Matrix: Pillola azzurra o pillola filosofica?
Nel 1999 ha preso vita un’eco. E da allora non si è mai spenta. Riverbera ancora nell’aria rarefatta dell’universo cinematografico. È il canto di Matrix, la cui potente voce ha cambiato radicalmente il modo di approcciare, vivere e percepire la settima arte.
Il 7 maggio di quel 1999 fatato, che di lì a poco avrebbe regalato anche Fight Club, le platee italiane si sono ritrovate dinanzi ad una scelta. L’aut-aut di Neo rifletteva nel cinema/specchio il desiderio dello spettatore di aprire finalmente gli occhi.
La pillola rossa era e sarà sempre una metafora di un cambiamento radicale della forma mentis di una collettività stanca della schiavitù delle illusioni, di una dimensione diventata pura finzione.
Il dilemma ontologico proposto in Matrix ha (ri)acceso un dibattito sino ad allora presente unicamente nei salotti elitari dei pensatori, sdoganando la ricerca e l’analisi del reale e regalandole connotati interclassisti. Il film degli allora fratelli Wachowski ha innescato la miccia di una rivoluzione che ha assunto diverse forme: tecnica, semantica, epistemologica.
Sono infatti innumerevoli i meriti di Matrix e, se il contributo dato in termini tecnologici e nell’ambito delle innovazioni negli effetti speciali (bullet time in primis) è assodato e ormai superato, un grande plauso va indirizzato alla volontà del film di incunearsi prepotentemente nell’ambito della riflessione filosofica.
I rapporti tra cinema e filosofia sino ad allora erano stati decisamente manchevoli: tralasciando pellicole dalla forte contaminazione religiosa, i temi cardine della filosofia non sono mai stati presi in considerazione, con la potenza con cui ha saputo affrontarli Matrix.
La capacità comunicativa delle Wachowski ha saputo tradurre con un linguaggio nuovo questioni antiche ed essenziali, proprie della filosofia classica e moderna. Questo nuovo modo di abbracciare antiche prospettive, inglobate e rielaborate nella cosiddetta “ipotesi della matrice”, dà il via ad un effetto domino che esercita una forte spinta al filosofare e il film non si limita a riproporre in maniera didascalica correnti di pensiero, ma li rielabora in una sua teoria che abbraccia diversi ambiti dello scibile umano.
Seppur ponendo ad un livello di agevole fruizione le sue idee cardine, gli spunti teoretici di Matrix sono stati ripresi frequentemente anche da illustri esponenti in ambito filosofico e scientifico: tra tutti Baudrillard, Clark, Chalmers, Dreyfus e Zizek. Questo sottolinea ancora una volta la potenza del film, che ha saputo risvegliare riflessioni e dibattiti ormai sopiti, oltre a rappresentare uno dei fenomeni commerciali e mediatici più importanti dell’ultimo decennio del secolo scorso.
La struttura concettuale teorica di Matrix osa e interseca una miriade di spunti catturati dalla filosofia: la ridefinizione in chiave metafisica della realtà; il rapporto dicotomico tra naturale e artificiale; la vita riformulata in chiave narrativa, tra sogno e illusione; il vissuto umano sussunto in termini computazionali e formali; la liberazione dal dominio dei sensi; gli spunti marxisti legati all’alienazione conseguenza dei rapporti capitalistici; il legame conflittuale tra mente e corpo; il tema dell’illusione perfetta; interrogarsi sul libero arbitrio in un mondo gestito da macchine. Sono solo alcune delle riflessioni gnoseologiche ed ontologiche che si mescolano in Matrix a più livelli, creando suggestioni ed echi mai spenti in trent’anni.
Per capire al meglio tutte le intuizioni filosofiche di Matrix occorre rintracciarne i veri fautori, quei filosofi le cui idee sono alla base dell’opera delle Wachowksi.
Matrix e la filosofia: la caverna platonica di Neo
Il fulcro di Matrix ruota attorno al confronto fra realtà vera e realtà fittizia, verità e menzogna: la visione del film di questa dicotomia è influenzata da Platone e dal suo mito della caverna. Possiamo infatti osservare Neo come il prigioniero che decide di lasciare la caverna generatrice di illusioni e finzione. Matrix però non è una riproposizione didascalica del mondo platonico delle idee, ma una sua riscrittura. Il tortuoso percorso che conduce Neo, dopo aver preso la pillola rossa, verso la conoscenza di come stanno realmente le cose, evoca apparentemente i gradi platonici della conoscenza.
Tuttavia in Platone, il mondo sensibile non è un mondo apparente, non è finzione. Se il mondo delle idee equivale alla realtà vera e perfetta, il mondo sensibile ne è un riflesso. Matrix è una normalità irreale, imperfezione macchiata di falsità.
