75 anni, e non sentirli. Chissà se Batman la penserebbe davvero così, fatto sta che è passato ben più di un lustro da quando l’Uomo Pipistrello è arrivato nelle fumetterie di tutto il mondo, consacrandosi quasi subito come un’icona. Un eroe popolare e riconoscibilissimo ma che, come ogni icona, ha attraversato diverse e molteplici fasi di cambiamento. Una rockstar del fumetto se vogliamo, capace di stare al passo con i tempi e appresso ai gusti del suo pubblico cavalcando gli anni senza perdere (quasi mai) un colpo. 75 anni di storie che lo hanno visto cambiare, mutare, pur restando sempre perfettamente riconoscibile. 75 anni in cui si sono attraversati cambiamenti molteplici, sfaccettando la psiche di Batman in modo tale che pochi altri personaggi possono contare una simile caratterizzazione. Ok, molte cose sono cambiate o sono rimaste uguali, ma da quel lontano debutto nel ’39 ben poco è cambiato e Batman resta una meravigliosa icona del fumetto americano, nonché un personaggio oscuro per antonomasia. In occasione di questo importantissimo traguardo abbiamo deciso di offrirvi alcune “visioni” di Batman, ossia alcune delle interpretazioni del personaggio che abbiamo avuto nel corso di questa lunghissima cavalcata ad opera delle più grandi stelle del fumetto internazionale.
Bob Kane
Bob Kane è l’uomo delle origini, e quindi punto d’inizio ideale per il nostro breve viaggio nella storia di Batman. Collaborando con Bill Finger, Kane è l’autore di tutti gli aspetti fondamentali di Batman col qual si avvinghiarono i primissimi lettori del mito. Il Batman di Kane è una figura terrificante, quasi demoniaca, forse la più vicina all’idea di una creatura per metà uomo e per metà pipistrello. Siamo lontanissimi da qualsiasi canone di bellezza, il Batman delle origini è horrorifico, con delle punte sul copricapo che ricordano quasi delle corna più che delle orecchie, ed una cappa avvolgente dall’aspetto vampiresco. È il personaggio che deve incutere terrore nel cuore dei nemici, e come tale ha un aspetto che richiama alle figure dell’incubo e della notte. Quello di Kane non è certamente il Batman più bello, ma è di sicuro quello che ha ispirato molti degli autori a seguire, e non solo per il fatto di essere l’originale, ma per la filosofia con il quale il personaggio è stato disegnato. È il Batman della paura, manifesto dei lati più scuri del supereroismo, e in tal senso non sorprende scoprire che alcuni dei più celebri e oscuri villains del bat-universo siano stati, ancora una volta, frutto di Kane tra cui Joker, Spaventapasseri e il primo Clayface. Semplicemente un fenomeno.
Dick Sprang
Gli anni ’50 sono un periodo duro per il mondo del fumetto. Dopo aver utilizzato il medium come mezzo di propaganda nel corso della Seconda Guerra Mondiale, infondendo nei supereroi quasi un’aurea sacrale e un’accesa dose di patriottismo, l’uscita di un libro dello psichiatra Fredric Wertham apre sul mondo supereroistico una nuova concezione mediatica, quella di “esempi negativi”. È il 1954 quando arriva nelle librerie “Seduction of the Innocent” e il panorama fumettistico cambierà duramente. Attaccando il fumetto, e bollandolo come scatenante della dilagante delinquenza giovanile, il libro di Wertham costringe molte case fumettistiche a volare basso, rendendo i profitti ottenuti dai fumetti delle vere e proprie sottilette. Sarà grazie a Superman, Batman e Wonder Woman che DC, a differenza di molte altre, riuscirà a tenere duro, pur conscia di dover mettere in piedi storie che vadano incontro alla nuova tendenza anti-fumettistica. In quest’ottica allarmista e censoria, Batman e i suoi comprimari (nemici inclusi) subiscono un duro makeover, che li priva dei loro aspetti più cupi e “psycho” ammorbidendoli drasticamente. Persino figure come il Joker, da sempre associate ad una certa follia, finisco sotto la scura della censura, trasformandosi in poco più che insopportabili burloni. In questo contesto si incastrò il lavoro di Dick Sprang, forse tra i più amati disegnatori dell’epoca, nonché certamente quello più riconoscibile. Andando incontro alle necessità editoriale dell’epoca, Sprang tinteggia un Batman sorridente, paternale, giocoso e confortante. Unendo la sua passione per la tecnologia e per personaggi come Dick Tracy, Sprang crea un personaggio investigativo, amante dei gadget, tecnologicamente all’avanguardia, ma soprattutto grande collezionista, come mostrarono i numerosi stralci della Bat Caverna ricchi di memorabilia, matrice inaugurata proprio dall’autore che influenzerà culturalmente la concezione di molte delle “tane” dei supereroi dell’epoca, Superman compreso.
