Un breve excursus nell’arte di Miguel Ángel Martín, attraverso le ripubblicazioni dei suoi lavori e la prima monografia a lui dedicata: Out of my Brain
Di lui si dice che è il fumettista più censurato di sempre, che tutti si sono ripetutamente accaniti sulla sua arte e sul suo modo di raccontare, che non viene apprezzato abbastanza… In realtà, nulla di tutto ciò è vero. Miguel Ángel Martín non è stato censurato, semmai è stato osteggiato e fatto passare come un fenomeno passeggero da centro sociale, soprattutto dopo l’esito processuale di quel Psycopathia Sexualis che ancora tanto fa parlare di sé, ma che in pochi hanno avuto il coraggio (o la fortuna) di aver letto integralmente. “Pubblicità gratuita”, ride lui a posteriori, e ha ragione. Perché quest’aura maledetta che lo accompagna è anche, in piccola parte, una componente della sua fortuna.
Miguel Ángel Martín è un osservatore, un poeta disincantato e cinico dei nostri tempi, uno il cui occhio accarezza chiunque, con una predilezione per i perversi, i malati, le vittime di una società inquinata dai veleni dell’aria e dell’anima. Un uomo pacato, a conoscerlo. Fa un effetto straniante, dopo aver letto le sue sfrenate storie di violenze e orgasmi deviati, ritrovarsi di fronte un uomo dalla cortesia fuori dal comune, che parla con un tono di voce bassissimo, finanche timido e un po’ schivo.
Al secondo incontro, tuttavia, si capisce già che è un’acqua cheta, sotto la cui superficie si agitano i mulinelli di chi con certi mali ci convive senza giudicarli. “Sono uno psicopatico che scrive e disegna fumetti”, mi disse tanti anni fa. Una risposta che poi ho scoperto ripetersi in molte interviste. Allora mi parve riduttivo. Oggi ho compreso che non lo è affatto, che in questa dichiarazione è racchiusa proprio tutta la complessità della società che racconta, che come ha fatto per il suo tratto peculiarissimo, ha trovato il modo di rappresentare in una sola, breve frase, semplificata all’estremo, anche se stesso.
L’altra faccia di Topolino: diventare Miguel Ángel Martín
Ha cominciato a “scarabocchiare disegni” fin da bambino. Suo padre, dopo le funzioni religiose, gli comprava i fumetti di Topolino. E tutt’oggi, per sua stessa dichiarazione, la Disney è ancora una delle fonti principali di ispirazione di Miguel. Ci sarebbe da speculare tantissimo su questo fatto, ma purtroppo non è la sede… Ironia della sorte, la prima, coraggiosissima casa editrice che lo pubblicò in Italia si chiamava proprio Topolin, e dovette affrontare tutto il processo e i guai con la giustizia con Psycopathia Sexualis. Oggi, dopo molte pubblicazioni con Purple Press, Martín viene pubblicato e ripubblicato da Nicola Pesce Editore, in una nuova collana dedicata solo a lui, curatissima, nella veste grafica e nei contenuti, e molto preziosa per un collezionista. Ma come si è arrivati a questo punto?
Miguel Angel Martin inizia la sua carriera di fumettista pubblicando strisce sui quotidiani locali. Da subito si riscontra la sua predilezione per certi temi: sessualità estrema e deviata, ultraviolenza, deformità fisiche, corpi smembrati, pesanti ideologie politiche. Non sempre tutto questo finisce nelle strisce: si pensi a Keibol Black, che è più che altro una serie politica con molta violenza, ma all’interno della quale il sesso è pressoché assente.
Pubblicato per la prima volta su un quotidiano locale, che ricevette valanghe di lettere di protesta. Più lettere che copie vendute, a dirla tutta. Proteste da parte di chiunque, anche da parte di chi apparentemente la pensa come lui, poiché il suo modo di esprimere le idee è sempre estremizzato fino al parossismo. Ma è proprio questo infastidire il lettore a rendere grande la poetica di Martín.
