Abbiamo provato il curioso spin-off di Metal Gear e siamo pronti a darvi qualche nuova sensazione “a caldo” su questo controverso titolo di Konami.
Dopo aver speso qualche ora in compagnia dell’ultima Beta di Metal Gear Survive, abbiamo pensato di aggiornare la nostra posizione in merito, saltando a piè pari un ulteriore svisceramento didascalico del funzionamento del gameplay e della natura generale del titolo, già ampiamente descritta in sede di hand on grazie al nostro giocato alla scorsa Gamescom, che vi invito ad affiancare a questo pezzo nella sua lettura. Non ci soffermeremo nemmeno sulle trite e ritrite considerazioni sulla legittimità di chiamare questo titolo “Metal Gear”e quella di venderlo come un gioco a parte, pur prendendo di peso la maggior parte del lavoro tecnico e stilistico fatto per Phantom Pain. Andremo piuttosto a focalizzarci sul feedback lasciato dal titolo dopo aver individuato le caratteristiche principali su cui poggia la modalità multiplayer. Modalità che è bene ribadire, questa Beta permette di intravedere con il contagocce, mancando la maggior parte delle mappe e delle difficoltà. Più generosa invece la distribuzione di equipaggiamento che andrà ad arricchire i nostri inventari con molte armi (da fuoco e da mischia) e accessori già dopo poche partite.
Abbiamo 3 missioni, tutte basate sui principi dei titoli Tower Defense. Ecco la sostanza del gameplay. Ogni 3 minuti si apre un gigantesco warmhole da cui cadono alcuni gruppi di zombie, i quali si faranno strada verso l’obiettivo che dovrete proteggere al centro della mappa. Quello che è importante sottolineare, è l’importanza capillare e sovrastante del crafting per raggiungere questo obiettivo. Non c’è abilità manuale o sfruttamento del level design delle mappe (al momento terribilmente sottotono se devo essere sincero) che possa sostituire con egual efficacia questa necessità. Prima di ogni alta cosa infatti MG Survive ruota intorno al collezionamento e impiego di risorse. Ogni singolo aspetto del gioco è alle dipendenze di questa esigenza: le armi, gli oggetti, i gadget, le munizioni, le barriere per settare le difese, la nostra salute, ogni equipaggiamento, tutto si deteriora, si esaurisce, va riparato, ricostruito, upgradato. Nessuna meccanica sfugge alle dipendenze del crafting e al reperimento di materie prime grezze o ricavate da strutture più “complesse” (potrete ad esempio rompere scatole di legno per ricavare appunto, del legname). Insomma Survive, si accompagna con furbizia ai trend odierni fatti di formule di gioco multiplayer dalle meccaniche additive, ripetitive, basate sul crafting forsennato che però scoprono spesso il fianco a molte critiche sul versante gameplay.
Onestamente, per quella che è la mia percezione attuale del titolo, Survive non si discosta molto da questa definizione, e quando si parla di puro gameplay, tutti i nodi vengono al pettine. Sarà probabilmente a causa del livello di difficoltà proposto per la beta, che propone una sfida settabile solo tra il facile e il normale, o forse chissà, il corposo single player annunciato, che dovrebbe mettere in luce in maniera approfondita tutte le velleità survival del titolo, probabilmente fare emergere della sostanza ulteriore nel sistema di gioco. Ma l’impressione è che a fronte di quelle che saranno le prime ore di gioco nelle modalità online, e prima di arrivare ad un punto in cui anche un po’ di abilità esecutiva faccia la vera differenza (sempre che ci si arrivi), la noia potrebbe farla da padrona, soprattutto se avete giocato a Phantom Pain e quindi il déjà-vu dovuto ad un riciclo soverchiante di assets grafici e sistema di controllo, vi smorza quel poco di verve “da nuova esperienza” su cui altrimenti potevate contare.
Naturalmente c’è l’altra faccia della medaglia che prende in considerazione anche i gusti di ogni giocatore e quello che cercate in Survive. A livello puramente contenutistico il gioco di Konami è inizialmente addirittura disorientante, già solo dalla lobby preparativa alla partita. Le cose da tenere sott’occhio sono tantissime, se considerate che il vostro equipaggiamento può essere condiviso con gli altri, stipato in magazzino, ritirato tra i premi, creato da zero con le risorse raccolte, potenziato e inserito nella vostra interfaccia in game che a sua volta sarà suddivisa in sotto menù finalizzati alla sostituzione di un’arma/gadget con un altro. Il menù personale, piuttosto confusionario all’inizio, vi indica anche il vostro stato attuale, visto che con l’esperienza di gioco potrete salire di livello e facendo ciò, potrete sbloccare punti abilità per accrescere alcune caratteristiche dalle tipologie abbastanza standard.