Sheldon Moldoff
Artista prolifico e tra i ghost writer accertati delle origini del personaggio, Moldoff ha lavorato attivamente al personaggio tra gli anni ’50 e ’60 rimanendo impresso nella storia per la creazione di diversi personaggi celebri, come Poison Ivy, Mr Freeze e Calendar Man, ma anche per due creazioni non proprio entusiasmanti: Bat-Mite e Asso. È, assieme a Sprang, uno degli autori più amati dai veri conoscitori del personaggio, ma paradossalmete uno degli autori meno noti, non per meriti o demeriti, ma semplicemente perché all’epoca, pur essendo pagato regolarmente, Moldoff non compariva tra i crediti delle storie, poiché era di costume per Bob Kane prendersi ogni merito, anche quello degli autori che lavoravano per il suo personaggio. Il Batman di Moldoff, comunque, era molto diverso da quello di Kane, e ciò non solo per lo stile di disegno evidentemente dissimile, ma anche per alcune differenze tematiche che, non senza critiche, ammorbidirono di molto il personaggio. Perfezionista, e con un gusto squisito per la pop art, Moldoff disegnava alcune delle migliori tavole per esterni dell’epoca, evidenziando una cura maniacale per i dettagli e per le inquadrature, influenzando molti autori che gli seguirono negli anni come Frank Quitely e Grant Morrison. Il suo è un Batman plastico, definito nei dettagli e nelle colorazioni, con il classico costume grigio e blu provvisto di cintura gialla e mutandoni.
Marshall Rogers
Autore simbolo delle storie di Bats targate anni ’70, Rogers è insieme a Steve Englehart l’autore di un ciclo di storie dal taglio esuberante, in cui Batman riscopre il suo taglio più action, incorniciato da uno stile grafico duro e stilizzato. In un’epoca in cui al cinema spopolava lo sguardo rude di Clint Eastwood, Rogers fa riscoprire ai Bat-maniacs il gusto per l’azione, la fascinazione del personaggio spigoloso e senza mezzi termini. Sono questi gli anni della riscoperta di Bruce Wayne, che proprio grazie a Rogers vestirà i panni archetipici del playboy mondano e spensierato. È un Batman dicotomico, profondamente scisso nei suoi due aspetti, quello del giustiziere urbano e quello dell’uomo dissoluto che sa come darci dentro. Il personaggio acquista quindi, di nuovo, quella sua aura notturna. Il Batman degli anni ’70 è una maschera, è il voto che il crimine odia, distante dall’idea che possa esserci un uomo sotto il cappuccio, affronta i criminali a muso duro e imponendosi come figura da incubo. Tutto il mito di Batman si adegua a questo stile, ed alcuni personaggi letteralmente rifioriscono sotto le matite di Rogers, tra tutti Robin e Hugo Strange. Il primo finalmente maturo, e molto simile concettualmente ad un giovane Nightwing, il secondo sadico, calcolatore, protagonista di un ciclo leggendario cui ci si rifarà di continuo nel corso degli anni a seguire: The Dead Yet Live.
Neal Adams
Considerato da molti come il miglior artista ad aver lavorato su Batman, Neal Adams fu uno degli autori che riportò in voga il personaggio negli anni ’70, privandolo delle caratteristiche spensierate e gioviali acquistate negli anni passati, e riportandolo alla sua fibra più oscura e violenta, Adams fu l’autore che forse meglio tinteggiò la complessa psicologia di Batman, confezionando diverse storie che furono poi seminali per l’evoluzione del personaggio negli anni. Il suo è un Batman anatomicamente ineccepibile, basato su di un canone stilistico che, semplicemente, si riassume come “se un uomo può farlo allora lo disegno, se è impossibile no”. Lo stile è quindi un mix di azione dall’ineccepibile anatomia, e realismo estetico, in cui si mescolano maledettamente bene elementi oscuri ed esoterici. Questo è un Batman che non ha tempo per null’altro se non la lotta al crimine, che combatte a colpi di arti marziali. Si tratta di un Batman fondamentale per la definizione del personaggio per la generazione ’70 e per quelle a venire. È un personaggio cupo, inquieto eppure sicuro di sé, in cui è presente una celata ferinità, e una ricerca forsennata del conseguimento di un ideale. Tematiche che non saranno sviscerate direttamente dal personaggio, ma dai suoi antagonisti. Sono questi gli anni di Man-Bat, Mieitore e, soprattutto Ra’s Al Ghul.