Tra cyberpunk e decadentismo: lo sguardo di Miguel Ángel Martín
Non ci si sente rassicurati quando si legge un fumetto di Miguel Ángel Martín. Tutto ciò che pensiamo di conoscere, della società e soprattutto di noi stessi, viene messo in discussione dall’autore spagnolo. Un tratto che negli anni è andato sempre più evolvendosi, arrotondandosi, apparentemente addolcendosi. Non sono poche le madri di famiglia che, a un primo sguardo su Brian the Brain esclamano “Ma che carino!”, ignorando bellamente che quel ragazzino è il frutto di una gravidanza portata avanti da una cavia umana dell’industria farmaceutica. E il tratto, come il contenuto, è andato sempre più scarnificandosi, in una direzione di sola andata verso la sottrazione, la sintesi estrema, la ricerca di quell’espressione perfetta – facciale e verbale – che racchiude il tutto in pochi tratti decisi. Lapidari.
E lo stile di Martín sta continuando ad evolversi. Lui che non lascia niente al caso, che seleziona meticolosamente la palette di colori per ciascun personaggio e ciascuna storia, che ha ideato un lettering tutto suo, che con coraggio continua a esprimere sempre più il veleno di un presente distopico eppure realissimo.
Sono tutti ambienti post-atomici, post-bellici, post-isolazionistici quelli di Martín. Non immerge certo i suoi personaggi nella natura lussureggiante. Eppure, in quelle stanze scarne e senza orpelli, in quelle città dove le strade non hanno nome, in quei non luoghi dove l’aggregazione è isolamento, vediamo inesorabilmente la nostra realtà e il nostro presente quotidiano. Perché quelle stanze sono i luoghi della nostra mente, quelli che non avremmo mai il coraggio di confessare nemmeno all’analista. E la lettura è voluttà e disgusto, è catarsi, è liberazione di un piacere sfrenato di cui vergognarsi altrove, ma non qui, non fra le sue pagine.
Ed è la visione lucida, analitica e quasi compilativa, di tutte le brutture e gli abomini. Una rappresentazione senza abbellimenti o veli di metafora di tutto ciò che corrompe l’anima, scevro da giudizio poiché senza soluzione: la morale corrotta non evolve, si dirige inesorabilmente verso una propria ossidazione.
Le nuove edizioni di Nicola Pesce
Da parecchio tempo alcune storie di Miguel Ángel Martín erano assenti dagli scaffali delle librerie. E i nuovi lettori, che conoscono solo la sua produzione più recente, avevano anche il diritto di poterne fruire. Ci ha pensato Nicola Pesce Editore, che già da diversi anni pubblica e ripubblica Miguel. “In Italia mancano degli autentici capisaldi della prima produzione di Martín, essenziali per comprenderlo appieno. Dobbiamo supplire a questa mancanza. Inoltre dobbiamo riempire dei vuoti in certe produzioni seriali mai pubblicate con coerenza e continuità”, spiega Andrea Grieco, uno dei curatori della collana e autore di tutte le prefazioni dei nuovi volumi.
È piacevole constatare quanto sia vero ciò che Grieco ci racconta della veste grafica di questi volumi: bellissimi per un collezionista, rispettosi delle palette scelte da Martín, forse per la prima volta trattato come il grande autore che è. A volte le traduzioni sono state approssimative, altre volte le tavole a colori sono state stampate in bianco e nero per necessità economiche, altre ancora il lettering di Martín non è stato utilizzato. Qui la veste grafica non solo è accattivante, ma è anche filologicamente corretta, la qualità della carta è ottima, le edizioni hanno copertine rigide e sovracoperta: “L’oggetto in sé dà a queste opere la dignità che meritano”, continua Grieco, che spiega come questa collana è stata meticolosamente pianificata e che comprenderà ancora molte altre uscite.
Intanto possiamo goderci il volume che racchiude Life Fading and The Space Between, tra i primi lavori di Miguel Ángel Martín, distanti nel tempo, ma coerenti tra loro. Un volume per cui Miguel ha realizzato ex novo la copertina, la terza e la quarta di cover e delle tavole originali che separano le due storie. Un’autentica chicca per i collezionisti. E poi Total Overfuck, che racchiude anche Psycopathia Sexualis e che racconta anche tutti gli sviluppi del processo che dovette subire la Topolin.
