Dylan Dog 368: Il passo dell’angelo
Il lato malefico della danza…
Il mondo delle scarpette, dei tutù e dei massacranti allenamenti tra piroette e salti era stato poco toccato in questi trent’anni dal nostro Indagatore dell’Incubo preferito, come ci ricorda il curatore Roberto Recchioni nell’editoriale di questo mese. La creatura di Tiziano Sclavi si era più concentrata sulle “altre” attività che accadevano sul palcoscenico, scavando spesso nel rapporto ambivalente e metafisico che lega il teatro e i suoi protagonisti alla realtà. Poteva venire in mente solo ad un autore dal calibro di Gigi Simeoni l’idea di portare quel complesso e difficile mondo sulle pagine di Dylan Dog, scoprendo che gli spunti per una storia Horror non mancano…
All’interno del prestigiossisimo London Ballet School, scuola di Danza Classica rinomata a livello mondiale, fervono i preparativi per l’atteso saggio di fine anno. Le studentesse alternano lunghe sedute di studio ad altrettanto estenuanti allenamenti in palestra, nella speranza di riuscire ad imparare il difficilissimo “Volo dell’Angelo Ribelle“. Due ragazze faticano ad eseguirlo alla perfeziome, come richiesto dalla dura Mary Wilson, loro insegnante, e vengono escluse dall’evento clou della stagione. Le due vengono ritrovate il giorno dopo, morte, in un caso di apparente doppio suicidio. Ma non tutti sono così sicuri che le giovani si siano tolte la vita. Tra questi c’è Maggie, un’altra delle studentesse dell’istituto, che assume proprio Dylan Dog per aiutarla a svelare il mistero della sua scuola…
Gigi Simeoni è uno di quei fumettisti che non ha certo bisogno di presentazioni. Forse, è uno dei pochi che riesce ad alternarsi con la stessa bravura tra dimensione testuale e grafica delle storie. All’interno del rilancio dell’Indagatore dell’Incubo, lo abbiamo visto spesso dietro la tastiera a scrivere sceneggature godibili e mai banali, dove si concentrava soprattutto sul rapporto tra il nostro Old Boy e le nuove leve di Scotland Yard: Rania Rakim e l’ispettore Carpenter. Anche questo albo va in quella direzione e, anzi, rispetto ai predecessori compie un’ulteriore svolta, che potrebbe rivelarsi catastrofica all’interno delle dinamiche umane tra questi personaggi. Non è un caso dunque che Simeoni abbia voluto occuparsi delle tavole, che segna una metaforica vetta nel piccolo ciclo di trame di cui si è lui stesso occupato. Qui realizza un numero che conferma tutte le sue doti. I dialoghi sono brillanti, divertenti, prova di saper usare mostri sacri come Groucho e Dylan con una scioltezza che molti sognano. Dal punto di vista grafico, il “Sime” conferma la sua personale visione dell’inquilino di Craven Road e la sua passione per le figure femminili. Forse sul finale c’era bisogno di spiegare qualcosa di più, di non lasciare sospesi alcuni particolari (sebbene sia probabilmente una scelta voluta), ma questo è un ottimo albo di un autore sempre più centrale nella nuova vita editoriale di Dylan Dog.
Voto: 7.5
Dampyr 206: Il Dio del massacro
Un vecchio nemico torna ad incrociare la strada di Harlan…
Il giro di boa del numero 200 continua ad avere le sue cruciali conseguenze nella saga del Dampyro di Via Buonarroti, riportando in scena vecchi nemici e presentandoci un universo narrativo in perenne evoluzione, dove ogni tappa può costituire un nuovo punto di arrivo o una meta definitiva per alcuni dei suoi comprimari ricorrenti. Ciò che non è mai mancato è stato il grande respiro narrativo, che gli sceneggiatori e i disegnatori hanno coltivato nel tempo realizzando una serie che, per la sua coesione interna, non ha eguali in tutto il panorama Bonelliano. È in questo ricco contesto che si inserisce Il Dio del massacro, l’albo di questo mese.
