Quando la realtà supera la fantasia
L’anno scorso il fiorente mondo dei podcast americani ha visto emergere un piccolo fenomeno ‘di folklore’: una trasmissione di una trentina di minuti a puntata scritta e interpretata da Aaron Mahnke, dal titolo accattivante di Lore, descriveva le leggende più terrificanti degli anni passati e del tempo presente, mostrando il volto della superstizione che ha guidato, purtroppo, le scelte di vita di tanti esseri umani prima di noi.
Il successo di Lore ha portato inevitabilmente alla trasposizione televisiva delle puntate del podcast, con il finanziamento cospicuo di Amazon, che ha rilasciato per intero la prima stagione venerdì 13 (una data non certo scelta a caso!)
È venuto il momento di puntarci la torcia in faccia e raccontarci un po’ di scary stories, tenendo in mente che è tutto, tuttissimo VERO!
Una (prima) stagione all’Inferno
Questo primo assaggio di Lore versione live action è composto da sei episodi presi direttamente dalle puntate del podcast stesso. Il progetto realizzato segue pedissequamente la scansione della versione ‘radiofonica’: per prima cosa c’è sempre la precisazione da parte degli autori che tutte le vicende narrate sono fatti realmente accaduti e prima di entrare nel vivo, la voce narrante dello stesso Mahnke fa una piccola introduzione che serve a mostrare il mood della puntata e a fare un po’ da cappello alle vicende che verranno raccontate a seguire. La suddetta introduzione di solito è legata al corpo della puntata più per una questione semantica che per vera correlazione narrativa o storica, trattata come se fosse una storia aggiuntiva a corollario del piatto forte della puntata.
I temi centrali esposti in questi sei appuntamenti sono interessanti: si va dalla licantropia, al vampirismo, fino alle case infestate e la vita dopo la morte. Insomma è una buona antologia di cliché horror che poi non sono cliché. Il fine ultimo di Lore non è quello di mostrare delle storie dell’orrore ma di mostrare l’orrore reale che ha invaso l’immaginario collettivo fino a diventare il cliché che tanto conosciamo. Inoltre, l’idea che quello che vediamo recitare agli attori è una messa in scena di fatti che si sono susseguiti davvero cambia completamente la prospettiva della visione, e fa crollare la cosiddetta sospensione di incredulità, perché se ne ha bisogno: noi dobbiamo credere, siamo invitati e spinti a farlo, nostro malgrado.
What you see is what you get.
E la morale di queste sei favole nere è una e una sola: il male esiste e spesso ha il volto irriconoscibile di un uomo o una donna. Le perversioni e le agghiaccianti rivelazioni sul comportamento delle persone appena cento anni fa fanno accapponare la pelle. Vedere la superstizione prendere il sopravvento sul nostro “normale” pensiero razionale, vedere emergere le paure più ataviche e controllare le scelte di interi gruppi di individui ai danni di un malcapitato è disturbante quasi quanto osseervare le conseguenze di certe azioni scellerate.
L’approccio scelto per Lore è quello di una fiction documentaristica, dove la voce di Mahken compare qua e là per guidare l’attenzione dello spettatore. Questo ha una valenza positiva e negativa allo stesso tempo. Da una parte, per tutti i vecchi fruitori del Podcast, la voce dell’autore originale non fa altro che aumentare il senso di appartenenza e ricollega il progetto visivo al suo progenitore audio, ma dall’altra parte la voce narrante, spesso, ottiene il risultato di appianare e spezzare la narrazione visiva, rompendo l’incantesimo della messa in scena. È come se ci fosse qualcuno che leggesse le didascalie delle figure ad alta voce, rovinando la magia tutta cinematografica di “far parlare” le immagini.
Probabilmente il senso di queste incursioni da parte del narratore esterno è quello di rimanere sempre ancorati alla realtà, fatta di trivia e aneddoti, con il sapore di un libro di storia polveroso e inquietante.
Lore versione serie televisiva dà l’impressione che tutta l’energia è stata impiegata per raccontare o mostrare quello che non è: non è una serie antologica sugli orrori soprannaturali, visto che tra Millennium, Supernatural, X-Files e compagnia bella ne esistono tantissimi esempi e soprattutto Lore è VERO, non è inventato; non è un podcast (anche se è tanto, tanto raccontato) perché ci sono gli attori e c’è la ricostruzione storica e ci sono le immagini; non è neanche un vero documentario, perché la drammatizzazione delle vicende è esasperata.