“Il lavoro che abbiamo fatto è anche di recupero. Il volume Life Fading, ad esempio, comprende una storia di Brian the Brain in Italia finora mai pubblicata. The Space Between nasce, come spesso accade per alcune storie di Miguel, come intuizione. Un personaggio scaturito da una tavola, in una sola vignetta di un’altra opera. Poi in seguito lui vuole svilupparlo. La protagonista di Space Between apparve per la prima volta in una storia breve, vinse un premio, e Miguel decise di svilupparla. Oggi, per la prima volta, viene pubblicata in Italia”.
Out of my brain, il primo saggio su Miguel Ángel Martín
Consentitemi la prima persona, poiché conosco Andrea Grieco da molti anni – più di quanti ci faccia piacere ammettere. Se è un illuminato o un pazzo ancora non l’ho capito, ma non gli sarò mai grata abbastanza per avermi fatto conoscere Miguel Ángel Martín. E molti altri autori quando, con coraggio, pubblicava Antropoide. Grieco segue Martín da sempre, è stato uno dei primi in Italia ad affermare con decisione che si trattava di un autore autentico, con una precisa visione e uno stile ineguagliabile. Per questo è solo un piacere poter finalmente vedere pubblicato Out of my Brain, il primo testo critico, monografico, su Miguel Ángel Martín, firmato da Andrea Grieco.
Edito sempre da Nicola Pesce, Out of my Brain è un testo prezioso. Innanzitutto perché un’arte viene consacrata tale quando intorno a lei nascono speculazioni critiche, e poi perché è un testo piuttosto definitivo su dove è arrivato Martín finora. Quando ha iniziato, Grieco pensava di conoscere a menadito l’autore, ma in parte sbagliava: “Quando Miguel mi ha dato la possibilità di visualizzare materiale inedito, ho visto le prime cose che lui realizzava da ragazzino. Stiamo parlando di moltissimo materiale. Ho visto ciò che nessun altro ha visto. Disegni realizzati quando era poco più di un bambino, ancora non così originali come lo stile che abbiamo imparato a conoscere. Un percorso che va dalle prime forme, seguendo l’evoluzione del tratto, fino ad arrivare al suo nuovo stile. Ultimamente sta avendo un radicale cambiamento, anche nella tavolozza dei colori. E nel volume sono contenuti dei disegni inediti, di cui vado molto orgoglioso”.
Lo stile peculiare di Grieco, sin dai tempi di State lontani, si riconosce immediatamente, anche se è diventato decisamente di più semplice fruizione. “Penso che il libro abbia una struttura originale. Non vuole essere un testo biografico, benché si possa evincere la vita di Miguel dalle interviste che vi sono incluse”, spiega l’autore. “Sicuramente è un’analisi critico-speculativa, in maniera cronologica, sul corpus di opere di Miguel. Ogni singolo capitolo prevede, oltre all’analisi, un’intervista finale, più che altro dei dialoghi, dei confronti, su ciò che io stesso ho interpretato del lavoro di Miguel. Sulla scia delle sue risposte, osservazioni sulle mie riflessioni, nasce ulteriore approfondimento. A volte è concorde, altre volte afferma di non aver mai letto le sue tavole in quell’ottica, ma se ne dice contento perché l’analisi contribuisce a chiarificare alcuni aspetti anche all’autore stesso. A volte si dice addirittura contrario. Ho voluto che questa discrepanza di idee fosse palesata”.
Sono forse queste conversazioni, tra due vecchi amici, a essere ciò che di più divulgativo sia mai stato pubblicato su questo grande fumettista, che all’estero viene premiato, e qui in Italia continua a essere ricordato pruriginosamente come quello che ha visto i suoi volumi distrutti dall’esito di un processo a dir poco perbenista e sbrigativo. Ma che finalmente trova la sua giusta collocazione: quella autorale.