Un giovane Harlan Draka, inconsapevole del suo futuro destino di cacciatore di vampiri, si concede una vacanza in Inghilterra nel 1964, in compagnia di alcuni amici e della sua fiamma dell’epoca: Wendy. I membri del gruppo si dirgono a Brighton, un paesello apparantemente tranquillo sulla costa inglese, ma rimangono coinvolti (anzi, partecipano volenterosi) in una furiosa rissa tra Mods e Rockers. Tra quest’ultimi spadroneggia un pericoloso individuo coperto da una casco da motociclista conosciuto come Clashgod. Anni dopo, ai giorni nostri, questo nome misterioso rimbomba tra le esplosioni e i morti della guerra tra russi e ucraini. Harlan, Tesla e Kurjak vengono reclutati da una loro vecchia conoscenza, Ringo Ravetch, per indagare. Troveranno sulla loro strada una congrega di combattenti stranieri, gli “Immortali“, che viene proprio da Brighton e il cui capo si chiamare come l’antico avversario del nostro eroe…
Quello di Giorgio Giusfredi (soggetto e sceneggiatura), Daniele Statella e Patrick Piazzalunga (entrambi ai disegni) è un bel numero veloce, con un buon ritmo, che non delude e non rinuncia alla possibilità di raccontarci anche dello spaccato della periferia inglese, vessata dai problemi del presente e dai richiami della Brexit. La vicenda è semplice e scorre velocemente, mancando forse di momenti veramente memorabili, ma costellata durante tutto lo sviluppo di piccole sequenze ben scritte e realizzate graficamente con chiarezza. Dunque, un albo che vale serenamente il prezzo del biglietto e che, oltre ai suoi oggettivi meriti, ha anche il pregio di riportare in scena un avversario di cui si sentiva la mancanza, nonostante la sua non lunghissima assenza, e che probabilmente rivedremo presto lottare contro Harlan e compagni.
Voto: 6.5
Martin Mystère – Le nuove avventure a colori 7: Dalla Terra alla Luna
Viaggio ai confini dell’impossibile per recuperare il senno di Valentina!
Settimo albo. Settima tappa di questo romanzo in full color HD targato Sergio Bonelli Editore basato sul personaggio di Alfredo Castelli, dopo i botti che ci ha riservato la sesta, Una voce dal futuro. La saga con protagonista il BGZM (Buon Giovane Zio Marty) sta rivelando, colpo di scena dopo colpo di scena, tutte le sue buone qualità e, dopo aver riportato in augue Sergej Orloff, il grande rivale del nostro Detective, si prepara a mettere i due insieme, in una corsa contro il tempo per salvare l’intero genere umano…
Sopravvissuto alle sconvolgenti scoperte sul suo passato e dall’avventura che l’ha messo in contatto col suo io del futuro, Martin Mystère affronta una non facile convalescenza dopo l’esposione del camion dei rifiuti che ha rischiato di ucciderlo. Il nostro, per far perdere le sue tracce agli Uomini in Nero, finge la sua morte, nascondendo le sue condizioni di salute perfino ai vecchi amici, come Max e Arianna. Ma qualcuno in effetti è a conoscenza del suo reale stato. Si tratta di Sergej Orloff, suo vecchio socio e compagno all’università, con cui ha da anni un travagliato rapporto. I due dovranno mettere a tacere le loro differenze per unire le forze, così da scongiurare un’ancora sconosciuta minaccia a livello globale. E, per farlo, cercheranno di restituire alla blogger dei misteri, Valentina Ventura, la sua memoria perduta!
