Luana Belsito è un’artista che si sta facendo conoscere attraverso i suoi disegni sui social. Stay Nerd vi invita ad entrare nel suo mondo
Negli ultimi anni l’auto-promozione sui social è uno dei mezzi principali che i giovani autori e artisti possono sfruttare per raccogliere pubblico. Una volta consolidata una discreta fanbase, spesso sono adocchiati da un editore, che mette a frutto il loro stile e li lancia nel mercato. Il lavoro di scouting, insomma, oggi si fa (anche) tramite social network.
Tra i giovani artisti che possiamo trovare nello sconfinato universo online, una personalità decisamente interessante è quella di Luana Belsito. Calabrese, classe 1992, si è formata tra l’Accademia di Belle Arti di Firenze e la Scuola Internazionale di Comics di Roma dove, partendo da uno stile italiano-americano, si è innamorata della pagina e delle palette della BD francese.
“In questo periodo mi piace molto usare il rosa, vedo che si sposa bene con l’erotico. Ha molteplici significati, tra cui l’innocenza”.
Per Luana Belsito, però, la ricerca di uno stile sempre nuovo è l’essenza stessa dell’arte. Quindi, se oggi siamo abituati alle sue visioni erotiche e rosate, probabilmente nei prossimi tempi ci riserverà grandi sorprese. Dal 2015 circa ad oggi l’artista sta sviluppando un lavoro sull’autoritratto erotico che va verso la realizzazione di figure sintetiche, espresse con poche linee. Indubbiamente, ciò che colpisce maggiormente nella sua produzione più recente è la cruda rappresentazione di sé, disegnata a volte con amore, a volte senza pietà. A volte, semplicemente, le due cose sembrano non contraddirsi.
“Sono affascinata dalla comunicazione non verbale, perché appartiene a tutti indipendentemente dal livello linguistico e culturale”.
Immaginarsi e rappresentarsi
Dire che Luana Belsito rappresenta solo se stessa sarebbe errato, ma sicuramente è nel suo modo di raccontarsi che risiede uno dei punti più notevoli del suo lavoro. Ci racconta:
“Non voglio soffermarmi solo sulla mia immagine. Sotto forma di vignetta la sto trattando da circa due anni, associandoci delle parole, ma ho sempre lavorato sugli autoritratti perché trovo sia un modo per scoprirmi. Paradossalmente con il disegno si può essere più crudi che nella realtà, perché si ha il pieno controllo della linea che si va ad usare. Diverse volte mi sono rappresentata in maniera molto più dura di quanto non apparissi veramente“.
Nonostante negli ultimi tempi i canoni di bellezza si stiano aprendo anche a nuovi modelli, indubbiamente la misura del corpo femminile ha ancora un’importanza preponderante nel giudizio delle persone. Ma di quale corpo parliamo? E quanto gravano le pressioni estetiche per chi ha un’apparenza fuori dai canoni?
“Sto lavorando sulla mia immagine anche con le foto, pur non pubblicandone la maggior parte. Mi sento davvero serena, ho sofferto per anni per il mio aspetto. Ora, però, sono piuttosto libera dai giudizi altrui. Se non sto bene, non è perché sono grassa ma perché sono una persona che prova determinate sensazioni. Il punto della questione è decisamente un altro“.
Indubbiamente, però, la promozione sui social tende a schiacciare il giudizio dell’opera su quello del suo autore. Sono i pro e i contro della comunicazione diretta.
“Non voglio cadere nel gioco del “voglio rappresentare solo di me stessa”. Alla fine, se si vedono tutti i miei disegni, non sono sempre io il soggetto. Va detto però che qualunque opera d’arte si compone anche del suo autore, in maniera più o meno esplicita. È qualcosa che tu stai esprimendo, è il tuo modo di vedere il mondo”.
“Ci tengo al fatto che i miei disegni siano belli – aggiunge – ma non di una bellezza convenzionale, esattamente come per le persone. Uno riesce a migliorare se stesso quando accetta la sua condizione: se non accettassi di non poter essere una modella di una taglia standard sicuramente ne soffrirei. Tutti siamo affascinati dalla bellezza, ma questa può anche essere un modo di muoversi, di parlare. Insomma, non è che rifiuto la bellezza, ma ho una maniera più sfaccettata di viverla”.
