Nightmare Alley – La fiera delle illusioni, nuovo film di Guillermo del Toro, esplora la bestiale natura dell’animo umano
ossiamo affermare che Guillermo del Toro abbia una strana fascinazione per le bestie. Il suo ultimo film da regista, prima di Nightmare Alley – La fiera delle illusioni fu proprio La forma dell’acqua, ambientato negli anni ’60, in piena Guerra Fredda (meglio evitare di parlarne, a proposito), in cui ci lasciò ammirare quella strana creatura, un umanoide anfibio catturato e posto in catene in un laboratorio governativo americano.
Adesso del Toro fa un passo indietro di oltre 20 anni, restando in America ma in un contesto totalmente diverso, eppure ci parla ancora di “bestie”.
La differenza è che stavolta la bestia è ben più umana dell’anfibio di cui si innamorò l’Elisa di Sally Hawkins, ed ha a che fare con gli aspetti più disdicevoli della nostra natura, con la nostra capacità di disumanizzare l’individuo, renderlo schiavo per i nostri biechi scopi, portarlo a un portarlo di non ritorno, farlo diventare – appunto – un Uomo Bestia. Ma soprattutto con la nostra capacità di disumanizzare anche noi stessi.
Se torniamo ancora al 2018 e pensiamo a come La forma dell’acqua abbia sbancato letteralmente agli Oscar – con Guillermo del Toro che si portò a casa le statuette “miglior film” e “miglior regia” in uno degli anni recentemente più impronosticabili, in cui dovette battere la concorrenza di opere come Dunkirk; Tre manifesti a Ebbing, Missouri; L’ora più buia; Il filo nascosto e molti outsider -, ci sembra assurdo che Nightmare Alley venga considerato dai bookmaker semplicemente un numero atto a raggiungere la decina, vista la qualità generale obiettivamente minore rispetto a quattro anni fa.
Stavolta del Toro trae ispirazione da fonti tangibili, evitandosi quantomeno un’altra accusa di plagio, e riadatta il romanzo del ’46 di William Lindsay Gresham, peraltro già portato sullo schermo proprio l’anno successivo all’uscita del libro, da Edmund Golding.
La fiera delle illusioni del regista messicano vede Bradley Cooper nei panni di Stanton Carlisle, un truffatore di cui inizialmente sappiamo ben poco, se non che lo vediamo dar fuoco alla propria casa e prendere un pullman con pochi panni e oggetti ammassati in una piccola valigia.
Un po’ per caso, ma soprattutto per necessità, si unisce ad una compagnia di giostrai, facendosi pian piano benvolere dal boss Clem (Willem Dafoe), dalla chiaroveggente Zeena (Toni Collette) e l’alcolizzato marito Pete (David Strathairn), ma soprattutto dalla “collega” Molly (Rooney Mara), per cui Stan perde subito la testa.
Da Pete e Zena egli apprende le pericolose ma affascinanti arti del mentalismo, provando con Molly un numero basato su un codice linguistico apparentemente impeccabile, che riesce a imbrogliare le persone e a farle finire in questa torbida rete di inganni, su cui poi Stan gioca anche grazie alla sua capacità di saper guardare i dettagli, le peculiarità della gente, come il modo in cui una donna tiene una borsetta o una particolare camminata di un uomo.
Come il suo protagonista, del Toro si veste da mentalista provando a leggere nella nostra mente, regalandoci un’opera che sa che incanterà gli spettatori, che come quelli stregati dalle performance di Stan e Molly pagano il biglietto per prender parte a questa nuova fiera delle illusioni.
Dietro questo racconto di magia e illusionismo, il regista piazza una storia intensa, un neo noir ammaliante con vivide sfumature drammatiche e thrilleristiche che ci mostra come sia fragile l’animo umano, anche quello del più fermo individuo, che sembra sapersi autoregolare con dei rigidi “mai” e non cedere all’oscurità. Ma le dipendenze sono un terreno scivoloso in cui chiunque, se portato all’estremo, può cadere e finirne vittima, rendendo quella distanza così apparentemente lontana tra l’uomo e la bestia, più vicina che mai.
Stan fugge per tutto il film dalla sua natura mostruosa, ma la Nightmare Alley di del Toro è piena di insidie e i mostri sono creati dall’uomo, come sottoprodotti della bramosia e dell’avidità di un mondo dove il materialismo e i soldi si impossessano dell’individuo, dandogli l’illusione di raggiungere l’apice per poi cadere improvvisamente nell’oblio. Al contempo è affascinante vedere come le sfavillanti cromie carnevalesche e fieristiche lascino il passo al buio e a colori freddi, e ancora una sceneggiatura ricca di artifici prismatici e di magia – dove osa e lo fa bene Tamara Deverell – chiude con una pochezza di dettagli, con un uomo lasciato solo con le proprie scarpe bucate. Il tutto confezionato con la sontuosa colonna sonora di Nathan Johnson, che – pensate – è stato un rimpiazzo dopo il forfait di Alexandre Desplat.
Nightmare Alley – La fiera delle illusioni è un’opera affascinante che sa sedurre e ipnotizzare gli spettatori per circa 2 ore e trenta minuti, sfruttando un cast corale di esperti incantatori in cui, oltre ai già citati, figurano pure Cate Blanchett e Ron Perlman, ma soprattutto un’estetica attraente e trame e sottotrame che sanno conquistare.
Il circo Del Toro è tornato in città (e su Disney+), e non dovreste proprio farvelo scappare.