Sogni che diventano realtà
Los Angeles. E3 2015. Un emozionato – e fighissimo come sempre – Jason Vandenberghe sale sul palco della conferenza Ubisoft, per presentare al pubblico non un semplice gioco ma un’idea.
Una di quelle idee che vengono d’improvviso e che ti precipiti a chiudere in un cassetto giudicandola, forse, troppo grande per diventare una realtà. Una di quelle idee sulle quali, ogni tanto, torni con il pensiero e aggiungi dettagli rendendola sempre più corposa. Una di quelle idee che, un giorno, non riesci più a tenere solo per te e decidi di farla conoscere ad altri. Una di quelle idee, che dopo anni e anni, su quel palco, davanti a centinaia di persone – migliaia se si considerano gli spettatori di tutto il mondo – puoi finalmente iniziare a considerare una realtà.
Quell’idea si chiama For Honor e oggi, a distanza di quasi due anni dal lancio, approfittando del recente arrivo di Marching Fire, abbiamo pensato di riviverne la storia insieme a voi. Mettetevi comodi e buon proseguimento!
Stagione dopo stagione
Spostiamo indietro le lancette degli orologi e arriviamo al 14 febbraio 2017, San Valentino per molti, il giorno del lancio di For Honor per tanti altri.
Quel giorno, migliaia di giocatori inserirono il disco di gioco nelle loro console, giurando la loro fedeltà a una delle tre fazioni presenti, Cavalieri, Vichinghi o Samurai. Quel giorno, migliaia di giocatori scelsero il loro eroe tra i 12 disponibili – 4 per ogni fazione. Quel giorno, iniziava la Prima Stagione di For Honor e i campi di battaglia vennero irrorati dal sangue di migliaia di morti.
Per mesi e mesi i giocatori si scontrarono gli uni con gli altri, combattendo per la loro fazione, al fine di conquistare quanti più territori possibili e farla uscire vittoriosa al termine della stagione. Ma cosa sono le stagioni? Sono dei periodi di gioco che durano 10 settimane e sono suddivisi in campagne; ogni campagna ha una durata di due settimane nelle quali si combatte per aggiudicarsi quanti più territori possibile. La fazione che avrà più territori alla fine della campagna sarà dichiarata vincitrice, e chi poterà a casa più campagne, vincerà l’intera stagione.
Al termine di ogni stagione, oltre alle ricompense per i vincitori, abbiamo visto l’arrivo di importanti e corposi aggiornamenti ed è così che, nel Maggio del 2017, i Vichinghi portano a casa la prima vittoria della storia di For Honor, e la community da il benvenuto alla Seconda Stagione.
Oltre all’introduzione di due nuove mappe, nuovo equipaggiamento, fix di bug/glitch e bilanciamento di alcuni eroi, la nuova stagione ha portato con sé l’arrivo dei primi due nuovi eroi dei sei previsti: il Centurione per i Cavalieri e lo Shinobi per i Samurai.
Un combattente ibrido da un lato e un assassino dall’altro, nuovi contenuti, un maggior bilanciamento, eppure, nonostante tutto questo, qualcosa non andava nel mondo di gioco e venne registrato un calo d’utenza piuttosto considerevole. Motivo? I server e la loro instabilità, complice soprattutto il fatto di non essere dedicati ed essere basati sul peer-to-peer (p2p se preferite), fattore che dava vita a numerose disconnessioni su tutte le piattaforme.
Ad aggiungere ulteriore malessere al clima generale della community, arrivarono, come un fulmine a ciel sereno, le dimissioni di Jason Vandenberghe. Già, proprio lui. La mente dietro l’intero concept del gioco. Colui che lo plasmò sin da quando era solo una piccola ideuzza nascosta in un cassetto e che, quel Luglio del 2017, decise di prendere e consegnare nelle mani di Ubisoft, con la consapevolezza di lasciarla al team che aveva diretto fino a quel momento. “Prendetevi cura di For Honor, ragazzi” furono le sue parole di addio al progetto “Insieme, abbiamo dato vita a qualcosa di grande e non vedo l’ora di scoprire dove la porterete!”
Ed effettivamente, nonostante gli alti e bassi, For Honor era, ed è tutt’ora, “qualcosa di grande.”
Ma spostiamoci avanti di qualche mese e arriviamo ad Agosto del 2017. I Cavalieri si portano a casa la Seconda Stagione e la community da il benvenuto alla Terza, che porta con sé, oltre ai soliti fix, due nuove mappe, nuovo equipaggiamento e altri due nuovi eroi.