La risposta del pubblico
Il contatto diretto sui social porta all’azzeramento della distanza tra l’artista e il suo pubblico. Un uso consapevole del mezzo, ci fa realizzare che questa vicinanza è apparente, eppure spesso gli artisti devono farci i conti. A volte con risvolti positivi:
“Sto ricevendo diversi riscontri da parte di ragazze che mi seguono, che si sentono in qualche modo comprese, però è un lavoro che faccio per me stessa. Le persone hanno bisogno di ricondursi all’esperienza altrui per sentirsi meglio, li conforta sapere che stai vivendo le stesse cose che vivono loro”.
A volte no.
“Mi sono dovuta anche difendere dalle persone, ma gradualmente ho imparato a fregarmene. Una vignetta che ho pubblicato ha suscitato alcune critiche, con argomentazioni femministe. In pratica ironicamente legavo la depilazione all’attesa di un uomo. La reazione, però, è stata eccessiva: per me il femminismo è libertà. Io sono femminista perché tutti devono sentirsi liberi di rappresentarsi e presentarsi come vogliono. Se ti vuoi depilare depilati, se non vuoi, non farlo“.
O, ancora: “Una cosa che mi disturba è quando le persone si sentono in diritto di farti complimenti spinti, mi dicono che preferiscono le ragazze grasse, ma è estremamente limitante, anche perché non voglio mandare il messaggio che le ragazze grasse sono meglio delle altre. Oppure quando mi danno consigli sulla salute, ma obiettivamente: se non li conosco, che importa a loro della mia salute?”
Il rapporto con la scrittura
È abbastanza chiaro, osservando le illustrazioni di Luana Belsito, che i suoi sono prodotti istintivi, frutto di un flusso creativo.
“Disegno rapidamente, almeno per quanto riguarda i disegni che pubblico sui social. Ho disegnato una storia breve, pubblicata su Instagram, che si chiama “Voglio”. Era un esperimento perché l’ho fatta tutta in una notte in cui non riuscivo a dormire, era una prova acerba di qualcosa che non avevo mai fatto: adattare i disegni al testo“.
Nel caso, però, si debba lavorare con un editore, certamente questa istintualità andrà mediata da un metodo più ponderato.
“In quel caso non vorrei raccontare necessariamente me stessa. Sento l’esigenza di parlare di alcune cose, senza la pressione di fare quello che ho sempre fatto solo perché “funziona”. Tra le varie possibilità, mi piacerebbe adottare il punto di vista maschile. Sicuramente vorrei lavorare bene sulla scrittura, su cui mi sento più vulnerabile. Voglio lavorarci bene perché il testo deve funzionare senza disegni e viceversa. Mi interessa che il messaggio sia chiaro e comprensibile a tutti”.
L’erotismo di Luana Belsito
Da alcuni paragonata a Fumettibrutti per il suo modo diretto di rappresentare la sessualità, Luana Belsito ha un vissuto e una poetica del tutto personali. Un tema così intimo, d’altra parte, non può che essere mosso da motivazioni individuali – almeno quando è frutto di un’esigenza reale e sentita e non della costruzione di un personaggio per acchiappare lettori.
“Uso la metafora del sesso per parlare di come possiamo essere famelici per noia, un sentimento molto amplificato nell’epoca dei social. Siamo annoiati, quindi facciamo sesso. Non è il sesso di per sé, ma il cercare negli altri ciò che sentiamo che manca in noi. Gli altri possono rispecchiare i sentimenti che uno cerca, la pace interiore che non si trova. Quindi cosa c’è di più veloce e istintivo del sesso? È come il cibo, con il desiderio di saziarti che non soddisfi mai davvero”.
Una sfumatura ancora più personale, nel caso di Luana Belsito, è la rappresentazione del sesso per sublimarne il timore. Un uso, per così dire, terapeutico dell’arte.
“Ho sofferto per qualche anno di un’ipocondria così forte che il pensiero del contatto con altre persone mi spaventava. Quindi in realtà ho disegnato il sesso per smorzare questa tensione che si era creata. Era una sorta di sublimazione. L’isolamento negli anni di studio era progressivo, ho dato 14 esami in un anno e in più si acuiva questa ipocondria. Nel disegnarlo, mi sono accorta che il sesso non mi faceva schifo, ma che ero più interessata a tutto ciò che il sesso comportava, la sua mitologia, più che all’atto in sé”.