Mi chiamo Francesco Totti, il docufilm sulla vita del Capitano della Roma è un’emozione continua, anche per chi ha già pianto per lui
Era l’estate del 1994, dovevo ancora compiere otto anni ma la mia passione per il calcio iniziava già incredibilmente a venir fuori in tutto il suo fervore. Il 4 settembre di quell’anno ero con i parenti in una spiaggia del litorale romano, godendomi le ultime domeniche di mare prima di ricominciare la solita routine, che per me voleva dire tornare a scuola.
Spesso si fa fatica a ricordare giornate o situazioni vissute nell’infanzia, ma per qualche motivo alcune di queste rimangono scolpite nella memoria, e io – da tifoso della Roma e, in seguito, da fan e veneratore del Capitano – non scorderò mai il primo gol di Francesco Totti ascoltato a Tutto il calcio minuto per minuto, che coincideva tra l’altro con la mia prima domenica di partite alla radiolina. La prima di tante, fino all’avvento delle pay TV.
Per me (e per molti altri), come avrete capito, Francesco Totti ha un significato particolare e verso questo immenso giocatore ho provato col tempo un affetto unico, come quello che si può provare verso un fratello maggiore che peraltro veneri per l’importanza che riveste e per ciò che rappresenta. Dopo tanti anni di gioie e dolore vissuti insieme, dopo i pianti di felicità nel giorno dello scudetto e della vittoria del Mondiale, arrivano purtroppo anche i pianti di tristezza dovuti a quella indescrivibile sensazione di abbandono, provata il 28 maggio 2017.
Sarà forse proprio per questo che alla visione del docufilm di Alex Infascelli, Mi chiamo Francesco Totti, pur emozionandomi non ho versato nemmeno una lacrima: le avevo finite tutte.
Manda un po’ ‘n attimo indietro
Il film, trasmesso su Sky il 16 novembre 2020 e disponibile su Prime Video, è una cronistoria emozionante e viva della carriera del Capitano giallorosso, ma anche della sua vita, dall’infanzia, partendo dai primi calci al pallone alla presa di coscienza della sua innata abilità, passando naturalmente per gli esordi e gli sviluppi della sua storia nell’AS Roma e della sua vita privata, dell’amore verso Ilary e per i suoi tre figli.
Francesco Totti è narratore e in un certo senso anche regista del suo docufilm, invitando più volte Infascelli a riavvolgere il nastro, con quel “manda un po’ ‘n attimo indietro” che è già una citazione e che chi vive a Roma e soprattutto chi è di fede giallorossa vorrebbe tanto poter pronunciare per tornare ai momenti di gioia vissuti col Capitano, ma più universalmente a un passato nostalgico che ci pare – soprattutto per via dei tempi in cui viviamo – lontanissimo, attraverso immagini di repertorio che risalgono soltanto a una ventina di anni fa e di cui abbiamo in effetti un vivido ricordo, ma che ci sembrano al contempo di un’epoca fa.
Eppure non è sempre stato facile essere Francesco Totti. Ce lo racconta il Capitano, attraverso i momenti più complicati vissuti con la maglia della Roma, quando un certo Carlos Bianchi stava per compiere l’empio gesto di mandar via il giocatore più importante della storia giallorossa, o nella stagione dei quattro allenatori, o ancora nell’ultimo capitolo da capitano, ovvero il controverso Spalletti Bis. In tutti questi casi il destino si è sempre messo in mezzo salvando Francesco Totti e quindi salvando la Roma, e il Capitano ci racconta, con una voce che lascia puntualmente trasparire ogni sua emozione, tutti questi momenti, soprattutto il calvario vissuto negli ultimi due anni della sua carriera che per certi versi gli sono costati una sofferenza più grande dell’infortunio che stava per fargli saltare il Mondiale, quel Mondiale che poi ha contribuito attivamente a farci vincere.
Il successo che questo film sta avendo, le critiche positive che sta ottenendo non sono dettate soltanto dall’amore di un popolo verso il suo capitano o da quello di sportivi e appassionati di calcio, ma sono dovuti a un’opera che si lascia guardare da tutti, universalmente, perché prima di essere un docufilm sul campione Totti è un racconto della intensa vita dell’uomo Francesco.
Guardando Mi chiamo Francesco Totti ci passano davanti ricordi e momenti intrisi di una dolorosa malinconia tipica delle grandi storie d’amore ormai finite, lasciandoci quella sensazione che una come questa, che noi abbiamo avuto la grande fortuna e l’onore di vivere, non ci sarà mai più. Ci saranno bandiere, calciatori, vittorie e sconfitte, ma non ci sarà mai un altro Francesco Totti.