Resta la domanda: cos’è dunque Lore?
Lore è un po’ di tutto messo insieme e mescolato abbondantemente. Il risultato è purtroppo altalenante e non sempre riuscito, dove i tanti pregi che emergono sono stemperati da punte di noia incredibili e da difetti palesi che ne rendono la visione un po’ ostica.
Salti e capriole
Nella sua accezione iniziale, il podcast era stato scritto e pensato per intrattenere per 30 minuti al massimo. Il format televisivo invece ha allungato il brodo fino a quasi 50 minuti e questo pone un quesito: come è stato diluito il racconto?
L’idea degli autori della serie televisiva è stata quella di aggiungere notizie e aneddoti a far da corollario alla vicenda narrata. Ed è una cosa interessante, perché alla fine l’anima informativa della serie è quella che deve emergere da tutta la sovrastruttura drammatica. Purtroppo, non sempre la transizione tra il telefilm e il trivia è così indolore e pulito. Spesso ci si trova a dover mettere in pausa (senza alcun vero motivo, se non una non meglio interpretabile suspense) la vicenda principale per fare un salto temporale di cento anni in avanti o indietro, in un altro luogo, per sentire la storia di un’altra persona o un altro posto speciale che è legato a quello principale solo per qualche vaga connessione semantica o tematica. Si parla della condizione di un apparente caso di licantropia nella Germania del Sedicesimo secolo, e allora perché non metterci dentro un serial killer americano degli anni Settanta, che aveva come mentore il cane del suo vicino che gli suggeriva chi uccidere? Beh, la connessione è quasi logica: il Licantropo porta al lupo, il lupo porta al cane, il cane porta a Son of Sam… Oppure, interpretazione che abbiamo dato noi, ma solo perché abbiamo ascoltato il podcast, sia il licantropo tedesco che il serial killer americano condividevano nel profondo della loro anima una bestia indomabile e assetata di sangue. Non a caso, il podcast originale era intitolato The Beast Within.
Invece, chi ‘subisce’ la serie televisiva a crudo, senza alcuna preparazione, si troverà sballottato in giro per la Storia senza sapere veramente perché, cercando di mettere insieme i puntini e tirare le somme.
Se proprio volessimo trovare un termine di paragone, allora dovremmo guardare proprio in casa nostra, alla miglior serie divulgativa storica: Ulisse, con il mai troppo celebrato Alberto Angela. La differenza con Lore sta nella esposizione organica e ben orchestrata, dove ogni digressione è abbondantemente accompagnata da una spiegazione che non risulta mai ridondante. E in questo frangente le ricostruzioni storiche sono lasciate al loro svolgersi, senza interruzioni, aggiunte o sovraincisioni.
Eccesso di eccessi
Come abbiamo già detto, Lore ci tiene a non volersi far riconoscere come una serie documentaristica e lo fa ancora di più con un secondo aspetto fastidioso, quasi irritante. Scorrendo i vari episodi in sequenza si nota prorompente la sovradrammatizzazione della messa in scena.
A prescindere dalla location, dalla vicenda, dai personaggi, dall’utilità, il telefilm cerca sempre di calcare la mano, di andare quel tanto oltre per arrivare quasi al gore e allo splatter, ricorrendo a stilemi del cinema e del racconto horror. Il risultato è un eccesso di graphic content che non sottolinea l’avvenimento scabroso, ma lo parodizza, lo rende quasi inerte. È vero, ci sono alcune scene forti, come quelle del secondo episodio, ma onestamente, anche senza ricorrere alla visualizzazione diretta delle atrocità commesse dal dr Freeman, la platea avrebbe avuto sua generosa dose di incubi.
Il senso che traspare è quello che di una produzione che non ci crede fino in fondo nella rappresentazione storica, e deve per forza far qualcosa per piacere al pubblico, aggiungendo particolari grandguignoleschi: questa considerazione continua a suffragare l’anima lacerata e indecisa di questa serie televisiva, sempre in bilico tra quello che dovrebbe essere e quello che vorrebbe diventare.
