Uno spettacolo inumano
Marvel’s Inhumans è una serie morta in partenza. O almeno questa sembra essere l’impressione generale leggendo le critiche dello show. Per tante, troppe ragioni. Una qualità tutto sommato mediocre, uno scarso tempismo nella messa in onda e nella collocazione nel MCU, un progetto rimandato, retrocesso e riscritto troppe volte per poter essere ancora godibile.
Ma sarà davvero così?
La storia ci insegna a non giudicare prima di aver visto. Il problema, con una serie Marvel, è tuttavia diverso. Per i lettori di fumetti è sempre difficile essere obiettivi nei confronti di un serial ispirato a personaggi che si conoscono praticamente da tutta la vita; figurarsi quando la critica non ha fatto altro che impallinare il progetto con una pioggia di recensioni negative (il portale Rotten Tomatoes, nella sua imparzialità, ricorda che solo un 7% della critica specializzata è stato generoso nei confronti di questo show).
Ed eccoci qui: con la mente piena di dubbi, affollata di domande e paure e, ahinoi, di pregiudizi dovuti al bombardamento mediatico subito da una serie che, nonostante tutto, era attesa. Forse troppo, considerato che non fa niente per nascondere di essere arrivata in ritardo di almeno due anni. Questa catena di eventi implica immediatamente il cambiamento della domanda fondamentale relativa alla recensione dello show.
Non possiamo domandarci più “Com’è Marvel Inhumans?” e siamo costretti a chiederci “Marvel’s Inhumans fa davvero schifo come hanno detto tutti?”.
Purtroppo la risposta è sì. Marvel’s Inhumans è un brutto show. Ma non tanto per quello che ci si potrebbe aspettare nella critica di un lettore di fumetti, ovvero una trasposizione fatta male dei personaggi amati. I problemi sono altri: un cast (spesso) non all’altezza, idee trite e altre più valide sfruttate malissimo, il tutto condito da costumi ed effetti pacchiani. Se a questo aggiungiamo la fortissima impressione di assistere a questo show con un colpevole ritardo, siamo costretti a bocciare gli Inumani.
Ma basta per farne una serie inguardabile a tutto tondo? La risposta a questa domanda è meno scontata. Non ci troviamo di fronte a una serie orribile sotto ogni punto di vista. Se si vuole guardare Inhumans senza la pretesa di essere di fronte a uno show parte del MCU (quindi di qualcosa di più vasto e, concedeteci questo termine, di ampio respiro), consapevoli di trovarci dinanzi ad una sorta di “b movie”, potremmo anche tollerarne la visione. Può essere benissimo considerato come uno dei tanti prodotti “usa e getta” che ogni tanto vengono proposti. Il problema è che Inhumans sembrava avere la pretesa di essere qualcosa in più. Senza fare nulla per esserlo.
Un gioco del trono targato Marvel?
L’impressione è che il tentativo con Marvel’s Inhumans sia stato quello, nemmeno troppo velato, di realizzare una serie TV basata su complotti politici, “giochi del trono” e tradimenti in seno alla famiglia reale di una società a caste consolidata su tradizioni che ne frenano ogni possibile sviluppo.
Quando inizia la storia degli Inumani, Attilan è già sulla Luna. L’esodo di una buona parte del popolo Inumano è avvenuto da secoli, forse millenni, causando uno scisma tra chi ha deciso di dirigersi ad Attilan per proseguire la tradizione e chi (come visto in Agents of S.H.I.E.L.D.) è rimasto sulla Terra.
Ed è proprio un’Inumana terrestre il primo personaggio che vediamo nello show. Braccata da uomini armati, viene soccorsa da Triton, vecchia conoscenza dei lettori e membro della famiglia reale, che cerca di portarla in salvo. Le cose non vanno bene e, mentre la giovane Inumana resta uccisa, di Triton si perde ogni traccia.
Quando la scena si sposta su Attilan non ci vuole molto per avere un quadro della situazione: una società al collasso, con una popolazione che non può più essere sostenuta e dove i ceti più bassi sono costretti ai lavori peggiori solo in virtù del risultato della Terrigenesi. Ai possessori dei poteri più grandi sono assegnati gli incarichi migliori, mentre le caste più basse sono quelle che non hanno ottenuto benefici dall’esposizione delle Nebbie Terrigene al passaggio alla maggiore età.
