Alla scoperta delle origini del bestiario di Final Fantasy

Come ho già avuto modo di accennare in altra sede, la serie di Final Fantasy, pur non essendo caratterizzata da alcuna continuity fra i capitoli numerati, ha (o aveva…) una propria identità marcata, conferita anche da una serie di elementi “tralatizi”: fra questi, spiccano le creature che compongono il bestiario dei vari episodi. Non solo comuni mob, non solo boss, ma anche summon, mostri evocabili dal giocatore; spesso si tratta di divinità – come Odino e Shiva – ma a volte sono “semplici” creature partorite dal folklore locale o da antiche leggende o da opere letterarie.

“Manuale di zoologia fantastica” è un conciso bestiario, scritto a quattro mani da Jorge Luis Borges e Margarita Guerrero, pubblicato per la prima volta nel 1957. Come dichiarato nel prologo stesso, si tratta di un breve compendio di animali partoriti dalla fantasia dell’uomo, senza pretese di completezza, tanto più che dieci anni dopo ne fu pubblicata una versione estesa, con ulteriori 34 voci.

Con questo approfondimento ho voluto fare una sorta di crossover fra due “cose” (per utilizzare il termine più generico possibile) che hanno occupato una parte significativa del mio tempo libero. Il proposito della mia ricerca non è solo quello di soddisfare alcune curiosità sorte in me, ma anche quello di dimostrare che la cultura abbraccia tutti gli ambiti dell’umano agire: tutto ciò che è prodotto dall’uomo può essere cultura, se approcciato in modo culturale. Ma se ci leggete da un po’ sono certo che già lo sapete.

Bahamut

final fantasy bestiario

Cominciamo con una delle creature più famose del bestiario di Final Fantasy: Bahamut, il re dei draghi, invocabile (e spesso anche affrontabile) nei capitoli dal IV in poi, con l’unica eccezione del XII (in cui comunque dà il nome a una fortezza dei cieli progettata da Cid), dotato di un diverso pantheon di riferimento in quanto ambientato ad Ivalice.

Non mi risulta ben chiaro il motivo per cui nella serie di Square sia il re dei draghi, visto che nella cosmologia araba è un pesce gigantesco che sorregge il mondo: secondo la tradizione raccolta da Lane e riportata da Borges, sopra il Bahamut c’è un toro, che sostiene una montagna di rubino, che sostiene un angelo che sostiene la terra; più interessante cosa stesse sotto il Bahamut: “… sotto il pesce [Dio] mise l’acqua, e sotto l’acqua mise l’oscurità, e la scienza umana non vede più oltre.” Ecco spiegato perché in FFVIII si trova nell’isola di ricerca sottomarina… In ogni caso, è probabile che gli stessi arabi lo avessero trasfigurato: l’assonanza col Behemoth (di cui parleremo fra poco) è notevole, anche se è ipotizzabile che, ancor più semplicemente, entrambe le parole derivino dalla stessa (b’hemah) e non l’una dall’altra.

Baldanders

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“Manuale di zoologia fantastica” non include solo creature del folklore o di antiche religioni, ma anche le invenzioni letterarie: se scorrete l’indice, potete leggere dell’animale sognato da Kafka o da Lewis. Baldanders (il cui nome in tedesco significa “già altro”) è un personaggio del romanzo picaresco “L’avventuroso Simplicissimus” (1668) di Grimmelshausen. Come suggerisce il nome, si tratta di un essere proteiforme; d’altro canto, riporta Borges, tale nome fu suggerito ad Hans Sachs dal passo dell’Odissea in cui Menelao insegue il dio egizio Proteo, che è un po’ il Ditto della situazione.

Final Fantasy non fa un largo utilizzo del Baldanders. Compare per la prima volta in FFV come mob, ma non sembra avere grande attinenza con l’omonimo personaggio descritto sopra, tanto che è noto anche come Cycloskull. Molto più pregnante il suo ruolo in FFXIII, in cui costituisce il principale antagonista dal gioco col nome di Barthandelus (immagine sopra). Si tratta di un fal’Cie in grado di mutare forma continuamente. Interessante osservare, poi, che nella Debug Room di FFVIII Eden abbia proprio il nome di “Bartandres”.

Behemoth

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Il Behemoth è uno dei mob più famosi di Final Fantasy: introdotto dal secondo capitolo, non ha mai più mancato un appuntamento. Il suo nome deriva dall’ebraico b’hemah (“bestia”), di cui costituisce la forma plurale, anche se poi nell’uso si è sclerotizzato come singolare (possiamo ipotizzare si trattasse di un pluralis excellentiae). Ne troviamo una descrizione nella Bibbia: possiamo desumere che si trattasse dell’ippopotamo o, tuttalpiù, dell’elefante.

Nulla di più distante dall’iconografia finalfantastica, che lo dipinge come un enorme e muscolosissimo quadrupede (anche se in FFVI si regge su due zampe) dall’aspetto canino o leonino, spesso di colore violaceo. Forse è il mostro più ricorrente, e, allo stesso tempo, quello che è cambiato di meno nella storia ultratrentennale del franchise. Si tratta sempre di un mob di alta fascia, tanto che talvolta è anche mini-boss, e solitamente conosce delle varianti, fra cui la più famosa è il King Behemoth, ma anche Humbaba e Catoblepas.

Catoblepas

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La parola, in greco antico, significa “[colui] che guarda in basso”. E per fortuna: Plinio, infatti, riporta che ogni uomo che guardi negli occhi questa creatura muore all’istante. Flaubert, nella “Tentazione di Sant’Antonio”, lo descrive come un “bufalo nero, con una testa di maiale che gli ciondola fino a terra” a causa del collo lungo e floscio. Cuvier ipotizza, invece, che l’ispirazione derivasse dallo gnu, unito alla gorgone e al basilisco.