Il desiderio spasmodico di eccesso, di voler sorprendere a tutti i costi con effetti speciali (come se le storie vere descritte non fossero già un motivo abbastanza valido), emerge prorompente e invasivo negli intermezzi informativi, quelle piccole aggiunte per associazioni di idee che dovrebbero fornire ulteriori motivi di orrore allo spettatore.
Per distinguerli con i pezzi live action, queste brevi sequenze sono state realizzate in diverse tecniche, tutte molto efficaci e tutte estremamente spettacolari. Da una parte il continuo morphing tra foto dell’epoca, in bianco e nero o a colori, con veri scatti di repertorio, sempre lì per dimostrare che quello che stiamo vedendo è vero vero verissimo. Dall’altra, una serie di illustrazioni e disegni animati che si muovono nervosi e affamati per lo schermo, descrivendo altri fatti, raccontando altre storie, con tratti nervosi, dai colori potenti, o in un meraviglioso effetto litografico in tre dimensioni, che riportano il sapore storico delle stampe di un tempo direttamente nel Ventunesimo secolo. Anche in questo caso, le animazioni, la scelta delle rappresentazioni sono tutte votate a sorprendere il telespettatore, ad agguantarlo per la gola e scuoterlo come un orsetto di peluche; ma con garbo, perché c’è sempre questa aura di documentario a metà che serve a darsi un certo tono.
La sensazione sgradevole è quella di trovarsi di fronte a un’insalata di notizie e trivia, mescolata selvaggiamente e condita con tutto l’aceto balsamico che c’era in casa, e un po’ di spezie esotiche, che non c’entrano niente ma fanno un sacco di scalpore.
Bastava poco per far emergere questa serie televisiva dal marasma di roba quasi horror che c’è in giro, soprattutto per i tanti lati positivi che comunque si porta dietro.
Le ricerche sono accurate, indubbiamente, il lavoro di digging si è spinto in anfratti storici che non si poteva neanche immaginare esistessero (e però, alcune volte, devo dirlo, per ragioni di DRAMMATIZZAZIONE e per snellire le vicende i fatti che dovevano essere veri sono stati cambiati – vedete l’ultimo episodio e poi andate ad ascoltare il podcast di riferimento e la storia vera: non stiamo dicendo parole a vanvera). Le ricostruzioni storiche sono mediamente di buona fattura, non le migliori che si sono viste in giro e con alcuni nadir un po’ penosi (il paesino tedesco del 1500 è ridicolo: pulitissimo, abitato da persone bellissime, in perfetto stile sit-com) e alcune belle trovate e idee che lasciano davvero contemporaneamente basiti e divertiti.
Se dovessimo dire qual è l’episodio migliore, senza dubbio il secondo, che riesce a mantenere un buon resoconto storico, anche se purtroppo è quello tra i più violenti della serie.
Folklore Moderno
Permetteteci una piccola digressione in fase di chiusura, visto che questa serie televisiva, con i suoi già tanti enunciati difetti, ha un enorme pregio: mostra una versione della storia a cui non siamo abituati. La Storia è sempre vista come qualcosa di impersonale e distaccata, fatta di grandi figure, condottieri, uomini politici e masse di persone che subiscono gli avvenimenti in maniera più o meno attiva. Lore (e altri progetti della stessa risma) scendono al livello della strada, smettendo di librarsi a volo d’uccello ed evidenziano una versione diversa dei periodi di crescita e sviluppo dell’uomo: mostra quanto, nonostante tutto il razionalismo di cui si cerca di vestirsi, spesso la superstizione è al di sopra di tutto e pronta a soppiantare il normale corso dei pensieri e far prendere delle decisioni agghiaccianti.
La superstizione, nelle storie descritte in questi episodi, diventa l’unica spiegazione plausibile e accettabile a fenomeni altrimenti inspiegabili. Ciò che per noi ora è scontato, per un abitante del 1800 potrebbe essere magia, esattamente come diceva il buon vecchio Arthur Clarke: Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.