Insomma, siamo di fronte a quella che potrebbe avere davvero le premesse di una serie distopica, dove si scontrano due pareri agli antipodi, quello di Freccia Nera, più riflessivo e tradizionalista, che cerca di mantenere l’equilibrio del proprio popolo, e quello di suo fratello Maximus, desideroso di invadere la Terra per poter dare un futuro alla sua “specie”. Questo, alla fine, porterà a un golpe del secondo, con la successiva fuga dell’intera famiglia reale, costretta a riparare alle Hawaii.
La storia di un colpo di stato “in salsa Marvel” non sarebbe neppure male, se gli sviluppi non si tingessero immediatamente di banalità, cercando una direzione che, per quanto annunciata, mostra un flusso fin troppo lineare, privo di plot-twist e scossoni capaci di far trasalire lo spettatore.
Quello che avvilisce di questo Inhumans è la prevedibilità. E, badate bene, non si parla di quel tipo di prevedibilità dovuta a una trasposizione pedissequa del fumetto, quanto a una serie di scelte scontate al punto da far sorridere. O piangere. A voi la scelta.
Il problema principale non è solo questo, ma la generale sensazione che si potesse fare molto di più col materiale a disposizione. Abbiamo un’ambientazione futuristica, con una società allo stremo, basata su un sistema a caste antiquato e causa di disparità, dove il popolo lotta per mantenersi in vita con le poche risorse rimaste, mentre al vertice la famiglia reale e le classi dominanti mantengono il totale controllo, vivendo in una condizione agiata (e spensierata, se guardiamo Crystal).
Anche volendo concentrarti sulla questione politica, scegliendo ostinatamente di mettere in piedi una serie basata su sotterfugi, tradimenti e complotti, si poteva fare tutto in maniera migliore. Il serial poteva focalizzarsi sulla disparità delle caste di Attilan (dopotutto una rivolta delle classi inferiori è stato il motivo dell’introduzione degli Inumani nell’universo Marvel); poteva concentrarsi sulla scarsità delle risorse sulla Luna, facendo vedere gli Inumani macellarsi tra loro per produrre soylent verde. Si è scelta invece la strada banale.
E questo di sicuro è uno dei grandi problemi di Marvel’s Inhumans. Introduce argomenti interessanti, ma li lascia lì, sullo sfondo, a fare parte del paesaggio. Li avvista, li segnala, si avvicina e li circumnaviga senza mai scendere dalla sua nave per piazzarci sopra la propria bandiera. Uno spreco, considerato che molte sono le scelte di fotografia e scenografia che sembrano aiutare questa idea. Attilan appare come un grigio blocco di cemento con interni quasi minimalisti, dove anche gli ambienti che dovrebbero mostrarsi più sfarzosi sono in realtà spogli, freddi. Le zone destinate alle caste più basse sono sovrappopolate e le condizioni di lavoro nelle miniere insostenibili. Questo avrebbe aiutato moltissimo se si fosse presa un’altra strada. Persino i costumi dei membri della famiglia reale, fedelissimi al fumetto (troppo, in questo caso), al punto di sembrare kitsch visto quanto stonano con il resto dell’ambiente avrebbero potuto risaltare questa scelta.
Il cast, composto da attori non sempre all’altezza, non aiuta. Con le eccezioni dei due protagonisti, il Freccia Nera di Anson Mount e il Maximus di Rheon, gli altri attori sembrano pesci fuor d’acqua. La Medusa di Serinda Swan non brilla certo per la sua capacità espressiva, dimostrandosi in grado di mantenere sempre la stessa espressione in qualsiasi contesto: che sia una scena d’amore col marito, una sfuriata contro Maximus, una lotta per la propria vita o lo disperazione per una sconfitta, l’attrice non è mai realmente in grado di trasmettere emozioni allo spettatore.
