Arriva in Italia la nuova serie di Skottie Young, qui solo in qualità di sceneggiatore in accoppiata con Jorge Corona alle matite. L’autore di Odio Favolandia ci porta a spasso nel suo Middlewest, tra magia, volpi parlanti, tornado e il peso dell’adolescenza.
Che fosse per i personaggi Marvel disegnati in versione baby, per le illustrazioni dark con venature sature e coloratissime dedicate a vari personaggi della cultura pop contemporanea o ancora per gli adattamenti a fumetti de Il Mago di Oz; quello di Skottie Young è stato – negli ultimi anni – un nome che ha saputo catturare l’attenzione. Un tratto caratteristico, folle e imprevedibile che ha saputo far convergere anche nelle sceneggiature che accompagnano le tavole da lui disegnate, in serie come Odio Favolandia e Rocket Raccoon. La scrittura, evidentemente, gli piace particolarmente: per la sua nuova serie, Middlewest, ha infatti deciso di abbandonare la matita – affidata al collega Jorge Corona – per dedicarsi alla sola stesura della storia. Sarà stata una scelta azzeccata?
La preadolescenza di Abel, come se non fosse già in generale un periodo particolarmente complesso, non comincia nel migliore dei modi. C’è la convivenza con il padre – l’unica figura famigliare che gli è rimasta dopo l’abbandono da parte della madre – che si fa sempre più complicata. Ma sono anche alcuni fattori esterni a creare in lui uno scontro e un rifiuto che non riesce a gestire: la vita in campagna inizia a stargli stretta e le bravate dei suoi amici coetanei che è costretto ad accettare giocoforza per dirsi grande non le ha ancora comprese a pieno.
Nel descrivere il suo protagonista Middlewest imposta un discorso sulla crescita molto basilare e semplice che, però, in poche pagine trasforma e muta in un’accezione decisamente inaspettata ma molto coerente. L’adolescenza, per Skottie Young, è un percorso magico, avventuroso e soprattutto pericoloso. Abel è solo contro un mondo che lui percepisce totalmente distante e che gli impone una crescita che lui riceve come mostruosa, aberrante e aliena. Il passaggio all’età adulta è un turbine in collisione con la fanciullezza, che la scardina da quel terreno che credeva aver ben saldo sotto di sé portandola via verso distanze ignote. Carovane di circensi, stregoni, profezie catastrofiche, marchi magici e avventurieri che assomigliano a animali antropomorfi: il mondo esterno con cui deve far fronte Abel è questo e molto altro.
Badate bene: neanche questo approfondimento fantastico e favolistico si allontana particolarmente da terreni già battuti da altri racconti di formazione. Però, qui, Middlewest crea con chi legge un patto tacito davvero interessante: tutto quel che è irrealistico e agli antipodi con il nostro mondo, che inizia a trapelare quando diventa sempre più evidente l’avversione ribelle di Abel, succede perché deve. Gli autori non si prendono troppe brighe a spiegare il funzionamento – per ora – dei meccanismi che fanno coesistere un ambiente rurale americano con incantesimi, giganteschi spiriti elementali e animali parlanti ma vogliono anzi usare queste immagini in modo allegorico per far arrivare le sensazioni che chiunque abbia passato quel periodo di vita può in un certo modo rivedere in Abel, capendo la sua distanza e avversione verso di esso.
A dare ancor più rilevanza a questo concetto sono i disegni di Jorge Corona. Laddove la sceneggiatura contribuisce in modo forse minore a dare un contributo inedito alla questione tratta, le illustrazioni invece pongono sul piatto dei momenti suggestivi e impattanti.
Molto intelligente la scelta di creare un riferimento esplicito con il mondo di Skottie Young richiamando da vicino il suo lavoro come disegnatore, quasi come se si volesse suggerire che le sue sceneggiature richiedono esplicitamente un approccio simile al visivo. Corona, però, presenta un tratto – per quanto vicino a quello del suo collega – più aggraziato, elegante da un lato ma comunque cinetico e deformante dall’altro. Le forme abbozzate e allungate di Young ritornano nelle tavole di Corona con un occhio decisamente più pittorico e morbido ma restituendo comunque un effetto decisamente similare.
Il lavoro di Corona, chiarisco, non è da intendersi come volontariamente citazionistico di ciò che Young ha fatto in passato quanto, piuttosto, una sottolineatura riguardo una precisa necessità e volontà estetica. I disegni sono assolutamente personali e non piazzati per acchiappare l’attenzione di chi legge ammiccando verso somiglianze con opere che già conosce per rendergli più semplice l’acquisto. Al contrario questo sottolinea una linea narrativa che punta verso una direzione che dev’essere espressa in un certo modo e che comunque permette alla creatività di chiunque di esprimersi espandendo il tutto. Viene quasi da pensare che la storia voglia essere accompagnata da una controparte estetica decisamente delineata e precisa.
Questo primo volume di Middlewest soffre forse il non prendersi libertà e distanze da quello che già era stato possibile vedere e immaginare in un coming of age, sia esso strettamente realistico o più smaccatamente fantastico e allegorico come in questo caso. La poca distanza dal seminato e i tanti interrogativi circa l’interesse che possono suscitare in chi legge alcuni personaggi secondari, però, è possibile sia derivata dalla natura decisamente introduttiva e di partenza di questo volume. Visto in questa ottica a questo primo albo è possibile perdonare qualche ingenuità narrativa in favore di una curiosità sull’evolversi degli eventi nelle uscite successive.
Un inizio forse leggermente in sordina ma che, però, non lascia chi legge in uno stato di demoralizzazione o di scarso interesse. La costruzione dell’immaginario e dell’estetica – e la conseguente trasposizione visiva – operata dalla coppia Young – Corona, infatti, traina l’attenzione. Uno scenario immaginifico che potrebbe portare ipoteticamente Middlewest verso una direzione corretta, calibrando il tiro di una sceneggiatura che sa un po’ di già visto ma che non è affatto mal scritta o lacunosa ma che ha semplicemente bisogno di crescere, come il suo giovane protagonista.