C’è inoltre la possibilità di allenarsi, di controllare le ricompense e le info di ogni missione, di provare le armi in addestramento, di rifornire le vostre munizioni e di creare nuovi tipi di barriere o trappole (a patto di avere tutti i materiali chiesti) o ancora di switchare tra la vostra partita online e quella single player. Ovviamente molta roba era inutilizzabile in questa beta ma vi assicuro che per uscire da un leggero stato confusionario che vi affliggerà sulle prime, anche a causa di una strana e poco filologica disposizione di tutte le varie opzioni, ci vorrà un po’ di tempo. Ciò nondimeno chi apprezza la personalizzazione estrema e sguazza nelle dinamiche di accumulo compulsivo, non potrà che apprezzare sicuramente una tale ricchezza contenutistica.
Ma torniamo un attimo al gioco vero e proprio, un’altra cosa che mi ha lasciato perplesso è la stupidità degli zombie e quello che provocano sul ritmo di gioco. Ovviamente non è che mi sono mai aspettato nulla di diverso, ma dopo qualche partita, notare questa sistematicità del nemico nel seguire una linea retta ha fatto accendere una lampadina che ha fatto luce sulla povertà strategica su cui vertono le partite. Non c’è da fare altro che chiudersi a riccio al centro della mappa e fermare con ostacoli o in maniera offensiva le ondate di zombie i quali, punteranno tutto sul loro numero e sulla resistenza. Sarà quindi per lo più una questione di “prepotenza offensiva” più che di tattica e infatti solo quando e se si finisce per essere accerchiati in prossimità dell’obiettivo che il gioco di squadra risulta più divertente e necessario, lasciando però il resto della partita galleggiare nella flemma di un ritmo di gioco un po’ monotono, che sfrutta le pause preparative più per raccattare materiali e costruire cose ai banconi piuttosto che elaborare particolar piani di attacco/difesa.
D’altro canto, nei suoi aspetti “ruolistici”, lo ripeto nuovamente, Survive prova a dare il meglio di sé, anche nei dettagli, come ad esempio il fatto che nella lobby è possibile vedere l’equipaggiamento di tutti i compagni di squadra, in modo da sfruttare saggiamente i limitatissimi slot a nostra disposizione, e costruirne uno che compensi adeguatamente quello degli altri. Non è male anche il diversivo delle side quest, sul campo di battaglia, che almeno sollecita ad una certa esplorazione alla ricerca di questi misteriosi scatoloni legati ad alcuni obiettivi di gioco, che ci permettono di fare rifornimenti o perché no, sbloccare un letale walker con cui falciare con grandissima facilità ogni mostro davanti alla nostra bocca di fuoco. Sono delle variabili che fanno bene al ritmo di gioco ma fanno insorgere allo stesso tempo il dubbio su quanto possano esse influire in maniera un po’ randomica sull’andamento della partita e quindi, sulla sfida. Senza contare che il fatto di poter trovare così tanto equipaggiamento sul campo svilisce non poco il fattore tattico della preparazione pre-partita, dettaglio non così irrilevante.
Ultimo campanello di allarme che mi è suonato prima di interrompere le mie sessioni di gioco, è quello relativo alle microtransazioni. È chiaro come Konami punti al fatto di creare una formula di gioco additiva nei confronti del loot. Le corse che si fanno a fine partita per aprire tutte le casse ricevute in premio e sbloccare nuovi, spesso decisivi ed estremamente efficaci equipaggiamenti, mi mettono molto sull’attenti. Soprattutto considerato che oltre a cappelli e cappellini decorativi, ci sono altri items estremamente rari, come le pillole per resuscitare. Oggetti che se fossero in qualche modo legati in maniera troppo consistente alle microtransazioni, farebbero virare pesantemente il titolo Konami verso le derive del “pay to Win”.
Che dire, speriamo di essere smentiti in questo e in altri dubbi, e che lo scetticismo provocato dall’offerta di questa beta si disperda nell’esperienza della versione definitiva, che ci auguriamo sul lungo termine esorcizzi gli aspetti più equivoci e deludenti di questa beta in maniera positiva. La speranza è l’ultima a morire.