Il colosso dello streaming continua a investire in nuovi anime, tra i quali si aggiunge Lost Song, da fine settembre disponibile in Italia.
Co-prodotto da LIDEN FILMS e Dwango, Lost song consta di 12 episodi e narra le vicende di due ragazze dotate di un potere speciale: Rin, ragazzina abitante di un villaggio di frontiera, e Finis, promessa sposa del principe del regno, con le loro canzoni riescono a guarire le ferite e dominare gli elementi. Poiché tale capacità è ritenuta potente ma anche pericolosa, il nonno di Rin le vieta di cantare, mentre invece Finis viene costretta ad usarla per supportare la guerra in corso, nella quale vengono coinvolti anche numerosi innocenti a sua insaputa. Entrambe dovranno decidere se e come utilizzare il loro potere, sia per salvare le persone che amano sia per liberare se stesse.
Contro ogni aspettativa dunque, vista la presenza di musica e canzoni scritte appositamente, non si tratta dell’ennesimo anime su ragazze idol con canzoni, balletti e costumi studiati appositamente, ma di un fantasy vero e proprio in cui il potere magico è stato associato alla canzone, un’idea forse non nuova (la prima opera che può venire in mente con questa caratteristica è Mermaid Melody, pur trattandosi di un altro genere) ma nemmeno così tanto sfruttata da risultare banale.
Suddette canzoni sono diverse per melodia e testi, dai quali si intuisce l’elemento che influenzano o l’effetto magico che creano. Tra di esse, infatti, spicca la Canzone della Guarigione, utilizzata da entrambe le protagoniste e ripresa come colonna sonora più volte nel corso degli episodi. Tuttavia, non tutti i cantanti del regno possono generare gli stessi effetti che Rin e Finis riescono a produrre con le loro voci, e per questo motivo le due ragazze sono considerate speciali da coloro che desiderano sfruttarne i poteri come il principe Rudo, dall’indole malvagia e corrotta.
Fino all’ottavo episodio, l’intreccio si sviluppa lentamente, partendo inizialmente dal viaggio di Rin e il suo amico Al per raggiungere la capitale del regno in vista del festival della Canzone Stellare, in seguito al tragico evento che vede la ragazzina coinvolta, in quanto dotata del potere della canzone; quasi subito dopo, il focus si sposta poi sulla bella Finis e la sua storia d’amore col cavaliere Henry Leobolt, rendendo quindi l’elemento romantico il motore maggiore della poca azione presente in questo primo arco narrativo.
Tutto, perciò, sa di già visto: un amore ostacolato fra due personaggi appartenenti a due mondi diversi, che incrociano la via della ragazzina protagonista la quale sembra destinata a qualcosa di misterioso e in possesso di una forza abbastanza grande da poter andare contro il tiranno. Il regno, dal castello all’esercito, il character design, perfino la dama da compagnia e servitrice di Finis risultano piuttosto stereotipati, anche se i personaggi secondari come la signorina Pony Goodlight e le due sorelle Allu e Monica si dimostrano più interessanti dei principali (nonostante il solito davanzale mezzo scoperto), i quali invece rimangono invischiati nelle loro vicende drammatiche senza riuscire ad uscirne dignitosamente, fino al climax dell’ottavo episodio, dove appunto avviene la svolta più importante dell’intera storia.
Da qui in avanti sarà finalmente un susseguirsi di episodi volti all’azione e carichi di rivelazioni, purtroppo abbastanza frettolose, poiché dopo un primo momento in cui vediamo le conseguenze dell’episodio 8, rimangono ben pochi episodi per concludere l’intera vicenda senza lasciare buchi di trama giganti.
Il difetto maggiore di questa serie è quindi la lentezza con cui questa getta le basi iniziali, lasciando che le domande che lo spettatore potrebbe porsi fin da subito rimangano senza risposta per troppo tempo: ad esempio, per cosa possono essere utilizzate le canzoni invece della guerra? Come vengono trasmesse queste canzoni? Qual è il rapporto tra Finis e Rin, che nelle primissime scene ci vengono mostrate insieme?
In compenso, i disegni e le animazioni sono piuttosto buoni: dall’aspetto dei personaggi si può capire subito a quale estrazione sociale appartengono, in linea con l’ambientazione fantasy in cui si muovono, e quel poco di CGI presente non si distacca troppo dal fondale in 2D.
Le musiche evidenziano abbastanza bene i momenti più salienti, insieme alle canzoni in sovrapposizione alle scene più drammatiche, nelle quali non saltano fuori all’improvviso power up o gesti insensati da parte dei personaggi. Questi ultimi, così, nonostante il loro design in partenza stereotipato e la prevalenza scenica di alcuni su altri, risultano sufficientemente realistici nell’espressione delle loro emozioni e per questo nulla dello svolgimento della trama sembrerà eccessivamente fuori luogo.
Lost song, in conclusione, risulta apprezzabile nonostante la calma con cui avanza la storia di questo mondo fantasy che ospita il potere della canzone, il quale è abbastanza studiato da conferire il mood ideale dall’inizio alla fine della serie.
Nel complesso, si tratta quindi di una serie anime molto leggera, senza alcuna pretesa di essere un capolavoro sotto nessun aspetto in particolare, pur rimanendo piacevole se si ama il genere fantasy e una storia nella quale, nonostante una grande magia da poter sfruttare allo sfinimento, i personaggi riescono ad essere umani fino alla fine.