Serpenti a cavallo e capre volanti
Ok, l’E3 è passato e tutti i super affezionatissimi di Kojima, hanno finalmente potuto vedere qualcosa di nuovo su Metal Gear Solid V: The Phantom Pain (MGSV d’ora in avanti). Mettiamo un attimo da parte il trailer, montato appositamente per far salire l’acquolina a tutti quelli che non vedono l’ora di scoprire quale nuovo complesso e intrigante plot abbia messo in piedi papà Hideo, e vediamo piuttosto di analizzare un po’ di ciccia.
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Il gameplay mostrato per tener alto il fattore hype durante la fiera è stato, da una certa prospettiva, sia generoso che avaro al tempo stesso. Sì, abbiamo visto un po’ di belle cosine, ma la location mostrata è sempre quella prateria tra le valli che fa molto Red Dead Redemption (almeno tanto quanto Big Boss al galoppo). Oh beh, bando ai piagnistei: setting, background, location e storia sono moltissimo dell’anima di Metal Gear, ma è anche giusto non svelarne più di tanto finora, se no poi che lo giochiamo a fare? Niente cronache minuto per minuto di un filmato che potete vedere tutti online, cerchiamo piuttosto di unire un po’ di puntini per farci un’idea di che cavolo sarà sto Phantom Pain. In breve? Pigliate la demo più costosa della storia: Ground Zero, fatelo lievitare finché non diventa 100, 200, 300 volte più grande a seconda della ricetta (o delle dichiarazioni), buttateci una manciata di Peace Walker (beh, una manciata bella consistente), un pizzichino di Open World assortiti (giusto un pelo però, che non rovinino la delicatezza del piatto finale), fate inpastare tutto a Chef Kojima ed ecco che, qualunque cosa venga fuori, ha lo stesso sapore che ci ha lasciato questo assaggino di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain. Big Boss saluta l’amico (?) Revolver Ocelot e comincia cosi la sua galoppata dimostrativa a 60 fps, il tutto senza soluzione di continuità tra il filmato e la nostra presa di controllo sull’azione: non male come inizio. L’orizzonte vasto quanto ci aspetteremo, rivela una resa grafica di prim’ordine in cui tutto è ultra definito e la pulizia generale si vede e si sente. Certo, parliamo sempre di una cavolo di steppaccia con un po’ di catapecchie, baracche ed erbacce, quindi, un poco ti piace vincere facile eh Koji, ponci, ponci, po, po, po!
Vecchie abitudini
No dai, apparte gli scherzi, quello che si è visto è caruccio forte, soprattutto considerandone le variabili climatiche, la stabilità del frame rate, e probabilmente tecnicamente brillerà anche in molti altri elementi e location ancora non svelate dal gioco. Non vedo perché essere pessimisti da questo punto di vista. Insomma, marchiati tutti i nemici visibili con il binocolo, meccanica che deriva direttamente dalle novità introdotte da Ground Zero per il nuovo corso della serie, è tempo d’azione. Potete disporre degli avversari come sempre avete fatto nella saga Solida: cogliendoli alle spalle e interrogandoli, tramortirli o ucciderli (oppure certo, levarvi di torno senza farvi notare). A queste manovre però si aggiunge il simpatico Fulton che i possessori di PSP conoscono bene. Vale a dire che ogni individuo sul campo, guardia nemica od ostaggio che sia, può essere issato su una specie di pallone aerostatico istantaneo che in un attimo spiccherà il volo. È possibile recuperare allo stesso modo anche veicoli, container e…capre(!!). In una sorta di “Gotta Catch’em all” è possibile a vostra descrizione fare piazza pulita di tutti gli elementi importati sul campo animati o meno che siano. Lo scopo? Ampliare e riportare in auge una delle meccaniche principali di Peace Walker: lo sviluppo delle risorse di Mother Base, ovvero il quartier generale di Big Boss, grazie al quale verranno sviluppate nuove armi e avrete a disposizione reclute, cibo e quant’altro.