Questo settimo capitolo continua sulla magnifica strada imboccata dai suoi predecessori, senza mai perdere neanche per un secondo il timone e continuando a guidare il lettore in un immaginario così familiare e, insieme, così diverso rispetto a quello del Martin classico. La trama cresce, si sviluppa pagina dopo pagina e gli albi che verranno si annunciano ricchi di straordinarie e inattese rivelazioni. Perfino questo attimo di “pausa”, in cui si vivono avventure leggermente autonome, nascondono particolari, dettagli, rimandi che legano ancora di più la stretta storia di questa serie. La qualità del lavoro dei Mysteriani ormai non fa più notizia, come, del resto, la bellezza del comparto grafico, dove i disegni questa volta spettano a Luca Maresca, con i colori di Elisa Sguanci e Daniele Rudoni, il copertinista della testata. Le ambientazioni italiane continuano a rappresentare un punto di forza, senza contare i dialoghi frizzanti, dinamici che vedono interagire personaggi di spessore all’interno di indagini ai limiti del surreale, dove, come da buona tradizione mysteriana, il riferimento colto e intellettuale è sempre dietro l’angolo.
Voto: 7.5
Dylan Dog Color Fest 21: Lo Scuotibare
A Londra è tempo di riesumazioni…
La nuova formula trimestrale del Color Fest, voluta dal curatore Roberto Recchioni, si è rivelata particolarmente azzeccata per variare il parco delle storie offerte nel corso dell’anno, alternando la serie regole, gli speciali, gli Old Boy ai numeri colorati della testata che, a seconda dell’occasione, ospita storie di diverse lunghezza. Questo mese, esattamente come accaduto 365 giorni fa con Baba Yaga del duo Barbato / Saudelli, esce un’altro racconto di 95 pagine, intitolato Lo Scuotibare.
Durante una notta qualsiasi, simile a centinaia di altre, un uomo dall’atteggiamento distinto, ben vestito e con un particolare bastone alla cui estremità si trova un teschio, esce dalla porta della sua casa. Si inoltra per le strade della città, fino a raggiungere un appartato cimitero. L’individuo si accende una sigaretta e conversa amabilmente col cadavere resuscitato di una donna aristocratica, mentre tira una bastona in testa ad un altro zombie uscito dalla tomba. Mentre i due chiacchierano come vecchi amici, un malore coglie l’uomo alla sprovvista, che si accascia morto. Il giorno dopo, il binario della metropolitana londinese viene letteramente sommerso dai resti irriconoscibili di migliaia di cadaveri, che fanno deragliare un vagone, uccidendo autista e passeggeri. Nel frattempo, l’intera città sembra scossa nelle fondamenta, come se fosse sul punto di crollare su se stessa. E alla porta di Dylan si presenta Alexandra Hudson, una giovane anatomopatologa che chiede al nostro indagatore di fare delle ricerche su suo nonno, da poco deceduto, chiedendogli di approfondire il significato delle parole scritte su un vecchio taccuino.
Il Color Fest sbaglia raramente, almeno per quanto riguarda il piano della resa grafica, mentre dal punto di vista testuale non è sempre ineccepibile, come capitato sul numero di febbraio. Qui, invece, forse anche per merito dell’ampio spazio delle canoniche (e qualcosina in più…) 94 pagine, il lavoro di Giovanni Masi e Giorgio Pontrelli risulta convincente su entrambi i fronti. Lo sceneggiatore orchestra una vicenda semplice, non particolarmente nuova all’interno della saga dylaniata, ma scritta in una maniera elettrica, spumeggiante, alternando dialoghi superbi a scene di un Groucho in versione tempi d’oro e battaglie contro gli scheletri a monologhi surreali. Il disegnatore, che abbiamo visto agire spesso dalle parti di Craven Road, col suo tratto metafisico illustra magistralmente la storia, esaltandosi grazie a magnifiche splash page e scene al limite della realtà. Sergio Algozzino, ormai colorista della testata in pianta stabile, utilizza forti contrasti, colori brillanti e sfumature raffinate. Insieme, tutti questi approcci fanno del Color Fest di maggio un albo uscito dalle migliori correnti del fumetto moderno, proponendo qualcosa di diverso e mantenendo i piedi ben ancorati alla tradizione, incorniciato dall’umoristica e inquietante copertina di Giulio Rincione.