Come il prigioniero della caverna Neo è inizialmente abbagliato dalla luce del sole e non riesce ad accettare la cruda verità, ma alla fine ne comprende l’essenza e decide di tornare all’interno della caverna/Matrix per aiutare gli altri uomini a comprendere la verità. Nel compiere questo, l’uomo-filosofo/Neo può essere ostacolato e ucciso, da coloro che non vogliono accettare la realtà, poiché questa potrebbe comprometterne totalmente lo stile di vita perpetuato sino ad allora. Se per Platone l’ostacolo è rappresentato dall’umanità pigra e ancorata alle proprie certezze fittizie, in Matrix veste i panni di Cypher, che pur di rimanere nell’appagante ignoranza, svela i piani di Neo e Morpheus alle intelligenze artificiali.
Matrix e la filosofia: il velo di Maya
Il totale contrasto tra il mondo reale e Matrix, è un chiaro rimando a Schopenhauer e la sua opposizione tra il mondo della rappresentazione e dell’illusione, il “velo di Maya”, e la verità nascosta dietro la rappresentazione. Il mondo sensibile, per Schopenhauer e in Matrix, non è altro che una realtà illusoria che nasconde la vera realtà. La verità che si cela dietro il mondo della nostra esperienza sensibile è una verità spietata e crudele, esattamente come il mondo reale che Neo scopre, in cui le macchine dominano sugli umani e li sfruttano per sopravvivere.
I singoli uomini hanno valore solo in quanto mezzi utilizzati per garantire la continuità della specie delle macchine. La Volontà, il cieco impulso di vivere di cui parla il filosofo è esattamente l’istinto di sopravvivenza delle macchine: così come la Volontà, hanno un unico scopo: riprodurre se stesse. La vita che perpetua se stessa e inganna gli esseri viventi. È a questo che serve Matrix, il motivo per cui esiste un doppio della realtà. In Schopenhauer e nel film delle Wachowski è dunque presente la concezione negativa del mondo celato dall’apparenza.
Per Schopenahuer le vie di liberazione dal dolore passano attraverso persone eccezionali, geni e santi, l’arte, l’etica della pietà e l’ascesi. Neo incarna tutto questo: compatisce Morpheus, partecipa alla sofferenza degli altri uomini presenti nel mondo reale, ama Trinity. Infine l’ascesi, nel finale del film, che riassume il pensiero del filosofo: poter compiere imprese grazie alla consapevolezza, alla fiducia e alla piena conoscenza di sé.
Matrix e la filosofia: il reale e la scelta
Le Wachowski hanno il merito poi di riattualizzare il problema ontologico del “reale”. Proprio il dibattito legato al reale e il dubbio legato alla sua esistenza pongono nello stesso tavolo di dibattito Matrix e Cartesio.
Il filosofo traslò nel dubbio ogni settore della conoscenza tradizionale, al punto di dubitare addirittura della propria esistenza. Anche Neo è obbligato a mettere in dubbio ogni cosa per prendere atto della propria esistenza come soggetto pensante; proprio il fatto di esistere come soggetto pensante è l’unica verità certa di cui egli disponga in partenza. Esattamente come il “Cogito, ergo sum” di Cartesio: il pensiero e la razionale coscienza di sé come realtà pensante diventano l’unica cosa in grado di giustificare la propria esistenza.
Il dubbio insito in Neo rispecchia in tutto e per tutto quello del filosofo francese: è un dubbio che porterà alla conoscenza della verità. Il protagonista di Matrix, proprio grazie a questo dubbio del reale, prende atto della propria esistenza, della vera essenza delle cose e del compito che deve assolvere in quanto Eletto: liberare l’umanità dalla tirannia mistificante di Matrix.
In Matrix torna poi il tema della scelta, ben sviluppato e analizzato da Kierkegaard, che approfondì in particolar modo il legame tra libertà e possibilità. Per il filosofo l’elemento al centro della filosofia doveva essere l’individuo singolo, capace di scegliere tra diverse possibilità lungo la sua esistenza. In Matrix Neo è costantemente davanti a delle scelte.
Scegliere o non scegliere? Pillola rossa o pillola blu? Il protagonista sceglie, supera l’angoscia derivata dalla vertigine della libertà. Ma il concetto di scelta si palesa quando si scopre che Neo è l’Eletto. Effettua scelte o tutto è predefinito, in quanto lui è il Predestinato? Quanto la sua capacità decisionale è limitata dal suo essere Eletto?
Domande. Si osserva un film per cercare risposte, certezze, e si finisce per creare ancora più punti interrogativi. È questo il fascino che renderà Matrix immortale. Perché il dubbio, la curiosità, la voglia di indagare sul mondo e sul proprio Io sono gli input che ci fanno osservare il vero mondo oltre l’illusione.