Il potere dei ricordi

Cosa succederebbe se all’improvviso tutto scomparisse? Se una coltre bianca inghiottisse cose e persone come se non fossero mai esistite? Cosa potrebbe farle tornare indietro? E cosa può rendere ancora vivo ciò che non esiste più? Questa è la chiave del potere di Kanata, il protagonista di Lost Sphear, jrpg sviluppato da Tokio RPG Factory, pubblicato in Giappone nel 2017 da Square Enix e disponibile in Europa da gennaio 2018 per PlayStation 4, Nintendo Switch e PC.

Come già accennato, il nostro eroe si chiama Kanata, un giovane cacciatore di mostri, amico da sempre di Lumina e Locke. I tre ragazzi non hanno più i genitori per motivi più o meno differenti, e misteriosi, ma amati e ben accetti da tutti gli abitanti di Elgarthe, cittadina dell’impero di Gigante. Un giorno come gli altri Kanata e Lumina si allontanano dal villaggio per andare a cercare Locke, al loro ritorno i tre trovano Elgarthe e tutti i suoi abitanti scomparsi sotto quella che sembra nebbia impenetrabile. Ad accoglierli trovano solamente uno strano ragazzo che si dimostra interessato all’insolito fenomeno e decide di unirsi a loro per cercare di far luce su questo mistero. Attraverso un sogno, sarà proprio Kanata ad apprendere un sistema che potrà riportare indietro le persone e le cose scomparse, tale potere porterà il ragazzo e la sua compagnia lontano da casa con lo scopo di, neanche a dirlo, salvare l’impero di Gigante da questa forza sconosciuta.

Il plot di base di per sé non è il massimo dell’originalità, un gruppo di giovani combattenti in missione per salvare il mondo. Anche il gruppo di eroi risulta piuttosto stereotipato: Kanata è il ragazzo coraggioso ignaro delle proprie origini dotato di una particolare facoltà che lo porterà su una sorta di “strada dell’eroe”, facilmente identificabile nella classe di paladino, Lumina è la tipica “tsundere”, l’amica d’infanzia dal carattere scontroso che nasconde un animo dolce e amorevole, e da buon jrpg si identifica bene nella classe del monaco in quanto combatte a mani nude (qualcuno ha detto Tifa Lockheart?). Locke è il vecchio amico un po’ infantile con lo stomaco incolmabile ma dall’animo innocente e il cuore generoso (una sorta di Goku style) e brandisce la balestra, mentre Van è il tipico ragazzo misterioso dal carattere apparentemente freddo e distaccato che, nonostante la modalità un po’ anomala, si può classificare nella classe di mago. Gli stereotipi ci sono tutti ma, nonostante tutto, sono stereotipi che funzionano, specie se assortiti insieme, questo anche perché l’evoluzione dei personaggi e le relazioni tra loro sono alla base dello spessore narrativo del gioco. Parlando di cliché, non ne esiste uno più grande dello scopo ultimo di salvare il mondo, ma l’idea di base di “salvataggio” dalla minaccia di turno è molto interessante. Il potere di Kanata si basa sui ricordi. Il ragazzo infatti ha il potere di utilizzare i ricordi altrui per riportare indietro un luogo, un oggetto o una persona scomparsi nella nebbia; un concetto molto interessante, oltre ad avere una chiave di lettura piuttosto sottile: qualcosa, o qualcuno, può esistere solo se vivo nei ricordi che si hanno di esso.

Passiamo ora alle meccaniche di gioco. Lost Sphear, da bravo figlio indiretto di I am Setsuna (precedente produzione di Tokyo RPG Factory), incarna pienamente le caratteristiche del gioco di ruolo nipponico in pieno stile anni ’90, sia per stile grafico che per gameplay. Non appena si inizierà la partita, una fitta di nostalgia verso giochi come Final Fantasy IX sarà inevitabile. Il tutorial fa bene il suo dovere, non è mai invasivo e ogni tanto ripropone un ripasso dei comandi in certi dialoghi, inoltre le conversazioni interne al party di gioco riassumono bene la quest in corso senza scadere nello spiegone. In ogni caso è presente il consueto diario riassuntivo raggiungibile dall’inventario.
Il sistema di combattimento si basa sull’Active Team Battle, sistema di turnazione “attivo” con un tempo di azione limitato. A differenza dei combattimenti old style, decisamente legnosi per i tempi odierni, abbiamo una possibilità strategica molto più fluida, con la possibilità di muovere i personaggi sul campo di battaglia riuscendo a pianificare gli attacchi con una certa precisione senza però che il sistema risulti mai troppo tedioso o ripetitivo. Abbiamo a disposizione anche il Momentum, una barra “Turbo” in grado di far ottenere differenti possibilità di attacco. Altra chicca sono i volcosuit, che chiudono il cerchio di “tutte le cose belle che si possono trovare in un gioco in stile giapponese” e non diremo di più perché la sorpresa dopo averli ottenuti è stata talmente piacevole che non vogliamo rovinarvela. La difficoltà dei combattimenti non è particolarmente elevata, con un minimo di spirito di osservazione si possono affrontare tutte le boss fight senza mai sentirsi obbligati ad abbassare il livello di difficoltà (abbiamo giocato a livello “normale”).

La grafica è piuttosto semplice ma molto carina, se vi piace lo stile, e le mappe sono ben costruite anche se quelle più piccole risultano un po’ troppo misere e il “vuoto” che contorna i dungeon non ci ha convinto tantissimo. Anche la colonna sonora ha i suoi alti e bassi, ma sostanzialmente è d’atmosfera e si sposa bene con lo stile del gioco. Altro elemento da non sottovalutare è il tempo di caricamento, velocissimo, praticamente inesistente, ciò fa guadagnare molti punti a suo favore. La velocità è una prerogativa del gioco, abituati ai tempi lunghissimi degli rpg, qui non troverete mai tempi morti e non appena avrete concluso una quest ne avrete una subito nuova da intraprendere; questo rende il tutto un po’ troppo scriptato ma viene bene incontro a chi è sostanzialmente digiuno di giochi di ruolo o non sopporta le lunghe esplorazioni o le quest a “matrioska” che non hanno mai fine. Tale prerogativa lo rende un gioco fruibile da un pubblico vastissimo, anche per chi non ama videogame tipici del genere.

Verdetto

Non giriamoci troppo intorno: il gioco è dannatamente divertente! Non appena entrati nel vivo della storia non riuscivamo più a staccarci. I personaggi sono carismatici, la storia ben raccontata e il game play piacevole. Ciò che difetta in poca originalità viene colmato con elementi che funzionano, assieme ad un enorme tributo ai giochi di ruolo che hanno fatto la storia. Unica vera pecca è la mancanza di una versione italiana, ma non si può definire necessariamente un vero difetto. I tempi brevi delle quest, inoltre, vanno incontro a chi ha poco tempo da dedicare a questo genere, il che è una mano santa per gli ormai trentenni che non hanno più molto tempo libero da dedicare al gaming. Se avete una botta di nostalgia è il gioco perfetto per voi.

 

 

Erika Pezzato
Laureata in lettere, cinefila per vocazione e scrittrice a tempo perso. Appassionata di film cult, fumetti e videogiochi, con un amore spasmodico per la letteratura, in particolar modo per il genere fantastico. In costante attesa che uno stregone bussi all'uscio di casa per offrire una nuova avventura alla quale non si può rinunciare.