Voto: 7.5
Tex 679: Gli Incappucciati del Clan
Arriva alla fine la storia di Jethro, di Tex e Glenn Corbett…
Certi Tex hanno il sapore speciale di un racconto d’altri tempi, un’era ormai dimenticata dallo scorrere del tempo dove c’era ancora spazio per ideali immortali come eroismo, amicizia disinteressata e il desiderio di fare del mondo un posto migliore. Il Ranger ha spesso narrato storie di questo tipo, storie in cui il sacrificio e la volontà di anche solo un uomo onesto poteva fare la differeza, storie che brillavano di umanità nel senso totale del termine. È questo che ci ricordano con l’uscita di maggio Mauro Boselli e Corrado Mastantuono, seguito diretto di Jethro! pubblicato ad aprile.
Jethro attende col figlio Alex l’arrivo degli uomini di Isaac Crane, che vogliono ucciderlo e rubargli la terra. Per ingannare l’attesa, il primo racconta al giovane quella che da bambino era la sua storia preferita, ovvero di quando suo padre, Tex Willer e Glenn Corbett, gli eroi di Fort Quitman, si recarono a Forestville, nel profondo sud, per aiutare Jethro a ottenere giustizia. Purtroppo, in quei luoghi la situazione sembra non essere cambiata, dopo la Guerra Civile. I neri lavorono ancora nelle piantagioni di cotone ridotti in schiavitù, i Klansmen incappucciati spadroneggiano impunemente, pronti ad uccidere qualunque uomo di colore che abbia il coraggio di alzare la testa e la ricchezza è in mano a pochi, potenti proprietari terrieri. Toccherà ai nostri eroi portare la giustizia in quella cittadina, a suon di colt.
Mauro Boselli è un maestro della narrazione d’ogni tempo, capace di comunicare e scrivere attraverso i registri più diversi. Ma è evidente che per un certo tipo di epica, quella western del personaggio di cui è il curatore, prova un’attrazione particolare, un amore potente quanto antico verso alcuni modi di raccontare che la modernità ha un po’ perso. Questo numero di Tex sembra infatti appartenere di diritto a quella tipologia di storie, fatte di discorsi epici, dialoghi intarsiati di linguaggi letterari e potenti, forza di volontà, senso di giustizia e, sopratutto, umanità, quel sentimento di empatia che ti spinge, senza ricevere nulla in cambio, a consacrare ogni sforzo per aiutare qualcuno, una persona stimata o, semplicemente, un amico. Ed ecco un altro dei grandi temi della poetica boselliana: l’amicizia. Intesa, però, non nell’accezione contemporanea quanto specialmente in quella di qualche decennio fa: come il rapporto inscindibile che lega due o più compagni, disposti a tutto pur di correre in aiuto dell’altro. Tutto questo, reso graficamente da un Corrado Mastantuono superbo in ogni dettaglio, le cui scene sono un perfetto insieme di tutti gli elementi scritti sopra e impastati dallo sceneggiatore. Una grande storia in due parti, questa di Jethro, che ci riporta ai fasti dell’epica calata nelle atmosfere americane del profondo sud.
Voto: 8
Le Storie 56: Ix B’alaam
Corsari ottocentestichi e antichi Maya
In effetti, mancavano solo loro. Di chi stiamo parlando? Ma degli indigeni precolombiani che, prima dell’arrivo del celebre navigatore genovese, aveva costruito nel Centro America una civiltà misteriosa e complessa. Ci riferiamo ai Maya, popolazione tra le più evolute del Nuovo Mondo, funestamente diventata sempre più famosa ai giorni nostri per quisquilie dovute al suo calendario astronomico. Tuttavia, si tratta di una società antica tra le più intriganti e di cui ancora si sa relativamente poco, che non poteva mancare al vasto mosaico delle Storie. La serie antologica Bonelli, infatti, ci ha portato (e ci porterà) in tutti gli angoli del globo e in tutte le ere, ma questo particolare campo ancora mancava. A guidarci, ci hanno pensato Andrea Voglino e Stefano Landini.
