Benvenuti sul pianeta rosso
Un’astronave è appena atterrata in via San Vittore, in pieno centro a Milano. Anzi, si è accasata là da ormai mezzo secolo e sembra proprio che non abbia intenzione di tornare sul suo pianeta. Per fortuna.
Da quando è stato fondato, nel 1953, il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” ha dato vita un percorso che lo ha portato a diventare il più grande museo scientifico italiano, uno dei primi del mondo e il custode della principale collezione dei disegni di Leonardo, nonché un punto di riferimento per l’innovazione e una delle mete turistiche preferite nel nostro paese, con una media di 500 mila visitatori l’anno. Un tempio della conoscenza che mostra materiali e beni provenienti da tutto il globo, da un continente all’altro, spaziando dal campo delle comunicazioni fino ad arrivare a quello dell’informatica, passando per la storia, l’arte, l’energia e la siderurgia. Come se non bastasse, un altro dei vanti assoluti del complesso è l’area dell’astronautica. Un’area che dal 9 febbraio (fino al 3 giugno) si amplia con una mostra dedicata al nostro grande vicino, a quel piccolo mondo non troppo distante che da sempre alimenta la nostra fantasia col suo misterioso passato e il suo inconfondibile colore: Marte. Noi di Stay Nerd abbiamo non solo avuto l’onore di osservarla in anteprima, ma anche il privilegio di immergerci in un’esperienza che ci ha portato direttamente sulle aride distese del pianeta rosso… Leggere per credere!
Dal secolo scorso (e non solo), il viaggio nello spazio è uno dei temi forti dell’immaginario collettivo, capace di condizionare la fantasia e i sogni di milioni di persone. Luoghi lontani, corpi celesti conosciuti, pianeti vaganti nelle infinità del cosmo, possibili alieni con la pelle verde che scorrazzano in giro di qua e di là… Tuttavia, tra queste suggestioni, ce ne sono alcune che hanno colpito maggiormente il nostro sense of wonder. Tra questi, spicca senza dubbio Marte, il nostro arido vicino che porta il nome del famoso Dio della guerra romano. Ancor prima della Luna, raggiunta e visitata nel 1969 (con buona pace dei complottisti), Marte è stato in grado di calamitare l’attenzione e la curiosità di noi terrestri a causa del suo bizzarro colore, delle strane conformazioni geografiche sulla sua superficie e dei suoi misteri. Un interesse che nasce da lontano, da un punto di vista strettamente temporale: nel diciannovesimo secolo. Mentre, per quanto riguarda quello “spaziale”, viene da molto vicino. Anzi, a pochi chilometri dal museo stesso. “Milano è la città più legata a Marte che ci sia al mondo” racconta Luca Reduzzi, curatore della sezione di astronomia del museo e astrofisico di professione “grazie al lavoro di un grande astronomo che ha dedicato la sua vita a studiarlo: Giovanni Virgilio Schiapparelli“. Nella seconda metà dell’ottocento, è stato il direttore dell’osservatorio di Brera, istituto tutt’oggi attivo seppur con altre mansioni.
Ma l’operato di Schiapparelli va ben oltre i meriti accademici e i suoi studi hanno influenzato non solo la comunità scientifica, ma anche il modo di percepire un corpo celeste nel sentire comune. “Questo signore è stato il primo essere umano che si è messo in testa – continua Reduzzi – di studiare un pianeta non nel sistema classico dell’epoca, cioè come un punto luminoso nel cielo, bensì con l’obiettivo di capire come fosse fatto. Dunque, osservare la faccia per cercare di intuirne la natura. La scelta ricadde su Marte, il più vicino a noi”. E, da quel momento, ci è diventato ancora più vicino di quanto già non fosse. “Schiapparelli ha cominciato a guardare e a disegnare quello che vedeva ogni notte, per quasi quindici anni. Sui suoi taccuini, mese dopo mese, riportava la superficie del corpo celeste. Allora non c’era la fotografia applicata all’astronomia, e l’astronomo doveva mettersi lì con una matita in mano e riportare fedelmente ogni particolare su cui metteva gli occhi”.
