Il Metodo Kominsky 2: la seconda stagione dello show Netflix con Michael Douglas e Alan Arkin
Dal 25 ottobre Netflix ha inserito in catalogo Il Metodo Kominsky 2 (The Kominsky Method 2), la seconda stagione della miniserie televisiva con Michael Douglas e Alan Arkin mattatori, che tanto ci aveva colpito nei suoi primi 8 episodi.
L’umorismo graffiante dello show non era passato inosservato neppure ai Golden Globe, che avevano premiato Il Metodo Kominsky come Miglior serie commedia o musicale e Michael Douglas come migliore attore protagonista.
Di quello stesso black humour si tinge ugualmente la seconda stagione, con ulteriori otto episodi che altro non sono che una netta prosecuzione della precedente, sebbene il distacco temporale ci costringa a viverli diversamente.
Sembra mancare qualcosa a The Kominsky Method 2, ma non è facile definirlo con esattezza. Probabilmente, abituati a serie TV che cercano continuamente di rinnovarsi e mutare stagione dopo stagione, ci sentiamo privati dell’effetto novità, in uno show come questo che prosegue esclusivamente sulla falsariga del precedente.
Le vite di Sandy Kominsky (Douglas) e Norman Newlander (Arkin) procedono dopo la triste scomparsa della moglie di quest’ultimo e si fanno strada nuovi personaggi nella loro routine. È ad esempio il caso di Madelyn – interpretata dall’ancora bella e affascinante Jane Seymour – vecchia fiamma di Norman, che irrompe improvvisamente nella sua vita, peraltro proprio in un funerale che Newlander definisce “davvero bello”; oppure di Martin (Paul Reiser), fidanzato di Mindy (Sarah Baker, la figlia di Sandy), che ci regala divertenti siparietti con il suocero e si dimostra un nuovo innesto del tutto riuscito.
Anche i “vecchi personaggi” danno il loro importante contributo alla serie, in particolar modo la rediviva Phoebe (Lisa Edelstein), e poi dobbiamo segnalare – senza fare alcun tipo di spoiler – un fantastico cameo di Bob Odenkirk (il Saul Goodman di Breaking Bad e Better call Saul).
Umorismo e malinconia
Di certo questa seconda stagione parte col piede giusto, e ci fa riassaporare quelle atmosfere condite da un umorismo tagliente in grado di farci ridere in modo inaspettato e originale, ma dopo i primi episodi è impossibile non riscontrare una certa ripetitività e una mancanza di brio nei dialoghi, vero punto di forza de Il Metodo Kominsky. Ovviamente non mancano mai battute ben congegnate ed incastrate alla perfezione nelle numerose chiacchierate tra Sandy e Norman, ma se la prima stagione riusciva a sciorinare in continuazione un tripudio di gag, qui si abbassa il ritmo e anche la soglia dell’attenzione dello spettatore.
L’umorismo nero, in alcuni tratti, è molto più nero di quanto dovrebbe o forse di quanto ci si aspetti, complici sviluppi di trama che indagano su alcuni degli aspetti più nefasti dell’avanzare dell’età. Per cui non si sorride soltanto, di fronte ai due protagonisti che discutono sulla memoria che inizia a fare qualche scherzetto, o la necessità di prendere farmaci come il Cialis o ancora tanti di quegli sketch che hanno dato un tratto distintivo al Metodo Kominsky, ma a volte si è costretti ad accantonare il sorriso per far posto ad amare riflessioni o un velo di tristezza.
Se quindi da un lato è sempre un piacere assistere alle vicende di Norman, Sandy e la loro combriccola, questa seconda stagione porta poco in termini di innovazione; al contempo va però detto che la struttura della miniserie, con episodi di circa 25 minuti ciascuno, giova alla narrazione al netto di un già citato calo di ritmo.
Di questo dobbiamo anche ringraziare Michael Douglas in primis, poiché pare che Netflix volesse una stagione ben più lunga, incontrando però le reticenze dell’attore protagonista, che alla fine ha avuto la meglio. Il Metodo Kominsky 3 ancora non è stato annunciato ufficialmente, ma nonostante una seconda stagione altalenante dobbiamo dire che sarebbe piacevole continuare ad assistere alle vicende della vita di questi due strampalati borghesi, a cui è impossibile non affezionarsi.