Esattamente questo è il vero aspetto agghiacciante delle vicende narrate: la gente credeva fermamente nell’esistenza delle fate, era sicura che si potesse comunicare con l’aldilà e non aveva altre spiegazione agli eventi inspiegabili che alteravano il comportamento umano. L’unica forma di difesa e di accettazione era quella di scaricare la colpa su qualcuno o qualcosa di soprannaturale. Se c’era una ondata di morti improvvise, la soluzione migliore era impiccare l’unica responsabile: una strega. E di cose del genere ne sono avvenute a bizzeffe in ogni parte del mondo. Questa era, secondo noi, la linea da seguire per rendere Lore un telefilm unico nel suo genere.
C’è poi un altro passo da fare.
È facile straniarsi per le accuse di stregoneria e per il fatto che si bevessero dei tonici a base di ceneri di corpo umano, ma c’è sempre l’elemento catartico che ci risolleva, rappresentato dal fatto che queste cose accadevano per fortuna centinaia di anni fa, e che ora, grazie ai tanti progressi che il pensiero (e la tecnologia) hanno fatto, ci siamo liberati di certe cose…
Davvero? Credete a questa stronzata?
Vedere (e ancor di più ascoltare) Lore mi terrorizza per tanti motivi, ma il peggiore è che niente di quello che viene raccontato è veramente sparito. La superstizione è viva dentro di noi: talvolta si manifesta in maniera lieve (ci grattiamo i gioiellini, ci lanciamo il sale dietro la schiena, evitiamo di passare sotto a scala, non auguriamo “Buona Pesca” a Zio Gabriele che esce con il suo cestino di esche e la canna in mano) e la rendiamo come un gioco innocuo e che serve più a tranquillizzare quella parte di coscienza ancestrale, dove memorie ataviche si sono costruite le loro nicchie fosforescenti e aspettano solo il momento buono per solleticarci il retro del palato.
In altri casi, questi piccoli vezzi diventano qualcosa di più, diventano quasi una malattia e la superstizione prende il controllo delle nostre vite e ci fa rinnegare il periodo stesso in cui viviamo. E tutto questo, ora sta emergendo sempre più incontenibile spinto dalla corrente inarrestabile dei social e della società iperconnessa. Se vi fate un giro e provate a scavare, troverete di tutto: dalle persone che credono che la terra sia piatta, a quelli che guariscono con l’uso dei ceci – però infilati di forza nella pelle, mica ingeriti come vorrebbe la prassi – per arrivare a gente che chiede di farsi fare le segnature, domanda i codici numerici per farsi passare il raffreddore o sortilegi di ogni maniera (alcuni anche disgustosi) per conquistare il proprio amato o la propria amata.
Questo lato oscuro della nostra società era prima limitato a contesti ristretti, dove le regole magiche e riti propiziatori si tramandavano dalle nonne alle nipoti, senza necessariamente creare un gruppo con ventimila persone in ascolto.
Il nostro sistema di ipercomunicazione invece altera la percezione della veridicità di questi sistemi arcaici e falsi per affrontare le realtà dolorose dell’esistenza. Si formano delle congreghe vere e proprie dove esiste solo un punto di vista e non c’è contraddittorio, dove tutte le statistiche volgono a favore delle tesi più assurde e si perde completamente il contatto con la realtà.
Potremmo chiamarla superstizione digital-mediata ed è ironico che qualcosa di così impalpabile e indimostrabile come una credenza popolare trovi suffragio e si sviluppi prepotentemente attraverso mezzi altamente tecnologici come la rete. Non sono qui a cercare le cause di questa virata, ma sicuramente posso dire che è un sintomo di rifiuto della società attuale, una ricerca senza freno verso qualcosa di diverso che dia risultati magari insperati senza quello sforzo che un approccio razionale imporrebbe.
Ed è questo che mi fa pensare Lore: dal 1500 a oggi, non molto è cambiato, perché in definitiva anche se non lo vogliamo ammettere, dentro di noi c’è sempre quell’ominide urlante che si rifugiava spaventato al suono roboante del primo tuono d’autunno. La minaccia di qualcosa di grande e pericoloso la teniamo dentro, abilmente nascosta, ma sappiamo che è lì sotto e aspetta solo di uscire per farci perdere quei millenni di evoluzione che ci hanno forgiato, per poi ritrovarci a bruciare esseri umani solo perché non siamo in grado di trovar loro una collocazione nelle nostre categorie personali.
Questo è Lore, una porta sull’inferno che è stato, che ci fa tendere l’orecchio a quello che ancora non siamo stati in grado di sconfiggere.