Nel capitolo PSP, l’introduzione di questa features era interessante e per certi versi stimolante, ma si applicava poi in gioco con tutta una serie di operazioni e movimenti tra menù, un po’ troppo schematiche e statiche, uscendo un pochino dal leitmotiv ludico della serie e spezzandone il ritmo per trasformarlo in una specie di strategico all’acqua di rose mordi e fuggi con sparuti momenti arcade (di primissima qualità però si intenda. Ottima formula su portatile, ma su console next-gen, come si svilupperà a conti fatti tutto ciò? Mi auguro in maniera molto più coinvolgente. Torniamo un attimo al classico gameplay d’infiltrazione che abbiamo perso per strada. Beh, innanzitutto, classico ma non troppo, e per fortuna! Vedere Big Boss che fluidamente si nasconde lungo un fianco del cavallo passando vicino a una guardia ignara, per poi scendere al volo, rotolarsi, utilizzare il leggendario scatolone per nascondersi e interagire con il nemico senza per forza scoprirsi, salvo poi insospettirne un altro alle spalle e con un felino balzo in avanti liberarsene e lasciarlo nel punto in cui ha attirato l’attenzione del nemico, beh, credetemi, fa un effetto diverso che in passato. La sensazione è sempre quella di un gioco che utilizza settordicimila tasti per compiere altrettante operazioni, ma in maniera più intelligente, eliminando i tempi morti, la legnosità del sistema, visiva prima che tattile, e amalgamando per bene ogni movimento, in modo che siano legati tra di loro con più naturalezza e fluidità. Insomma, un’ovvia prosecuzione della strada intrapresa con Ground Zero. Che dire, meglio tardi che mai vero Hideo?! Ovviamente il bello di MGS è che non è un gioco con azioni contestuali, quindi ci aspettiamo comunque una relativa complessità nel sistema di controllo, ma questo fa parte della sua libertà e tecnicità e onestamente stravolgere questo aspetto, a mio avviso non avrebbe giovato. Che poi, visto così, in realtà la sensazione di un Metal Gear più semplice e scorrevole c’è comunque, forse proprio perché tutto risulta più agile. Ancora una volta mi sorge spontaneo: perché no? Probabilmente i momenti meno “da MGS” sono quelli in cui si viene scoperti e scatta l’effetto rallenty paraculo per uccidere la guardia prima che allerti il mondo intero. Ci ho pensato un attimo. Inizialmente avevo storto inevitabilmente il naso per la cosa, ma poi ho pensato che se non è una feature iper abusabile, evitare ogni tanto che tutto il lavoro di infiltrazione stealth vada a puttane perché qualche maledetto ficcanaso riesce a comunicare in un nanosecondo la tua presenza a tutto l’esercito, non mi dispiace affatto. Big Boss inoltre potrà sfruttare i suoi contatti alti per accrescere le sue possibilità offensive. Oltre a farsi recapitare dal cielo direttamente gli strumenti che gli servono, può far paracadutare casse direttamente sulla testa dei nemici (LOL!) e addirittura richiamare attacchi aerei che radano al suolo la zona circostante. Ancora una volta, è vero, sembra tutto più facile, e Big Boss è più sgravo che mai, ma il concept di gioco non pare assolutamente impoverito tutt’altro, tutto sta nella sfida ambientale che ci porrà il gioco finale, sperando che sia all’altezza delle nostre rinnovate possibilità.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio
Chiudo questo pezzo accennando un’altra nuova caratteristica che mi ha fatto alquanto sorridere, ma in senso buono. Il Phantom sigar, un sigaro elettronico, con fumo “olografico” che tramite un’erba medicinale che accelera la percezione del tempo, permette di far passare in fretta il tempo, con tanto di cambiamenti in real time di luci, meteo, ombre e posizione delle ronde nemiche (evidentemente per raggiungere subito la situazione ideale d’infiltrazione). Questa dicotomia tra realismo estremo e improbabili espedienti visionari racchiude molto dello spirito di Metal Gear, un universo non realistico ma verosimile, o in altre parole, la prima di una lunga serie di geniali “Kojimate” che definiscono la serie e che non vediamo l’ora di scoprire nel gioco finito. Stay tuned!