Arte che si intreccia con la scienza, perché i carboncini realizzati sembrano assomigliare molto alle vecchie incisioni manuali. “Schiapparelli così riuscì a riportare fedelmente la faccia di Marte. Fino ad allora, nessuno lo aveva mai fatto e nessuno ci aveva mai provato – spiega Reduzzi –. E vede delle cose pazzesche. Ad esempio, una struttura montuosa perfettamente rettilinea. Cosa impossibile, di fatto. Vi sfido a trovarne una sulla mappa terrestre. E lui teorizzò, vedendola, che forse poteva essere stata fatta da qualcuno, perché la natura non fa le cose dritte. Questo scatena un dibattito infinito su chi possa essere l’autore. Oltre a tante idee poi riprese dalla letteratura di fantascienza”. Infatti, tutte le storie ambientate in un probabile mondo marziano vengono da qui, da questa fantastica suggestione. Opere riconosciute e apprezzate come La guerra dei Mondi di H.G. Wells (e la storica diretta radiofonica di Orson Welles), John Carter di Marte di Edgar Rice Burroughs e le Cronache Marziane di Ray Bradbury. Anche Marvin il Marziano, l’indispettito personaggio dei Looney Toons, che tutti abbiamo visto nel celebri cartoni della Warner Bros. Fino ad arrivare al più recente The Martian di Ridley Scott, il masterpiece tratto dal romanzo di Andy Wier che ha fatto incetta di premi e nomination incassando ben 630 milioni di dollari nel mondo. Ed è proprio da The Martian che ha inizio l’esperienza immersiva che ci ha portati direttamente sul pianeta rosso.
Più Matt Damon di Matt Damon
Partendo dal kolossal, infatti, i ragazzi di PlayStation hanno realizzato un’avventura in realtà aumentata che riprende alcuni momenti del film e permette all’utente di viverli in prima persona. E questa esperienza è stata messa al servizio del Museo, una piccola chicca da offrire ai visitatori in occasione della mostra su Marte. Com’è orgoglioso di spiegare Luca Roncella, Game Designer del Leonardo da Vinci: “Mi occupo dei giochi preparati per le sezioni espositive, uno dei vanti del nostro museo. In diversi percorsi abbiamo dei veri e propri videogiochi che accompagnano la visita. Nello stesso tempo, ho il compito di immaginare e di inventare attività con il pubblico dedicate al mondo delle nuove tecnologie, in particolare alla VR, perché crediamo tantissimo nella sue potenzialità come strumento per raccontare e divulgare la scienza”.
Intenzione confermata dal reiterato utilizzo che il museo fa delle tecnologie più all’avanguardia. Del resto, conservare il passato è inutile se non lo si usa per guardare al futuro. “Lavoriamo con la realtà virtuale dal 2014, tant’è che abbiamo esposto i primi visori stereoscopici di inizio novecento e i primissimi tentativi di oltre un secolo fa. Via via, abbiamo sempre cercato di organizzare attività per raccontare lo strumento in sé al grande pubblico e dall’altra di capire come utilizzarlo per fini divulgativi. Come quello di Marte, che abbiamo organizzato in concomitanza alla mostra”. Un esperimento che ha il sapore forte di due mondi che si incontrano: i videogame e la divulgazione. Cosa che, del resto, è già accaduta in passato. “Non è la prima volta che facciamo cose di questo tipo – prosegue Roncella –, avevamo già fatto un esperimento simile un anno fa con la Notte Europea dei Ricercatori. In questa occasione abbiamo fatto un piccolo salto di qualità grazie ad una partnership con Sony Interactive Italia e col Samsung VR. Nonostante fosse una collaborazione nata un po’ per caso, si sono dimostrati subito contenti di prestarci le apparecchiature e ce ne hanno fornite ben 14 per questo weekend e per il prossimo”. Un’idea quasi casuale ma che rimarrà a lungo, soprattutto perché “dopo ce ne lasceranno 5 fino alla fine dell’anno. Mantenere tutte queste postazioni attive non è facile e ci vuole molto personale”. Un connubio forte tra mondo videoludico e mondo della scienza, per portare i visitatori sempre un altro “mondo”: Marte. “Il team ha sviluppato un software che permette di interpretare i panni di Matt Damon in The Martian – spiega Roncella – per vivere un’autentica esperienza. Ma in più, rispetto ad un gioco vero e proprio, durante la sessione cercheremo di creare un contenuto in tempo reale che trasformi l’esperienza in qualcosa di più informativo”.
