Lo spazio visto dai Manga: tre poetiche visioni dell’Universo, tra speranza e malinconia
Fino a dove la mente può ricostruire ambienti a noi familiari? Dove finisce il mondo che conosciamo e sappiamo ricordare e reinventare seguendo il flusso della propria memoria e della propria conoscenza?
C’è un muro invalicabile dal nostro intelletto e dalla nostra narrazione quotidiana, un luogo in cui la sicurezza della conoscenza e dell’esperienza si sgretola e ci si muove nel buio della coscienza dell’altro. Ed è un altro magnetico. Che attrae, nonostante i suoi contorni sfumati.
L’altrove da sempre affascina. Ovunque esso sia, tutto ciò che va oltre i propri confini, fisici e intellettuali, cattura sogni e immaginazione. Dove la mente non arriva, subentra il desiderio della scoperta, del viaggio.
Le scoperte degli ultimi secoli hanno annullato le distanze concettuali terrestri, facendo svanire l’alone di ambiguità e oscurità che avvolgeva il nostro pianeta. Quando lo sguardo umano ha imparato ad abbracciare e conoscere l’intera superficie osservabile, in quel momento gli occhi si sono posati al di sopra del conoscibile e tangibile. Al di là delle nuvole. Lassù, nello spazio.
Da sempre l’universo ha ammaliato l’uomo, smarrito nell’impossibilità di comprenderlo nella sua totalità. Uno smarrimento con i connotati dell’avventura, dell’eterna scoperta e della consapevolezza dei propri limiti. Da sempre lo spazio più profondo ha innescato il desiderio di viaggiare verso pianeti e galassia sconosciute. Non importa se quel viaggio sia reale o immaginario, ciò che affascina è l’avvicinamento fisico e mentale all’ignoto.
Accanto alla reale scoperta di astronauti e scienziati, si affiancano viaggi nello spazio fatti con la sola fantasia. Nel cinema, letteratura, videogiochi e fumetti. Se i primi sono stati analizzati in una miriade di approfondimenti, il rapporto tra fumetti, in particolar modo manga, e spazio è un mondo ancor più misterioso dell’argomento trattato. Tra varie visioni e approcci: dall’utopia di un futuro ipertecnologico ed extraterrestre ad un pessimismo più cupo di un agglomerato di materia oscura.
Malinconia e speranza: lo spazio nei manga e anime di Matsumoto
Lo spazio dipinto dai manga può trasformarsi in un uno specchio. Nel vasto universo si rispecchia infatti la terra, con i suoi connotati, le sue abitudini, le sue creature. Le distanze dilatano le caratteristiche terrestri, isolandole, estraniandole dal proprio habitat e donando loro un retrogusto prettamente malinconico.
Nello spazio nei manga del maestro Leiji Matsumoto si riflette un animo bifronte, intimo ed epico nello stesso momento. Nel suo universo la storia dell’uomo prosegue il suo cammino, traslando il suo percorso e le sue tematiche nello spazio più profondo. L’analisi delle opere di Matsumoto non può infatti prescindere dalla componente storicistica, che influisce radicalmente sul suo approccio narrativo.
Il mangaka ha vissuto personalmente gli orrori della guerra mondiale e le sue opere sono permeate dall’angoscia scaturita dal conflitto bellico. Alla componente autobiografica si affianca la volontà di educare le nuove generazioni e renderle consce di un passato che ha traumatizzato il mondo e la terra nipponica. Si avvertono echi del terrore post nucleare, ma si percepisce anche il desiderio di combattere l’orrore, insieme, nell’unione familiare e comunitaria.
Tutte le tematiche care alla poetica di Matsumoto si ritrovano ne La Corazzata Yamato, vero e proprio manifesto del suo pensiero. Qui lo spazio diventa il luogo dove si alternano speranza e disillusione. Il riutilizzo della nave da battaglia Yamato, simbolo bellico giapponese della seconda guerra mondiale, è esemplificativo della forma mentis di Matsumoto. C’è il forte desiderio di sanare l’orgoglio ferito di un popolo e c’è l’auspicio che le nuove leve possano risollevare il presente e futuro.
Nel manga e nell’anime di Matsumoto il rapporto tra l’uomo e lo spazio è la contrapposizione tra la finitudine terrestre e umana e l’infinito. Rapportarsi all’universo equivale ad affrontare un’impresa epica, da compiere per allontanarsi dalla mortalità e dal passato. Il futuro è contraddistinto dalle oscurità dello spazio, dal suo mistero, in cui lasciarsi andare e viaggiare. Con una destinazione incerta, ancora da decifrare.
Nella sua visione disillusa e pessimista Matsumoto crea personaggi atipici rispetto al panorama fumettistico degli anni settanta. La dimensione attuale non ha più bisogno di eroi classici, ma di figure capaci di intercettare lo stato di smarrimento e apatia della nuova era, un tempo in cui i sogni si sono sgretolati e in cui i valori sono stati resi invisibili. Capitan Harlock è l’antieroe per eccellenza. Un utopista taciturno che segue ideali in una landa/spazio in cui l’essere umano è smarrito, incapace di percepire ciò che è eticamente importante. La sfida di Harlock è una lotta contro i valori (s)consacrati di una società persa nelle pagine più vuote dell’esistenza umana. Il suo modus operandi e pensandi è un prestito morale ricevuto dalla cultura romantica ottocentesca.