Questa dicotomia è presente pure in Final Fantasy: in alcuni capitoli (i remake di FFI e II, le versioni “recenti” di FFIV) appare come una variazione su tema del classico mob basilisco (anch’esso creatura fantastica ricorrente tanto nel manuale borgesiano quanto in Final Fantasy), mentre in altri è più vicino alla descrizione fisica fornita da Flaubert, come in FFIII e V, primo episodio in cui sfoggia il lungo collo, ripreso poi in FFXV (immagine sopra). Spesso è una mera variante del Behemoth, come in FFVIII, X e XII. In FFIX possiede l’abilità di pietrificare, che avrebbe avuto anche in FFXV, se non avesse inghiottito il suo secondo occhio per motivi a me poco chiari.

Manticora

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Anche per la manticora Borges si rifà a Plinio e a Flaubert, che “migliora” la descrizione antica della bestia: un “gigantesco leone rosso, dal volto umano, con tre filari di denti”, tagliati a sega; la sua coda è irta di dardi, che può scagliare in ogni direzione.

Nel bestiario di Final Fantasy si registra una generale confusione tra chimera, manticora e sfinge: nell’immagine sopra, tratta da FFV, la bestia è una variante della chimera, mentre nel primo capitolo costituisce una variante – secondo l’antichissima arte del palette swap – della sfinge. Probabilmente la versione più fedele si trova in FFIII, in cui ha una sola testa e una coda dotata non di dardi ma di aculeo (e nella versione 3D droppa un Gold Needle).

Minotauro

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Figura di scarso rilievo in Final Fantasy, ma rilevantissima nella produzione borgesiana, il Minotauro è una creatura mezzo uomo e mezzo toro, nel senso che ha il corpo di un uomo e la testa di toro; il prototipo del furry fandom, in un certo senso, anche se Dante lo aveva immaginato al contrario, cioè un toro con la testa d’uomo. Il famosissimo mito del minotauro (Teseo, il filo d’Arianna et cetera) intreccia il tema del labirinto, molto caro allo scrittore argentino, che giusto qualche anno prima aveva scritto il racconto “La casa di Asterione”, incluso poi nella raccolta “L’Aleph”, opera imprescindibile della letteratura novecentesca, assieme ad altri racconti in cui compare un qualche labirinto.

Nel bestiario di Final Fantasy il minotauro è perlopiù un nemico, come nel primo e nel terzo capitolo. Nel quinto è un boss ed è fratello di Sekhmet, un uomo-toro che prende il nome da una divinità egizia (che peraltro era una donna-leonessa). I due tornano in accoppiata su FFVIII (immagine sopra), nel quale possono essere utilizzati come summon (Guardian Force) dopo averli sconfitti. In FFXI si possono trovare mostri riconducibili alla figura del minotauro: si tratta della famiglia Taurus, fra i quali compare anche Asterion; Sekhmet, invece, è il nome di un Coeurl, razza felina aliena partorita da van Vogt negli anni Trenta. Analogamente, in FFXIV esiste il mid-boss Minotaur, mentre Sekhmet, ancora una volta, appartiene alla famiglia Coeurl.

Remora

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Il termine remora indica un genere all’interno della famiglia Echeneidae, oppure, nel linguaggio corrente, la famiglia intera. Tale pesce si caratterizza per la simbiosi mutualistica che può instaurare con altri animali come squali e tartarughe marine, ai quali si attacca grazie alla sua ventosa. Proprio questa peculiarità aveva spinto gli antichi – lo testimonia Plinio il vecchio – a ritenere che avesse il potere di rallentare le navi e financo le cause in tribunale, se utilizzato come amuleto.

Nel bestiario di Final Fantasy la Remora non è molto ricorrente. La troviamo, innanzitutto, in FFIII come mob acquatico, ma senza alcuna attinenza con la realtà. Molto più pertinenti le raffigurazioni in FFV e X: nel primo è una summon con il potere di paralizzare i nemici, mentre nel secondo un comune mob, che potete vedere raffigurato sopra.

Sirena

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Quando si parla di sirene, bisogna tener conto di un fondamentale caveat, che ai più apparirà trito e ritrito: la sirena della cultura greca classica, metà donna e metà uccello, è profondamente diversa da quella della cultura medievale, che la raffigura come metà donna e metà pesce. In inglese, come osserva Borges, il rischio di confondersi è decisamente minore, in quanto si utilizzano due lemmi diversi: siren e mermaid.

In Final Fantasy compare come summon nei capitoli sesto, ottavo (immagine sopra) e undicesimo, in cui, però, di fatto non può essere invocata, ma solo affrontata, come avviene in FFV e XIV. Le raffigurazioni di Siren nei vari giochi sono più vicine alla creatura mitologica greca, anche se non realmente aderenti ad essa: solitamente, infatti, sono dotate di ali, ma la loro parte inferiore del corpo è umana. Altre volte sono semplicemente raffigurate come comuni donne (FFV e VI). Spesso i suoi attacchi rispecchiano le caratteristiche descritte nel mito, consistendo nel canto, che può portare a diversi status alterati, come sonno e silenzio.

Giovanni Ormesi
Scrivo di videogiochi (più o meno bene) dal 2008, dopo una decina abbondante di anni passati fra le pagine delle bellissime riviste cartacee, che purtroppo si sono perse con il tempo e con il progresso. Oltre ai videogame, sono anche un buon lettore, specialmente – per quanto attiene all'ambito nerd – di Dylan Dog. Nel bene e nel male.