Detto, fatto. Tempo qualche minuto, e si parte. Ci fanno sedere su delle comodissime sedie e ci fanno indossare l’equipaggiamento necessario. Dal calzante visore VR alla cuffie per calarsi all’interno delle giuste atmosfere galattiche, senza dimenticare ovviamente i pad che permettono di simulare la presenza delle mani all’interno dello schermo. Una volta messi a posto i vari fili e cercando di posizionarli in modo da non pestarli durante la perfomance, ci si ritrova calati in una dimensione totalmente rilassante. Davanti agli occhi, uno sfondo stellato annuncia la schermata che permette di dare il via al tutto. La musica completa l’immersione, ma dal sottofondo arrivano le indicazioni di Ronduzzi e Forcella che ci dicono cosa fare.
La prima indicazione: spostare la propria testa a destra, verso l’apertura del menu. Fatto, ed ecco che le infinite distese cosmiche si palesano di fronte a noi. Nonostante riconosca (anche perché la visione è leggermente dozzinale) la finzione, ogni volta che mi giro vedo altre stelle, perfino dietro. Sembra veramente di essere lì. Piano piano, ci avviciniamo a Marte, che all’inizio si trova lontano da noi. La distanza si assottiglia sempre di più e il pianeta diventa più grande. Mentre passiamo, incrociamo Fobos, una delle sue due lune (poco più di asteroidi rimasti intrappolati, niente a vedere con la nostra). La telecamera si abbassa sempre di più, oltrepassa l’atmosfera e approda sulle lande rocciose della superfiie. All’improvviso, una figura coperta dalla sabbia si fa sempre più chiara nel panorama: è un astronauta, rimasto sepolto. L’uomo si sveglia e ci troviamo catapultati al suo posto. Esattamente come in The Martian, è stato abbandonato dai suoi compagni astronauti che lo credevano morto, ma (sorpresa!) in realtà è ancora vivo e vegeto. È l’unico essere vivente su un pianeta deserto a milioni di milioni di chilometri da casa. Sarà la VR, però mi sento un po’ solo. Da lì in poi, tra patate da pelare, generatori atomici da spostare, moduli da guidare e navette da sparare in orbita (l’avete visto The Martian, vero?) la sensazione di essere lì aumenta ad ogni secondo. Dopo quasi 20 minuti di immersione, quando tolgo il visore fatico a riadattarmi alla realtà. Ecco perché la chiamano realtà aumentata: a volte supera quella vera.
“Oh man! Wonder if he’ll ever know
He’s in the best selling show
Is there life on Mars?”
Così cantava il compianto David Bowie in una delle sue più celebri canzoni: Life on Mars. E alla fondamentale domanda il Leonardo da Vinci non può (ancora) rispondere, ma a tutte le altre sì. Per esempio, quali sono i numeri di Marte in confronto alla Terra? Da dove viene il nome? Quale fu la prima missione sul pianeta?
La mostra dedicata al pianeta rosso, battezzata “Marte“, propone un’ampia documentazione e un catalogo sterminato di beni che ci raccontano non solo la storia di questo mondo, ma anche della sua presenza da decenni sempre più importante nella vita umana. Dai grandi romanzi di fantascienza, passando per i singoli che gli sono stati dedicati, i taccuini di Schiapparelli e un’approfondita infografica che narra ogni cosa, ogni dettaglio sul nostro arido vicino, basterà un giro veloce nella sezione per capire quanto Marte sia fondamentale per noi terrestri. E lo sarà anche in futuro. Non si contano più, infatti, le scoperte di portata epocale che hanno visto al centro la superficie marziana: dalla scoperta di acqua ghiacciata nel sottosuolo, alle vituperate ambizioni di colonizzazione di Elon Musk e quelle, più realistiche, che partiranno a breve. Tra queste c’è il progetto ExoMars, una missione congiunta tra ESA (l’Agenzia Spaziale Europea) e Roscomos (l’Agenzia Spaziale Russa) che punta a mandare un rover nel 2020, ma si tratta dell’ennesima di una lunga serie di risultati già ottenuti. In particolare si tratta di un rover che, una volta arrivato da quelle parti nel 2021, avrà un compito piuttosto importante: scoprire se c’è vita su Marte. E, per farlo, avrà a disposizione una trivella di due metri che userà per perforare il terreno e analizzarlo. Naturalmente, Milano è in prima fila anche stavolta e infatti la trivella è stata realizzata nello stabilimento di Nerviano sotto la supervisione dell’ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana.
Dopo più di un secolo il legame che unisce Milano e Marte non sarà più solo platonico.