I Cavalieri danno il benvenuto a un altro guerriero dell’antica Roma, il Gladiatore, un assassino agile armato di tridente e scudo (oddio… scudo… un coperchio per pentole in verità, ma da Samurai mi ero ripromesso di non commentare negativamente gli eroi delle altre fazioni, quindi andiamo avanti); e l’Highlander si aggiunge alle fila dei Vichinghi, portandosi dietro una claymore alta quanto lui e l’immancabile kilt che rende il tutto molto “William Wallace style.”
Piacevoli aggiunte dunque, che ci portano a un anno fa, quando i Samurai vinsero la Terza Stagione e la Quarta portò con sé una bella ventata d’aria fresca.
Oltre ai soliti fix, a due nuove mappe, nuovo equipaggiamento e la nuova modalità Tributo – ancora oggi troppo sottovalutata dalla community – a nove mesi dal lancio, fecero il loro ingresso l’Aramusha per i Samurai, una classe ibrida armata di doppia katana, con un kasa a coprire parte del volto e uno stecchino fra i denti che fanno molto ronin e lo rendono uno dei personaggi più coatti del gioco; e la Sciamana per i Vichinghi, un’assassina folle e cannibale, decisamente molto amata dal pubblico (ironia mode: ON).
Tanti auguri a te
Andando avanti nel nostro viaggio, arriviamo al Febbraio del 2018, un mese molto importante per Ubisoft e per For Honor che si preparava a festeggiare il suo primo anno di vita. E come festeggiarlo al meglio se non con un corposo e succoso aggiornamento?
Mentre i Vichinghi festeggiavano la loro ennesima vittoria bevendosi anche l’anima, la community dava un CALOROSO benvenuto a qualcosa di lungamente atteso: i server dedicati, che mettevano un punto a tutti i problemi di disconnessione improvvisa, lag e quant’altro, in tutti gli scontri PVP.
Gioia e tripudio, dunque, ma qualcuno non fu così felice delle novità introdotte con la Quinta Stagione. I Kensei, i Conquistatori, i Berserker, le Nobushi e gli Highlander, infatti, subirono delle importanti modifiche in termini di gameplay e furono i primi ad essere, a conti fatti, completamente rielaborati.
Molti giocatori dovettero ri-apprenderli da zero e, per dare una mano non solo a loro ma anche alle nuove leve, il team di sviluppo riorganizzò completamente la sezione dell’allenamento, una modifica molto apprezzata nonché necessaria, soprattutto per chi si avvicinava al gioco per la prima volta.
Facciamo un ulteriore step in avanti e spostiamoci a Maggio del 2018, quando (udite udite) i Vichinghi si portarono a casa la Quinta Stagione (che ormai collezionano allo stesso modo con il quale Nintendo colleziona i premi per Zelda: Breath of the Wild), venne introdotta una nuova mappa e sia gli Orochi che le Pacificatrici si spostarono nel gruppo degli eroi rielaborati.
Gruppo al quale si aggiunsero, lo scorso Agosto, anche il Guardiano e la Valchiria, che subirono lo stesso fato in occasione della Settima Stagione, mentre i barb… i Vichinghi si portavano a casa anche la Sesta Stagione. Complimenti ai Vichinghi. Davvero.
“Bono Cina… bono Giappone”
Facciamo un breve passo indietro e torniamo allo scorso Giugno. Sul palco della conferenza Ubisoft all’annuale E3, l’erede di Vandenberghe, il creative director Roman Campos-Oriola, annuncia l’arrivo dell’aggiornamento più grande mai visto nella storia di For Honor, denominato Marching Fire e previsto per il mese di ottobre.
E Ottobre infine è giunto, mantenendo la propria parola e portando con sé talmente tante di quelle modifiche, migliorie e aggiunte, da far realmente respirare un’aria nuova.
La prima e più grande novità è l’arrivo di una nuova fazione, i Wu Lin, potenti guerrieri provenienti dalla lontana terra della Cina, tormentata dalla guerra civile che la affligge da secoli.
A comporre il roster della fazione troviamo ben quattro eroi:
Tiandi – l’avanguardia, le Guardie Reali, agili uomini e donne abili nelle schivate e maestri della tradizionale lama dao;
Jiang Jun – la classe più pesante, possenti guerrieri armati con la guandao, una sorta di alabarda con una lama ricurva;
Nuxia – assassine tanto eleganti quanto letali, una classe unicamente femminile, maestre delle particolarissime lame uncinate;
Shaolin – dulcis in fundo la classe ibrida della fazione, monaci armati di bastone, tanto agili quanto, all’apparenza, bizzarri.
Quattro nuovi eroi dotati di quattro nuovi stili di combattimento, ad ulteriore riprova dell’abilità creativa del team che, non contento, decide di mettere ancora più carne sul fuoco aggiungendo una nuova (e straordinaria a mio avviso) modalità di gioco, stavolta molto più amata dalla community rispetto all’ormai defunto Tributo.
