A Lucca Comics abbiamo avuto il piacere di incontrare Ivan Venturi. Il produttore e game designer bolognese ci ha parlato della sua carriera, di politica nel videogioco e di Svilluparty.
Potete trovare lโintervista in versione podcast anche su Spotify.
Sei considerato a livello internazionale un pioniere del game design italiano, ma come sappiamo noi nerd โda grandi poteri derivano grandi responsabilitร โ. Senti, quindi, dei doveri morali legati alla fama e allโessere un rappresentante della realtร videoludica italiana nel mondo?
La responsabilitร piรน grossa che sento, in realtร , รจ quella di proseguire con il mio lavoro. Ho pubblicato il primo videogioco nel 1987 e in trentadue anni ho maturato la consapevolezza che รจ sรฌ importante la memoria ma lo รจ ben piรน continuare a fare.
Vivo certamente con piacere questa nomea, ma sono sicuro ci siano persone piรน in gamba di me. Perรฒ incontrare persone che allโepoca hanno giocato i miei primi titoli e frequentare community online che ancora si ricordano di quel periodo certamente dร una bella carica di autostima. Preferisco comunque pensare e sforzarmi sul presente.
Discorso a parte รจ Svilupparty, dove effettivamente sento il peso e la responsabilitร di aprire le porte a giovani creativi.
A proposito di Svilluparty: ci parli della scelta morale che implica questo evento e in generale della produzione dal basso?
ร una realtร che รจ nata in maniera totalmente spontanea. Nel 2010 la primissima edizione รจ partita come una sorta di reunion della Simulmondo (la prima software house italiana co-fondata da Venturi, ndr.), un modo per rivederci tra ex-colleghi oltre che riunire alcuni nuovi studi indipendenti โ come il gruppo che ora conosciamo come Studio Evil โ e celebrare la nascita dellโArchivio Videoludico presso la Cineteca di Bologna. Da lรฌ, nel corso degli anni, la formula dellโevento รจ andata a estendersi fino a tre giorni e nonostante lโassenza di pubblicitร e la risposta dei futuri addetti ai lavori รจ aumentata esponenzialmente.
Abbiamo โ tutti gli attori coinvolti, non soltanto io โ intercettato la necessitร di incontrarsi tra sviluppatori e in genere creativi che operano sul videogioco. Sono cose che capitano da sole, se cโรจ il contesto giusto: per questo Svilupparty รจ diventato consolidato in dimensioni e numero di sviluppatrici e sviluppatori coinvolti. Un momento in cui diventa facile riferirti perchรฉ hai i modelli giusti, che magari come te due anni prima erano spaesati ma ora sono pronti ad accoglierti e integrarti. Si condividono esperienze di vita maturate intorno allโidea di rendere la propria passione un lavoro. La considero la porta dโentrata nel mestiere, un ambiente accogliente di festa dove nessuno vende niente a nessunoโฆe poi Bologna a metร maggio รจ unโesperienza impagabile!
Insomma: una vera e propria comunitร con un suo senso! Ed รจ giร qualcosa di diverso rispetto ad altri ambienti creativiโฆ
Sรฌ, perdonatemi il francesismo, ma a Svilupparty nessuno incula nessuno. Quando ero piรน giovane, subito dopo lโesperienza Simulmondo, ho lavorato moltissimo con realtร milanesi e lรฌ mi sono reso conto di un ambiente competitivo in cui trovo che il videogioco stia stretto, perchรฉ per sua natura รจ inclusivo. A livello internazionale lโindustria รจ estremamente accogliente e se vai da un tuo concorrente a chiedere una mano lโaccoglienza รจ scontata e sempre presente; esperienze come Svilupparty servono anche a ribadire questo concetto a noi italiani.
Sullโaccoglienza sembra che il videogioco stia diventando sempre piรน sensibile anche sulle tematiche che coinvolge, sebbene lโambiente sia di base ancorato a una visione reazionaria e machista. Come si รจ riusciti a cambiare, parzialmente, questo meccanismo e qual รจ stata la tua esperienza in tal senso?