Un po’ meglio, ma sotto altri punti di vista decisamente peggio, la Crystal di Isabelle Cornish. Quella che nei fumetti è stata la ragazza storica della Torcia Umana, la moglie di Quicksilver e l’amante di Sentry e del Cavaliere Nero, appare qui come una ragazzina viziata e insopportabile. Se l’idea era quella di rendere il personaggio antipatico “a pelle” lo scopo è stato raggiunto. Casi a parte, invece, il Gorgon di Eme Ikwuakor e il Karnak di Ken Leung (il Miles di Lost), i quali non sembrano aver mostrano molto dei propri personaggi, nonostante il considerevole spazio ricevuto.
Vanno spese molte più parole per parlare di Freccia Nera e di Maximus.
Il Freccia Nera di Mount è senza dubbio interessante. Di fronte al concreto di rischio di vedere un attore costretto a fare smorfie per quasi novanta minuti, Mount riesce a dare spessore al personaggio. Il sovrano di Attilan appare tuttavia come un personaggio sotto certi punti di vista contraddittorio. Da un lato sembra disposto a tutto per difendere il suo popolo. Non si fa scrupoli a mandare Triton a salvare altri Inumani sulla Terra per portarli ad Attilan, anche se questo corrisponde al rischio di compromettere ulteriormente una società già minata di suo. Sa che verrà il giorno in cui Attilan non potrà più ospitare gli Inumani, che prima o poi il suo popolo dovrà scendere sulla Terra e combattere con gli umani per la sopravvivenza, eppure ritarda quel momento. Comprendere queste scelte, apparentemente antitetiche, non è immediato. Il lettore di fumetti può intuire e, sotto certi punti di vista, apprezzare. Lo spettatore occasionale difficilmente resterà a lungo attaccato allo schermo, sopportando quello che sembra un atteggiamento ipocrita. Il problema maggiore del personaggio risiede in quella che è la sua caratteristica principale, ovvero la sua voce. Il potere di Freccia Nera è quello di poter alterare la materia con la sua voce, cosa che lo costringe al mutismo. Questo naturalmente impedisce al personaggio di avere una vera e propria interazione con gli altri. Non è sbagliato di per sé, anzi, ma quando hai un’ottima interpretazione costretta ad essere limitata da un handicap, dovresti riuscire a sopperire alla cosa con gli altri personaggi.
Maximus invece è fatto di chiaroscuri. Ci troviamo davanti a quello che è a tutti gli effetti un politicante populista, bravissimo a fomentare gli animi della gente sfruttando la loro condizione. Il problema è che, per il momento, Maximus sembra essere un personaggio abbastanza grigio, sotto tanti punti di vista. Assolutamente apprezzabile è il background che gli è stato dato. Eterno secondo, sia nelle linea di successione che nelle preferenze di Medusa, non sembra aver ottenuto alcun potere dalla Terrigenesi ed è per questo più vicino alle caste inferiori, quelle che come lui non hanno ottenuto poteri degni di nota o non hanno subito cambiamenti dalle Nebbie Terrrigene e sono costrette a lavorare nelle miniere, piuttosto che a una famiglia reale che sembra trattarlo con disprezzo. Il personaggio risulta molto complesso da analizzare. Se è evidente il tentativo di richiamare, con i suoi atteggiamenti, a una certa attitudine politica attuale, più difficile è chiedersi se questo lo stia trasformando in una macchietta o in un ritratto. La differenza è sottile, e solo seguendo il suo sviluppo si potrebbe cercare di comprenderlo meglio. E Iwan Rheon riesce a trasmettere tutta la complessità del personaggio. Forse, tra le premesse diffuse prima delle messa in onda, questa trasposizione di Maximus il Folle è davvero l’unica cosa che sembra mantenere le alte aspettative. È davvero un personaggio tridimensionale, sfaccettato, un cattivo che sembra comunque avere delle motivazioni solide dietro di sé.
Il problema è: bastano questi due personaggi a rendere godibile l’intero show? Difficile dire di sì: ci sono altri quattro membri della famiglia reale Inumana che azzoppano l’interesse generale.
I personaggi monodimensionali sono tanti, troppi. E questo colpisce duramente i dialoghi del serial, che si trasformano rapidamente in una palude da cui è faticoso uscire. Complice il fatto che, dei protagonisti, uno è muto e l’altro interagisce relativamente poco con gli altri, ci troviamo spesso di fronte a una serie imbarazzante di parole che finiscono per intontire lo spettatore.
