoro a ricostruire gli elementi di narrazione “tridimensionale” o fisica di Alessandro Baronciani, questi si indeboliscono notevolmente e inevitabilmente in digitale, dove non avete pagine traslucide da sfogliare o morbide pecore da accarezzare. Per il resto, questo volume ha la duplice natura di sorpresa, se arrivate a metterci le mani solo ora per la prima volta, e di conferma, se invece conoscete già il lavoro dell’autore, il suo tratto McCloudiano semplice ma espressivo, i sentimenti di cui si impregnano i pensieri che leggerete, la libertà volutamente nebulosa del suo raccontare, capace persino di sorprendervi sul finale.
Verdetto:
Le Ragazze nello Studio di Munari torna e non manca di farlo con grande maturità e capacità di colpire il mondo-fumetto. Una narrazione atomica da flusso di pensieri, da discorso frammentario ma non sconnesso, nebuloso ma non confuso, vi accompagnerà di volata fino alla fine a braccetto con la piacevole sensazione di essere testimoni e quasi interpreti della storia, oltre che lettori. Come se ciò non bastasse, l’esperienza di lettura è consacrata da una serie di idee applicate al medium cartaceo (scelta obbligata, quando si tratta di Baronciani) che chiedono solo di essere assorbite, senza necessità alcuna di comprensione o digestione, tanto sono elementari. Se volete una storia lineare, magari da leggere su dispositivi mobili e tablet, dirigete lo sguardo altrove. Poi posate l’e-reader e date un’occhiata, e una “tastata”, a questo volume. Il resto del vostro incontro potrete conoscerlo solo voi. Il nostro è stato davvero fuori dal comune.