Partiamo dal presupposto che per fare un videogioco ci vuole tanto tempo, spesso anni, ed รจ un periodo durante il quale โ anche involontariamente โ respiri lโaria che tira nel momento in cui stai realizzando la tua opera. Ho scelto di voler imparare cose nuove nella vita e soprattutto cose che mi interessano: piuttosto che sviluppare giochi che implicano un uso di tematiche che si discosta da quel che penso cambierei lavoro, sarei disposto anche a fare il giardiniere comunale. Chi me lo fa fare di invecchiare davanti a un computer per fare una cosa che mi fa schifo? Faccio videogiochi perchรฉ ho necessitร di fare cose che mi facciano imparare.
Anche quando sono stato solo il produttore di un gioco politico โ come con Riot: Civil Unrest โ ho sentito vicina a me la tematica e lโho abbracciata con piacere e abbiamo lavorato sul desiderio, sullo smuovere lโinteresse del potenziale giocatore portandolo a pagare per qualcosa che lo portasse a riflettere senza essere un serious game.
Trovo Riot molto distante da giochi come Palestine (uno degli emblemi dei serious games, ndr.), perchรฉ si spoglia della pesantezza della tematica portando verso di sรฉ unโattenzione piรน strettamente ludica che richiama da vicino gli scontri medievali senza mai rinunciare allโidea di base.
Anche in Pride Run cโรจ una componente videoludica molto forte che attira anche chi non รจ giร di base attratto dalla tematica trattataโฆ
Sรฌ, era lโobiettivo principale dallโinizio per entrambi i titoli: fare giochi attraenti per il mercato. Con Pride Run siamo riusciti a produrlo in modo consapevole e corretto, รจ stata senza dubbio una bella sfida. Volevamo portare la vivacitร dei pride โ colorati, rumorosi e con una libertร sessuale completa โ che andasse oltre il machismo che purtroppo si respira ancora nel videogioco. Partendo da questo abbiamo speso due anni per cercare una meccanica che fosse funzionante e funzionale: perchรฉ รจ il gioco che conta e devโessere bello.
ร stata una bella sfida anche con il nostro publisher: inizialmente non volevo che fosse Green Man Gaming a distribuire il gioco ma poi, grazie a una loro insistenza dovuta a una convergenza di intenti tra noi e loro (GMG รจ unโazienda a paritร di genere e con una forte identitร LGBTI+, ndr) ho ragionato sul fatto che fossero le persone adatte. La produzione in sรฉ รจ stata decisamente piรน tranquilla e regolare del travaglio di Riot, durante la quale abbiamo imparato che lโindustria reagisce in un certo modo a lavori come il nostro. Noi ci aspettavamo commenti ma sicuramente non pesanti come quelli che abbiamo letto, compresi quelli capitati sotto il vostro articolo.
Leggere cose come โi puntini sulla mappa sono epidemie di HIVโ ci ha sconvolto ma lo avevamo messo in preventivo. Cosa che non avevamo previsto era il valore economico che hanno questo genere di commenti, in quanto scritti da utenti unici, rispetto allโorgano di stampa verso la quale rivolgono il commento. Particolare รจ stato il caso di Rock Paper Shotgun, che ha rifiutato la copertura del gioco accampando la scusa della nicchia. Questo fatto ci ha portato a renderci conto di come tutta una parte dellโindustria ancora ostracizza il trattamento di queste tematiche, anche quando viene fuori che realtร come RPS sono in gruppi che finanziano i pride ma che si tirano indietro quando rischiano di perdere click e follower. Ci aspettavamo certamente una polarizzazione del pubblico, sรฌ, ma non da parte della stampa.
Possiamo dire che รจ un passo preventivo fatto per evitare critiche da parte del pubblico?
Sรฌ. Perรฒ per fortuna ci sono altri esempi virtuosi che invece si sono presi la responsabilitร (e gli insulti) pur di coprire a mezzo stampa il nostro gioco. Non tutti hanno avuto il coraggio di metterci la faccia, purtroppo.
Ultima domanda: nella tua produzione ci sono concetti ricorrenti. Nello specifico abbiamo riconosciuto, in trentโanni di carriera, simulazione, educazione e informazione. Ti riconosci in queste tre parole?
Sรฌ, mi ci riconosco. Ho fatto serious games per ventโanni, dopo lโesperienza in Simulmondo, ma ora preferisco definirmi una persona piรน del come che del perchรฉ. Sono perรฒ i tre concetti che mi guidano, anche se il mio accesso alla cosa ora รจ decisamente piรน casuale. Mi piace affrontare la realtร come la finzione, non voglio limitarmi troppo perchรฉ preferisco farmi guidare da un momento.