Parliamo della modalità nota come Assalto, dove due squadre composte da quattro giocatori ciascuna, devono scontrarsi tra loro difendendo o attaccando un castello. Suddiviso in tre fasi differenti, scandite dai due immensi cancelli da dover abbattere a colpi di ariete per poter raggiungere il cuore della fortezza, lo scopo degli attaccanti è quello di abbattere il signore del castello e conquistarlo, mentre quello dei difensori, ovviamente, è impedire che ciò avvenga.
Ci troviamo davanti all’unica vera e propria modalità che fa del gioco di squadra il suo punto di forza principale. Team ben organizzati, riescono a portare a casa la partita con estrema facilità sia nei panni dei difensori che in quelli degli attaccanti, e la stessa cosa avviene negli scontri contro i bot controllati dall’ia che, da sempre, soprattutto a livelli 2 e 3, offrono una vera sfida anche ai giocatori veterani.
Come promesso sul palco dell’E3, oltre alle novità viste finora, Marching Fire ha portato con sé anche la nuova modalità PVE denominata Arcade.
Si tratta fondamentalmente di combattere scontri di diversa difficoltà, selezionabile in base al livello del proprio equipaggiamento, che si suddividono in 5 incontri generati casualmente. Ognuno di essi vi metterà contro un tot numero di nemici controllati dall’ia di gioco, da affrontare, talvolta, tutti insieme contemporaneamente e vedrà l’introduzione di bonus e malus, che saranno generati e aggiunti casualmente ai vostri personaggi e agli avversari.
Se sulla carta abbiamo un’ottima modalità, capace di offrire una sfida tanto ai neofiti del gioco quanto ai veterani, dall’altro abbiamo un’ia non sempre all’altezza della situazione, che passa con estrema facilità dall’essere quasi stupidamente passiva, al non dar respiro al giocatore, spiazzandolo e rendendo il match, forse, troppo frustrante da disputare, complici anche alcune delle condizioni dettate dai già citati bonus/malus. Un peccato, in verità, che però troverà sicuramente un suo bilanciamento in futuro e che andrà a rendere la modalità ancora più interessante, soprattutto visto e considerato che i progressi fatti in termini di livello ed equipaggiamento, sono condivisi sia nell’arcade che negli scontri PVP, rendendola a conti fatti un ottima prova del fuoco per tutti i neofiti appena usciti dalle sessioni di allenamento.
La fine del viaggio
Ed è così che siamo giunti alla fine del nostro viaggio, un viaggio fatto di alti e bassi, di successi e sconfitte, ma senza dubbio un viaggio entusiasmante per tutti coloro che hanno deciso d’iniziarlo e non si sono, ancora, fermati.
Quali siano, ora come ora, i piani di Ubisoft per il futuro di For Honor, non possiamo saperlo. Senza dubbio il feedback costante ricevuto dai giocatori, relativo alle modalità di gioco o ai nuovi eroi introdotti, servirà a gettare le basi per i prossimi aggiornamenti, ma per averne la certezza e, soprattutto, scoprire se vi saranno nuovi eroi in arrivo – magari per portare anche il roster dei Wu Lin a 6 classi – o se qualche altro personaggio sarà completamente rielaborato, non ci resta che attendere e vedere cosa accadrà. Magari con la silenziosa speranza che i Vichinghi non si portino a casa anche questa stagione…
Verdetto
Marching Fire rappresenta l’ultima tappa di un viaggio che dura da quasi due anni, quello compiuto da For Honor, dal team di Ubisoft e dall’intera community del gioco. Con l’introduzione della fazione dei Wu Lin – e i relativi eroi – la modalità PVP Assalto e gli scontri PVE offerti dalla modalità Arcade, è stata data una bella svecchiata e snellita anche ai menù di gioco, rendendoli più intuitivi e di facile accesso, soprattutto per i neofiti. Lodevole anche il lavoro svolto sul comparto grafico, migliorato sia nelle texture che nell’illuminazione, che va a rendere l’intera ambientazione molto più realistica che in passato. Purtroppo alcune pecche, riguardanti soprattutto la nuova modalità PVE e alcune caratteristiche dei nuovi eroi, necessitano di essere riviste e sicuramente saranno le basi sulle quali edificare i prossimi aggiornamenti. Una cosa è chiara e il team canadese, con Marching Fire, l’ha voluto ribadire una volta per tutte: il viaggio di For Honor non è giunto alla fine, anzi, tutto l’opposto e noi, da giocatori, non possiamo far altro che sperare che sia così.