Sette donne nel bosco
Passioni celate, giochi di seduzione e tensione inaspettata nell’ultima fatica di Sofia Coppola, con Nicole Kidman, Kirsten Dunst e Colin Farrell, remake del film del ’71 La notte brava del soldato Jonathan di Don Siegel, a sua volta adattamento del romanzo di Thomas P. Cullian A Painted Devil.
La vicenda si svolge in Virginia durante la Guerra di Secessione; la piccola Amy (Oona Laurence) trova nel bosco un soldato nordista ferito (Colin Farrell) che le chiede aiuto, e la giovane decide di aiutarlo e lo porta nel suo collegio ormai abitato solo da sette persone: due insegnati e cinque studentesse. Dopo un’iniziale titubanza, Miss Martha (Nicole Kidman), la responsabile della struttura, decide di medicare la sua ferita all’insaputa dei soldati sudisti. Tutte le donne rimangono in qualche modo incuriosite dal caporale John McBurney e anche lui inizia ad instaurare un legame con alcune di loro, specie con Edwina (Kirsten Dunst).
La presenza di un giovane uomo in una casa abitata da sole donne è un’interessante novità sia per le studentesse che per le insegnanti, ed anche il caporale si abitua piuttosto in fretta alle attenzioni ricevute. Le protagoniste femminili sono allo stesso tempo complici e rivali in un gioco che potrebbe sfuggire al loro controllo da un momento all’altro.
La storia ruota intorno ai rapporti interpersonali tra uomo e donna, manifestati diversamente da parte di ognuna delle donne presenti nella casa. L’interesse, l’attrazione, il dubbio, la paura, la rabbia, la frustrazione, un susseguirsi di sentimenti sempre più intensi e spaventosi in un ambiente fatto di poche persone isolate dalla guerra e dal resto del mondo.
La scena si apre con il suono dei passi sulla strada cadenzati a tempo della canzone canticchiata da Amy, in lontananza gli spari dei cannoni che rimbombano. Il bosco in cui passeggia la bambina mentre raccoglie i funghi coglie lo spirito più veritiero delle favole: misterioso, affascinante, ma anche inquietante. Questo è proprio lo spirito del film, che evidenzia come ciò che può essere ammaliante possa rivelarsi anche pericoloso. La prima scena racconta già molto di come si svolgeranno gli eventi futuri, ma lo spettatore se ne accorgerà soltanto alla fine, quando ormai sarà troppo tardi per fare dei pronostici. L’alloggio di fortuna del caporale sarà la stanza della musica, la quale diventerà spesso scenario di silenzi imbarazzanti, di frasi sussurrate e di discorsi origliati dietro la porta. Quella stanza sarà prigione e antro dell’uomo che la abita, nella quale si spenderanno momenti intensi sotto diversi punti di vista. Interessante è come una camera, da bozzolo accogliente e sicuro, possa improvvisamente mutare in una cella claustrofobica e ostile. Il plot twist degli avvenimenti pare mostrarsi quasi come una rivelazione proprio quando non si capisce dove la storia voglia andare a parare, e non diciamo di più per non rovinarvi la visione.
Fattore importante è la definizione dei personaggi; principalmente cinque di loro che saranno agenti più o meno consapevoli che scateneranno gli avvenimenti a seguire.
Nicole Kidman nei panni di Miss Martha ricorda molto la sua celebre interpretazione in The Others: una donna autoritaria, sicura e severa perché deve esserlo, quasi spaventata dalle proprie fragilità, coraggiosa per essere d’esempio e risoluta se la situazione lo richiede. Kirsten Dunst, ormai veterana nei film di Sofia Coppola, veste i panni Edwina, una donna intrappolata nella sua stessa vita, come se nei suoi composti silenzi stesse urlando internamente, nella speranza di andare il più lontano possibile da dove si trova. Colin Farrell è quello che è, ovviamente può piacere o non piacere, ma in questo caso la sua dubbia espressività funziona bene per l’enigmaticità del personaggio di John. Di fatto non si capisce mai cosa pensi realmente ed anche la sua schiettezza in certe affermazioni sembra sempre nascondere altro. Tuttavia gli eventi poteranno a confondere il ruolo dell’uomo in questa storia che passa più di una volta dallo status di vittima a minaccia e viceversa.
Verdetto:
In sostanza, L’inganno (The Beguiled) è un bel film. Presenta una prima parte fin troppo lenta e una conclusione fin troppo affrettata e sbrigativa, ma la sceneggiatura è nel complesso ben scritta. La regia della Coppola risulta poi sempre buona con i suoi pregi e difetti. Se pensate che si tratti del solito film sentimentale vi diciamo subito che vi sbagliate di grosso, e i colpi di scena fanno il loro dovere. Forse non sarà tra i migliori dell’anno ma è sicuramente da vedere.