The Dark Pictures Anthology, Vol. I: Man of Medan
Dopo anni dedicati alle console Sony, culminati con l’ottimo Until Dawn, Supermassive Games ha deciso di dedicarsi a un nuovo ambizioso progetto: un’antologia horror multipiattaforma, su PlayStation 4, Xbox One (versione testata) e PC. The Dark Pictures Anthology inizia ora con Man of Medan e proseguirà già l’anno prossimo con Little Hope, ma attualmente non sappiamo (e forse non è ancora stato deciso) di quanti episodi andrà a comporsi.
Le vicende traggono ispirazione dalla sventurata storia della SS Ourang Medan, un mercantile olandese che prima naufragò, poi esplose e affondò nelle acque indonesiane. Il dettaglio che più ci interessa in questa sede è che, quando parte dell’equipaggio di un’altra nave, la Silver Star, entrò nella Ourang Medan, trovò solo cadaveri privi di lesioni: sembravano tutti morti terrorizzati. Ovviamente, le teorie più plausibili parlano di avvelenamento (forse gas nervino o monossido di carbonio), ma non sarebbe materiale buono per un survival horror.
Man of Medan, ad ogni modo, è solo ispirato al mistero della Ourang Medan, portando avanti una vicenda indipendente. Quattro giovani americani si trovano nell’Oceano Pacifico in vacanza, con l’obiettivo di vedere un relitto della Seconda Guerra Mondiale; li accompagna una ragazza, il Capitano Fliss, con la sua barca “Duke of Milan”. Ben presto le cose prendono una brutta piega, che poi diventa bruttissima… ma senza riuscire a spaventare! Di fatto, si tratta giusto di qualche jumpscare; siamo più dalle parti del thriller che dell’horror e, in termini meno cinematografici e più ludici, siamo lontanissimi da un survival horror. Ma se avete giocato ad Until Dawn (o quantomeno avete letto la nostra recensione), sapete già cosa aspettarvi.
Come sapete cosa aspettarvi pure dal gameplay. Anche Man of Medan è un interactive drama, il che si traduce in un numero di attività piuttosto limitato per i nostri polpastrelli: si tratta solo di eseguire alcuni (molti, a dire il vero) Quick Time Event, effettuare delle scelte (di azione o di dialogo) ed esplorare in terza persona gli ambienti di gioco, alla ricerca di indizi (poi consultabili alla voce “Segreti” del menu, che li mette pure in correlazione) e di quadretti (i dark pictures presenti nel titolo del gioco, suppongo) che scatenano presagi, che corrispondono alla meccanica dei totem di Until Dawn.
Il meccanismo di scelte si basa sul principio del butterfly effect: anche un elemento che inizialmente appare come marginale potrebbe avere conseguenze abnormi. Tutti i cinque protagonisti possono morire, ma si possono salvare anche tutti: sta a voi, alle vostre decisioni e alla vostra prontezza nei QTE. A dispetto del butterfly effect, comunque, la maggior parte delle volte le conseguenze in termini di vita o di morte sono piuttosto chiare: io, ad esempio, con l’obiettivo di salvare tutti e cinque, ne ho salvati solo quattro, ma ho il sospetto – ma sul momento non ho potuto verificarlo a causa del volutamente severo sistema di autosalvataggi – che l’unico morto sia stato causato dalla mia distrazione durante un QTE, anche perché non sempre è netta la separazione tra cutscene e scene interattive.
A questo punto risulta chiarissimo che Man of Medan non offre un gameplay irresistibile, ma ciò era implicito nella definizione di interactive drama; ad ogni modo può rivelarsi molto più interessante giocato in multiplayer. Le modalità a disposizione sono due e sono entrambe cooperative: una è offline e lega ogni personaggio a un singolo giocatore, mentre l’altra, a differenza della prima, è online e non si svolge a turni, presentando gli stessi eventi in entrambi gli schermi, ma visti da due punti di vista diversi. Interessante, in un gioco basato sulle scelte: in un certo senso, mette i cooperanti l’uno in balia dell’altro a fasi alterne.
Da un interactive drama, invece, ci aspettiamo trama, personaggi e sceneggiatura di alto livello. Purtroppo, però, nessuno di essi può dirsi così interessante, mancando di carisma e originalità.
I personaggi, costruiti sulle fattezze di attori più o meno noti (potreste riconoscere Shawn Ashmore, se siete fan degli X-Men o se avete giocato a Quantum Break, e Pip Torrens), risultano abbastanza stereotipati e non sono tutti recitati benissimo, ma almeno possono essere in parte “forgiati” dal giocatore tramite il sistema di moral compass (“bussola morale”) legato alle scelte che influiscono sulle relazioni fra i protagonisti. Il personaggio che ho trovato più interessante è il Curatore (Pip Torrens, che vedete ottimamente digitalizzato qui sotto), figura “metafisica” che costituirà il trait d’union di The Dark Pictures Anthology: egli è il custode delle storie, di tutte le storie, di tutti i possibili svolgimenti di queste storie, come un bibliotecario in una borġesiana biblioteca di Babele.
Il doppiaggio in italiano è di buona fattura, anche se è preferibile quello inglese, anche per motivi di lip sync.
Man of Medan costituisce un inizio incerto per l’antologia che inaugura: mostra alcuni spunti interessanti, ma non viene adeguatamente valorizzato dalla scrittura. I prossimi capitoli non saranno collegati a questo, se non dalla carismatica figura del Curatore, quindi possiamo augurarci una trama più avvincente e un cast più frizzante. Oltre a una realizzazione tecnica meno approssimativa: su Xbox One il gioco si è dimostrato afflitto da freeze, stuttering e qualche raro episodio di audio desync. Ma per quello speriamo che sia sufficiente aspettare una patch e non direttamente il secondo episodio…