1957. Nella foresta pluviale di Tierras Bajas, nei pressi di Campeche, nel Messico sud-orientale, il Professor Scott e il suo team sono i responsabili dello straordinario ritrovamento di una piramide mortuaria Maya, simile a quello compiuto cinque anni prima dall’equipe di Alberto Ruz Lhuiller a Palenque. Ma il vetusto edificio, paradossalmente, viene messo in secondo piano dal contenuto ancora più stupefacente della sua cripta: un cadavere. Non si tratta dei resti di un uomo qualsiasi, ma quelli di un pirata con la benda sull’occhio sinistro risalente ad almeno 150 anni prima! In seguito a questa bizzarra scoperta, un uomo contatta la redazione di Unsolved Mysteries, affermando di avere una storia interessante da raccontare a riguardo. E per Gorman, squattrinato reporter, sarà l’inizio di un intrigante racconto con protagonista un corsaro e il suo prigioniero di guerra…
Non è mai facile costruire una storia innovativa, specialmente all’interno di un panorama vasto come quello bonelliano, dove nei decenni si è scritto praticamente di tutto. Andrea Voglino è uno sceneggiatore navigato e di questo è ben consapevole. Non ha caso, più che puntare sull’effetto novità decide di mettere insieme diverse tendenze dell’avventura d’ogni tempo, dai personaggi caratteristici alle grandi battaglie, passando per la giungla e il mistero, attraverso un uso sapiente di elementi noti e meno noti. Il risultato è un lavoro fresco ma non troppo, capace di risultare avvincente nello svolgimento della trama piuttosto che per le trovate in sé. Ad accompagnarlo, c’è uno Stefano Landini in grande spolvero, che qui sceglie un bianco e nero dai contorni chiari, sfruttando un taglio molto dinamico in grado di ritrarre senza impallidire velieri ottocenteschi e piramidi Maya senza vacillare neanche per un istante.
Voto: 7
Dragonero 48: Le ali dell’Erondar
Intrigo a Roccabruna…
“Vola” ad ali spiegate verso il numero 50 la creatura di Luca Enoch e Stefano Vietti, numero che, eccezionalmente, sarà a colori. Il fatto di non riservare alla terza cifra la celebrazione colorata è un’ulteriore conferma di come questa serie stia guadagnando sempre più consensi e attenzione, nonché apprezzamenti, ottenendo quasi sempre lo scettro della migliore pubblicazione bonelliana mensile e macinando costantemente lettori. Infatti, se la crisi del mercato è dilagante e viene considerato un successo avere emorragie di compratori contenute o assenti, Dragonero va controtendenza ed è addirittura in crescita. Risultato che non stupisce più di tanto, vista l’immensa qualità di questo prodotto che non fa altro che aumentare, esponenzialmente, albo dopo albo. Quello di questo mese è Le ali dell’Erondar, scritto da Luca Enoch e disegnato in tandem da Luca Malisan e Riccardo Crosa.
Le Viverne costituiscono uno dei punti di forza dell’esercito dell’Impero, che grazie a quelle creature e ai loro cavalieri, i Dragonieri, riesce a mantenere saldo il dominio dei cieli. Non a caso, l’allevamento di questi volatili di così grande importanza avviene nella fortezza di Roccabruna, dove vengono osservate delle regole ferree per quanto riguarda la loro gestione. Le Madri, che producono le uova, sono tenute addormentate affinché non possano fuggire e i Custodi si occupano di fare in modo che il ritmo di covata sia estramente alto. L’importanza delle Viverne è tale che i piccoli nascono sterili, affinché l’Impero possa mantenerne il controllo. Ma una notte alcune uova spariscono e le alte sfere decidono di far intervenire un ex allievo: il capitano Ian Aranill.