Jim Aparo
Veterano delle storie del Pipistrello, Aparo segue alcuni cicli di Batman lungo tutti gli anni ’80, invero senza mai distinguersi o consacrarsi come disegnatore. Già a lavoro su “The Untold Legend of The Batman”, Aparo fa parte di tanti di quei team che si alternarono sulle storie del Cavaliere Oscuro, nel tentativo continuo della DC di tenere sull’onda Bats dopo lo strepitoso successo degli anni ’70. Invero la cosa non funziona, fintanto che Aparo, in coppia con Mike W. Barr confeziona l’ottima Batman & The Outsiders, serie che consacra entrambi all’olimpo fumettistico nel quale resteranno in pianta stabile anche negli anni a seguire. Il Batman di Aparo è atletico, asciutto, molto lontano dal giustiziere muscoloso e nerboruto che era stato, il Pipistrello è ora leggero, sottile, simile ad un ninja nel suo nascondersi nella notte. Aparo rielabora il personaggio e lo ripropone secondo i più classici canoni supereroistici, rendendolo un eroe affidabile e capace, seppure senza privarlo della sua marzialità o della sua autorità. Le tavole sono ricche di dettagli, e mostrano la dimestichezza dell’autore nella realizzazione di tavole enfatiche e drammatiche. Del resto sono questi gli anni in cui le storie si mescolano al dramma, con un gusto per la narrazione sofferta che, proprio negli anni ’80, porterà Bats a scontrarsi con alcuni dei periodi più bui della sua vita, cesellati proprio sotto le matite di Aparo che, assieme Jim Starling, firmerà il celeberrimo ciclo “Morte in famiglia” in cui, sotto i colpi del Joker, si spense la vita del giovane Jason Todd.
Frank Miller
Nonostante alcune recenti cadute di stile, Frank Miller è una vera e propria pietra miliare nella cosmogonia di Bats tanto che, assieme a Neal Adams, è forse l’autore più importante nella consacrazione del personaggio nell’immaginario collettivo, nonché certamente – come Adams – colui che ha seminato i fondamentali per la caratterizzazione di Batman per la sua generazione, e per quelle a venire. Ricordato fondamentalmente per “Il Ritorno del Cavaliere Oscuro”, Miller crea un Batman molto in avanti con gli anni, un personaggio divorato dalla sua stessa crociata contro il crimine, e fondamentalmente stanco. Nonostante ciò, il Batman di Miller è massiccio, ipertrofico, semplicemente grosso, come a dire che se proprio Batman dovesse invecchiare, lo farebbe con tutti i crismi, restando l’esempio perfetto di quello che dovrebbe essere un superuomo, nella sua accezione squisitamente nicciana. Non solo, questo è un Batman violento, senza mezze misure, che nonostante l’età resta comunque abbastanza duro da poter fronteggiare il nemico, ora non più rappresentato dai vicoli di Gotham, ma dalla stessa società. Il personaggio è potente e determinato, come preso di peso dalle pagine di “così parlò Zarathustra”, e la sua potenza è messa ancora più in luce dall’affiancamento di un nuovo Robi, Carrie Kelly, minuto, agile e quasi ragnesco. Questo è uno dei Batman preferiti della letteratura a fumetti, poiché è il crocevia fondamentale per la consacrazione che si avrà del personaggio nell’immaginario collettivo. Con Miller, Batman rompe le catene del suo stesso media e si prepara al salto di qualità mediatico degli anni ’90, in cui sarà consacrato anche a chi non ha alcuna conoscenza del personaggio cartaceo. Miller, con il suo distopico futuro fatto di violenza e ricerca della moralità, consacra Batman alle generazioni a venire. Una visione unica e profetica, che sarà poi la matrice del rilancio del personaggio anche in anni recenti.
Bruce Timm
Se avete in testa la sigla dello splendido cartone animato dedicato a Bats negli anni novanta, la colpa è di Brice Timm che, assieme a Paul Dini, fu responsabile di praticamente ogni opera a cartoni animati dedicata a Batman… e non solo! Sua è infatti, sempre assieme a Dini, l’ideazione di Harley Quinn che fece la sua prima apparizione nel ventiduesimo episodio della serie animata, per poi essere definitivamente consacrata come “Joker’s girl” all’interno della serie a fumetti. Il Batman di Timm è quasi essenziale. Il suo costume è pratico, ma non contiene alcun inserto, alcun potenziamento. Il Batman di Timm è un eroe in costume, che fa del suo costume una seconda pelle. È un personaggio solido, più che disegnato, quasi scolpito all’interno di un solido geometrico. Spalle larghe e caviglie strette, occhi triangolari e sottili, il Batman immaginato da Timm assomiglia quasi ad una statua, o forse ad telamone, perfetto per le architetture di Gotham, che Timm pure reimmagina, ispirandosi con gusto ad un certo stile art deco. Impagabile.