Lo spazio per Harlock è il luogo dell’ignoto, privo di confini e di un domani, in cui è concessa finalmente quella libertà che sulla terra da troppo tempo si è persa. Ancora una volta quindi nei manga e anime dell’artista nipponico lo spazio è sinonimo di autodeterminazione, indipendenza e possibilità di conoscenza e redenzione umana.
Al ruolo salvifico dell’altrove spaziale si contrappone il peso dell’infinito, che rende vano ogni tentativo di darsi uno scopo e un senso. L’eterno viaggio, fisico e umano, diventa l’unico modo di affrontare il senso di incompiuta infinitezza. In Galaxy Express si ha finalmente una destinazione certa, Andromeda, che diventa allegoria di un percorso che porta alla maturazione e all’autoconsapevolezza. Viaggiare è il modo in cui si cresce, in cui esperienza e conoscenza plasmano un ego, altrimenti destinato a rimanere al buio di un universo intriso di malinconiche ombre.
Spazio e realismo sociale nei manga di Yukimura
Se lo spazio nei manga del maestro Matsumoto rifletteva le ansie post belliche novecentesche, Planetes di Makoto Yukimura sottolinea e amplifica le angosce della società contemporanea. Il realismo sociale fumettistico raggiunge l’apoteosi nei quattro volumi che compongono l’opera. Lo spazio diventa il tramite con cui narrare l’animo umano e scavare a fondo nella psiche, indebolita da una vita artificiale, lontana dal proprio habitat naturale.
Il cortocircuito derivato dall’espansione umana fuori dai confini terrestri ha interrotto bruscamente la quiete spaziale, invasa da estranei e detriti. I protagonisti dell’opera, spazzini spaziali, devono ovviare a questo eco-disastro e ripulire quotidianamente l’orbita terrestre. Quest’esistenza logorante ha ripercussioni fondamentali nella vita dei personaggi, che nell’arco narrativo di 5 anni di Planetes, cambiano e maturano. Nella solitudine e infinitudine dello spazio.
La sofferenza fisica e mentale dei protagonisti è resa magistralmente grazie all’approccio iper realistico con cui Yukimura ha interpretato il genere fantascientifico. L’innaturale vita extraterrestre ha ripercussioni sul fisico e sulla psiche: gli uomini soffrono di malattie dovute alla permanenza al di fuori dell’atmosfera terrestre.
Lo spazio nel manga non è un’affascinante meta da raggiungere ed ammirare, ma diventa pesante quotidianità. La cura certosina con cui il mangaka giapponese ha saputo ricreare ogni dettaglio aumenta la coerenza della sua narrazione, che si muove costantemente sui binari della fantascienza e della filosofia. Il processo di maturazione mentale dei protagonisti è un percorso tortuoso che porta alla consapevolezza del proprio io, alle elucubrazioni sul concetto di Dio e alla riflessione sui limiti dell’essere umano.
Dinanzi all’immensità e mancanza di confini dello spazio, l’uomo si scopre insignificante ed è schiacciato dall’infinito che lo avvolge. Quel vuoto dello spazio che sulle pagine del manga diventa quasi tangibile e palpabile. Ogni protagonista sente quindi il bisogno di trovare un fine, una motivazione per continuare a vivere e avere un ruolo nell’universo sconfinato. Nel silenzio assoluto il messaggio di Yukimura echeggia a gran volume. Per non smarrire corpo e intelletto necessitiamo di una direzione, uno scopo. Altrimenti la nostra finitudine e i nostri limiti ci rendono invisibili e insignificanti. Come una stella lontana.
Lo spazio come obiettivo di vita
Se nei manga di Matsumoto e Yukimura lo spazio ha connotati cupi e malinconici, nell’opera di Chuya Koyama, Uchuu Kyodai, acquista tonalità ben più calde e positive. Si perde la pressante consapevolezza dell’infinitezza extraterrestre, del limite umano e si utilizza lo spazio metaforicamente.
Quello che è esistente oltre l’atmosfera umana è ciò che è presente nei propri sogni e nel proprio futuro. Il cielo e l’universo diventano quindi lo scopo della propria vita. Che sia reale o metaforico non importa, il messaggio di Koyama è legato al raggiungimento di un obiettivo.
Il contesto spaziale è il palcoscenico in cui prendono vita i propri sogni. Quei desideri nati durante l’infanzia e portati, come un bagaglio, durante tutta la propria esistenza. Non esiste un timer o una data di scadenza, quei sogni possono essere realizzati sempre, anche quando tutto lascia pensare alla rinuncia. Si guarda lassù, verso le stelle, ma in realtà si osserva il proprio futuro, il compimento di un percorso tortuoso, che porta alla luce degli astri e del successo personale.
In Uchuu Kyodai si viaggia nello spazio, ma ci si muove soprattutto tra i sentimenti che animano i due fratelli protagonisti. La fredda fantascienza è lontana anni luce e il buio è illuminato da sogni e speranze.