Questa di Maggio è la parte iniziale di una storia in due puntate che, come al solito, si preannuncia davvero intrigante. Dragonero non è nuovo a questo genere di soluzioni, ma rispetto al passato l’abilità nel costruire tutti gli elementi del primo è nettamente migliorata. Luca Enoch orchestra alla grandissima elementi gustosi, alternando scene divertenti a dialoghi interessanti, sequenze dove lasciare libero l’immenso talento di Luca Malisan, che stupisce con fenomenali spash page e perizia nei dettagli. In tutto questo, lo sceneggiatore trova anche lo spazio per inserire l’ennesimo flashback sul giovane Ian, che negli ultimi mesi ha avuto sempre più importanza all’interno delle storie. Il che ha perfettamente senso, in attesa della serie sulle versioni bambine dei nostri eroi, prevista per l’autunno prossimo.
Voto: 7
Orfani Sam 2: Stella cadente
Un importante ritorno si mette sulle tracce di Perseo e Andromeda…
Secondo tempo per l’ultimo atto della creatura di Roberto Recchioni e Emiliano Mammucari. Arrivata al finale, la prima serie totamente a colori di Sergio Bonelli Editore si prepara a raccogliere tutte le trame ancora aperte e a riunire i personaggi sopravvissuti dopo il doppio intermezzo dedicato alla Juric e ai superstiti terrestri. Adesso, è il momento di approfondire la nostra conoscenza con un personaggio che nell’episodio conclusivo della terza stagione non è passato inosservato: Ringo, il clone del Pistolero che la presidentessa di Nuovo Mondo teneva in ghiaccio sulla Terra in attesa di richiamarlo al suo servizio. Sicuramente, avrà un ruolo centrale all’interno della trama strutturata sui dodici numeri che ci terranno compagnia da qui fino all’aprile del 2018.
Su Itaca, come gli abitanti hanno ribattezzato la propria colonia, i contrasti tra il governatore Garland e il generale Petrov continuano ad acuirsi, accentuando le loro differenze e mettendoli, inevitabilmente, sempre di più l’uno contro l’altro. Nel frattempo, Ringo viene inviato sulla Luna, occupata dai “rivoluzionari” capitanati da Cesar, per scoprire dove si trovano Perseo e Andromeda. Ma la situazione è instabile, pronta ad esplodere in qualunque momento, e un incedere drammatico degli eventi costringerà il clone del Pistolero ad una roccambolesca fuga attraverso l’atmosfera e la giungla.
Roberto Recchioni aveva sparato questo colpo in canna quasi all’improvviso, inaspettatamente, cambiando le carte in tavola sul finale della terza stagione, catapultando nell’azione la copia del suo più celebre protagonista. Nonostante la testata abbia ospitato diverse figure memorabili, è indubbio che Ringo sia stato, per forza di cose, la più importante di tutte. E non a caso ritorna, anche se sotto identità e carattere diversi, per quest’ultima stagione, entrando nel vivo della trama con un compito mica da ridere: dare la caccia a Sam e ai bambini. Recchioni, coadiuvato dall’apporto di Michele Monteleone, fa capire con questo numero, dando spazio alla new entry, che questo duello a distanza tra la Mocciosa e Ringo “bis” sarà la chiave di volta della storia, mostrandoci fin da subito di che pasta è fatto il secondo, in caso qualcuno avesse bisogno di un ripasso. Confermando l’ottima tendenza riscontrata nel primo numero, anche qui troviamo diverse sequenze spettacolari che stupiscono per il ritmo indiavolato e la bellezza della composizione, oltre a disegni bellissimi e dinamici che rendono alla grande tutte le ambientazioni, dalla superficie lunare ai grattacieli. Merito di un team creativo sempre di altissimo livello, spalmato con sapienza tra le varie scene, realizzate da Davide Gianfelice, Daniele di Nicuolo, Jacopo Starace e colorate da Giovanna Niro.