Alex Ross
Celeberrimo disegnatore di due delle più emblematiche saghe a fumetti della storia recente (Kingdom Come per la DC e Marvels per la Marvel), Ross è un disegnatore sopraffino, il cui stile pulito e dettagliato da il meglio di sé nella succitata Kingdom Come, lunghissima run di stampo elseworld in cui Superman è, di fatto, despota del mondo. Ad egli si contrappone Batman, privo della (pre)potenza con cui era stato vestito da Frank Miller, il Batman di Ross è agli antipodi della perfezione “superumana” con cui lo aveva tinteggiato Miller. È vecchio, stanco, provato. Rivelata al mondo la sua identità è stato costretto alla macchia e non è più in grado di muoversi se non per mezzo di un esoscheletro. È un Batman che, tuttavia, non riesce ad arrendersi. Non la dà vinta. È, di nuovo, un Batman dicotomico che si divide tra la volontà di rimettere nelle mani degli uomini il loro destino, e la consapevolezza di non essere adeguato alla battaglia. Simbolico, in tal senso, l’uso dei Batrobots, macchine controllate in remoto senza le quali Batman (qui chiamato “Il Batman”) non potrebbe fare il suo lavoro per le strade di Gotham.
Tim Sale
Celebre per le sue collaborazioni con Jeph Loeb, Tim Sale consacra alla carta stampata un Batman dallo stampo particolarissimo, protagonista di uno dei cicli più apprezzati e popolari del fumetto americano: Batman: Il lungo halloween. Il Batman di Sale è un personaggio quasi horrorifico nella sua figura. Le storie sono oscure, caratterizzate da continui rimandi ad enigmi e filastrocche, con indagini complesse e quasi mistiche. Questo è un Batman che quasi riscopre il gusto delle sue origini da detective. Non è un eroe che disdegna l’azione, semplicemente combatte il crimine in modo diverso, facendo della sua figura una leggenda dei bassifondi. Il Batman di queste storie e spettrale, cupo, oscuro anche nell’aspetto con un costume aderentissimo e quasi privo di spigoli ma dai muscoli definiti e rifiniti. È un Batman dalle pose plastiche, supereroistiche, che veste una cappa che quasi si confonde con la notte. È un personaggio disegnato per incutere timore, ed il cui aspetto rimarca la sua stessa, oscura, determinazione. Sale non ha disegnato Batman molte volte, ma gli diamo il merito di aver disegnato solo storie vincenti in cui ogni tavola è un vero e proprio trionfo artistico, e un tributo alla mitologia che ha reso celebre l’Uomo Pipistrello.
Jim Lee
Quando Jim Lee arriva sulle pagine di Batman sono i primi anni del 2000 e DC ha in programma per il Pipistrello un rilancio in grande stile, che svecchi il personaggio e recuperi, per quanto possibile, l’amarezza generata in molti lettori per la run precedente “Terra di Nessuno”, in cui nonostante le tante promesse, si ritornò, fondamentalmente, al punto di partenza. Affiancato a Jeph Loeb (che già si era fatto valere sulle pagine del Pipistrello con Batman: Il lungo halloween), Lee rilanciò Batman con il ciclo Batman: Hush in cui non riscrive nulla, ma riconfigura il personaggio per gli anni a venire, tanto che è forse da Batman: Hush che si deve il lavoro poi fatto da autori come Paul Dini e Judd Winnick negli anni a seguire. Il Batman di Lee è un personaggio ben definito. È un avventuriero dotato e meticoloso. Dalla morale solida e in cui, pur riprendendo gli elementi più classici del personaggio, si scontrano tematiche mature. La stessa bat suite presagisce la volontà di avvicinare il personaggio ad un certo realismo. Un costume dalla colorazione classica, con evidenti inserti armati e in kevlar. Un upgrade quasi militaresco, come si evince dalla spessa cintura, che permette a Batman di fronteggiare la sua personale guerra urbana. Il Batman di Lee è un personaggio pronto a scendere in azione quando e come vuole, ed è forse uno dei più bei personaggi da leggere degli ultimi 15 anni.