Lucifer: il patto col diavolo di Netflix
Lucifer è una delle più apprezzate serie TV presenti sul catalogo Netflix, e vanta una nutrita schiera di fan, al punto che dopo l’evitata cancellazione dello show al termine della quarta stagione si sono mobilitati con forza ottenendone un’altra.
Adesso siamo a un nuovo giro di boa, poiché Netflix ha annunciato che Lucifer 6 non si farà, ma a quanto pare i più accaniti spettatori non si sono ancora arresi e si sono rimessi in moto per firmare una petizione tentando salvare ancora la serie.
A quanto sembra però Netflix non è disposto a scendere nuovamente a piatti col diavolo e rispetterà le scelte iniziali, anche perché la creatrice Ildy Modrovich ha annunciato che la quinta stagione sarà “una lettera d’amore per i fan”.
Ma perché Lucifer ha generato un successo di tali proporzioni?
Come sapete, la serie sviluppata da Tom Kapinos costituisce l’adattamento televisivo del fumetto omonimo, pubblicato dalla Vertigo e scritto da Mike Carey, con protagonista Lucifer, personaggio comprimario nel Sandman di Neil Gaiman.
L’idea di Jerry Bruckheimer e Tom Kapinos di adattare per il piccolo schermo una storia del genere funziona inevitabilmente perché è tutto ciò che il pubblico vuole e pretende da una serie TV.
Le serie crime e police procedural sono ad oggi tra le più ricercate ed amate dagli spettatori, ma ciò che ha reso da subito Lucifer un prodotto di successo è la possibilità di assistere al Diavolo nei panni di un aiuto detective, congiunta al fatto che lo spettatore è in una situazione di vantaggio rispetto agli altri personaggi della serie, in quanto conosce la vera identità di Lucifer Morningstar.
Un aspetto che a quanto pare ammalia il pubblico, avvicinandolo al protagonista, generando empatia e dando vita a quella che è definita come una fan base.
Di Tom Kapinos avevamo ammirato la genialità anche nella serie Californication, e quelle caratteristiche di una vita sregolata e l’amore, ricambiato, per le donne che delineavano il protagonista interpretato da David Duchovny prendono ancor più forza e sostanza nell’Angelo Caduto Lucifer, di Tom Ellis.
Del resto è venuto sulla Terra per divertirsi e prendersi “una vacanza”, ma nel corso del tempo scopriamo un diavolo meno diabolico di quel che ci aspettavamo, che inizia ad umanizzarsi, ad essere vulnerabile, soprattutto se intorno a lui c’è la detective Cloe Decker (Lauren German).
Angelo e Diavolo
Nonostante ciò è sempre il diavolo e la coppia, professionale e non, Decker-Lucifer esalta uno dei leitmotiv di un certo tipo di racconto, che prevede la dicotomia bene-male, in cui il bene è appunto la detective e il male è Lucifer. Il pubblico è intrigato dallo strano e complicato rapporto tra il Diavolo innamorato di una incantevole umana e lei, che in principio non comprende molti atteggiamenti inevitabilmente stravaganti di Lucifer ma poi finisce per rimanerne stregata. È una relazione contorta che tiene il pubblico sulle spine per quattro stagioni, con plot twist mirati ed inseriti al momento giusto, per nutrire ancora il nostro desiderio di scoprire come vadano a finire le cose.
Le imperfezioni della serie a volte si fanno vistose ma è un aspetto sul quale non si dovrebbe troppo puntare l’indice, poiché di base resta una serie police procedural mescolata all’urban fantasy, per cui ciò che è fondamentale e che interessa all’utenza è un lineare e riconoscibile sistema di indagine sui casi dei singoli episodi, che ponga lo spettatore nella sua confort-zone già dalle prime puntate, e soprattutto che la gestione tra la vita privata dei protagonisti e le vicende antologiche abbia il giusto ritmo. Lucifer, sostanzialmente, riesce a far bene tutto questo, nonostante alcuni casi siano effettivamente più deboli rispetto ad altri, ma in 4 – presto 5 – stagioni per una media di oltre 20 episodi ciascuna, è anche fisiologico.
Ad alimentare l’interesse in questo show ci pensano i personaggi secondari, che poi spesso così marginali non sono, ed alcuni di essi assumono un ruolo nevralgico nell’andamento del racconto, come Maze, la psicologa Linda, o Daniel Espinoza o ancora il fratello di Lucifer, Amenadiel. Tutti sono sviluppati benissimo e Tom Kapinos ci restituisce delle versioni affascinanti di questi personaggi, che funzionano bene singolarmente e insieme.
Certo è che alcuni elementi, ripetuti, come le capacità di Lucifer di portare la gente a dirgli la verità o le volte in cui si mostra ai criminali come il Diavolo, alla lunga perdono un po’ di quel fascino che emerge maggiormente prime puntate, motivo per il quale Netflix aveva pensato di chiudere le porte allo show, salvo poi dover fare i conti con una folla inferocita e ancora bramosa di vedere Lucifer sul piccolo schermo.
Perché al netto di tutto è evidente che Lucifer funzioni, e il suo sbandierare al mondo intero di essere il Diavolo senza preoccuparsi che l’umanità possa credergli, lo rende un personaggio ammaliante e con cui divertirsi, alimentando episodio per episodio la curiosità di vedere in cosa incapperanno i malcapitati che avranno a che fare col Diavolo.
Il pubblico e di conseguenza Netflix, hanno stretto un patto con Lucifer, ma sono ormai consapevoli del fatto che presto dovrà sciogliersi. Per molti sarà un “peccato”, ma si sa che anche le cose belle prima o poi sono destinate a finire.