Ultimissima nota dolente è la CGI. Gli effetti sono maldestri, eccessivi, soprattutto nella resa dei capelli prensili di Medusa che, in tutta sincerità, sono stati più motivo d’ilarità che di sconcerto. A questo si aggiunge Lockjaw: se Game of Thrones ci ha mostrato che è possibile realizzare dei lupi giganti con un limitato uso della computer grafica, Inhumans sembra non aver appreso questa lezione. Il risultato è che il cane da guardia della famiglia reale è cartoonesco. Adorabile, ma cartoonesco.
Troppo tardi?
L’impressione generale per questo Marvel’s Inhumans è quella di una serie arrivata con almeno due anni di ritardo. Inizialmente concepita come un film, gli Inumani sono poi stati tolti dai piani della “fase tre” dai Marvel Studios.
I motivi sono molti, e appartengono più alla sfera del pettegolezzo che a quella delle serie televisive. Resta il fatto che già dalla seconda stagione di Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D. gli Inumani sono diventati parte integrante del MCU.
Lo scopo, neppure troppo velato, era quello di sfruttare gli Inumani come fossero i Mutanti dell’universo cinematografico, affidare su di loro quei sentimenti di xenofobia diffusa che da sempre il popolino sullo sfondo della storie di Casa Marvel aveva proiettato su Wolverine e soci. E, sotto certi punti di vista, Agents of S.H.I.E.L.D. era riuscita a trasmettere tutto questo, avendo il suo culmine nella terza stagione dello show.
Risulta difficile perciò non pensare a quale effetto avrebbe potuto fare questo Marvel’s Inhumans se fosse stato collegato a una serie TV che, all’epoca, risultava ancora abbastanza fresca rispetto ai canoni stantii attuali.
Purtroppo, per poter rendere al meglio questo collegamento, si è aspettato troppo. Inhumans finisce così per essere un corpo estraneo all’interno del Marvel Cinematic Universe, incapace di inserirsi realmente nel suo contesto. Quasi fosse l’appendice di un’appendice.
In un’altra epoca, in altre circostanze, attendersi da questa serie dei crossover non solo con il mondo di Agents of S.H.I.E.L.D. ma anche con il microcosmo dei Guardiani della Galassia e, dato il contesto del MCU, con Thor e con Captain Marvel, sarebbe stato lecito e auspicabile. Avrebbe dato la sua collocazione originale agli Inumani, pur privandoli del loro universo narrativo originario, quello di quei Fantastici Quattro che così poca fortuna sembrano avere nelle loro trasposizioni cinematografiche.
A fronte del tentativo, al momento fallito, di dare risalto alla serie per i suoi temi, la scappatoia del crossover poteva essere una strada percorribile per donare un po’ d’interesse alla cosa. Due anni fa.
Cosa ci è piaciuto?
Le trasposizioni di Maximus e Freccia Nera che, pur essendo agli antipodi come idee e realizzazione, sembrano funzionare. Il primo è un personaggio completamente nuovo, sfaccettato e complesso, il secondo un’interessante reinterpretazione del re di Attilan dei fumetti. E Lockjaw. Abbiamo adorato Lockjaw.
Cosa non ci è piaciuto?
Troppe cose non funzionano. Da interpreti che non risultato all’altezza del loro ruolo, a personaggi assolutamente insopportabili come Crystal. La scelta di sfruttare poco quelli che potevano essere invece i temi portanti dello show, preferendo a un complesso scenario con implicazioni politiche e sociali quello più commerciale dell’intrigo per il trono. Per concludere con una CGI che spesso non sembra dare il meglio di sé.
Continueremo a guardarlo?
Questa volta dobbiamo rispondere di no. Sono poche le cose che hanno destato il nostro interesse all’interno della serie televisiva. Non si tratta di un serial capace di farci attendere con ansia la settimana successiva di messa in onda. Magari, a serie conclusa, quando avremo un paio di giorni da perdere, potrebbe essere un’alternativa ad altre attività.