Millie Bobby Brown: dal successo di Stranger Things all’immagine costruita dell’attrice teenager
È stato amore a prima vita, impossibile negarlo. Chiunque, alla prima puntata della prima stagione di Stranger Things, ha provato un moto d’affetto sconfinato per quel piccolo essere affamato e senza capelli che rispondeva al nome di un numero. E un altro elemento risultava fondamentale per l’innamoramento che si era messo in atto: l’incredibile bravura di una, a quel tempo, dodicenne di cui si percepiva fin da subito il portato e l’incredibile abilità attoriale.
Quella che abbiamo cominciato a conoscere fin da piccola, quell’esserino minuscolo, indifeso nonostante l’immenso potere, che ha imparato nel corso del tempo a gestire la propria rabbia, la propria paura, a rivoltare contro i malvagi la sua forza e a mettere davanti a qualsiasi cosa gli amici, era l’esordiente Millie Bobby Brown pronta a farsi conoscere e apprezzare da una larghissima fetta di pubblico, tutto l’audience che un fenomeno come Stranger Things è riuscito a suscitare, di cui ne è stata tra i trascinatori principali.
Un vero caso di studio quello che è andato negli anni a costruirsi attorno alla serie dei fratelli Duffer e che ha spinto alla notorietà, più di quanto non fosse necessario, una piattaforma fino a quel momento priva dei suoi cavalli di battaglia. Fu un vero purosangue – lo è tutt’ora, con l’attesa della sua quarta stagione – quel Stranger Things di Netflix rilasciato online il 15 luglio 2016, quattro anni in cui molto è cambiato, a partire proprio dalla sua icona protagonista.
Sì, icona, una vera e propria eroina moderna: Undici, la ragazzina sfuggita dagli esperimenti di una base segreta nei pressi della cittadina inventata di Hawkins, ha incarnato fin dal primo momento la faccia di due movimenti molto significativi, dal punto di vista ideologico e da quello prettamente commerciale.
Millie Bobbie Brown e la lista dei 30 adolescenti più influenti secondo il Time
Non solo il merchandising di Stranger Things si è fatto, dalla sua uscita al ripercuotersi del successo avuto anche con le stagioni successive, scia travolgente che ha colpito un’ingente parte di mercato, nonché reso ancora più pervasiva l’esistenza di una delle punte di diamante di Netflix, ma ha segnato in Undici una simbologia tutta legata al coraggio dei personaggi femminili e alla loro rinnovata potenza nella serialità contemporanea, facendo della giovanissima figura un modello di scrittura e successo sia per tantissimi spettatori che per un intero apparato mediale.
Un apprezzamento supportato dall’interpretazione stessa di Millie Bobby Brown, un talento naturale, un’attrice in grado, già in piccola età, di sfondare lo schermo per esprimersi attraverso solamente gestualità e volto, senza il supporto di troppe parole, con una grinta pronta ad esplodere come la notorietà che ne ha seguito dopo la serie.
Come tutte le star nate sotto la buona stella di Stranger Things, la Brown ha dimostrato fin da subito il potere che un successo derivante da un bacino come Netflix può significare, rendendola nel 2017 una dei trenta adolescenti più influenti del mondo secondo la rivista Time e facendone ambasciatrice di buona volontà dell’UNICEF, carica di cui è la più giovane rappresentante.
Nomine da non sottovalutare, che sembrano essere cresciute di pari passo con il potere acquisito negli anni da quella che, maturando sotto i nostri occhi, non era più una ragazzina sola pronta a combattere contro i demogorgoni, ma una delle personalità più seguite della Hollywood e dello spettacolo tutto, con una fama cresciuta esponenzialmente insieme ai dibattiti e alle polemiche che la riguardavano.
Le polemiche sull’innocenza e la sessualizzazione del mondo dello spettacolo
Se il valore economico di Millie Bobby Brown è diventato valutabile anche in base all’ingerenza che l’interprete può portare all’interno di una produzione audiovisiva, non soltanto contandone la presenza attoriale, ma facendosi lei stessa parte dei produttori del progetto (esempio è il lungometraggio Enola Holmes che arriverà il 23 settembre su Netflix, di cui è anche protagonista e che ne fa, ancora una volta, la più giovane figura a ricoprire il ruolo dirigenziale), è nella superpotenza della sua stessa identità che, oramai, risiede il suo asso nella manica.
Un’importanza che poche altre personalità giovanili sono riuscite a riscontrare con tale clamore, soprattutto per la grande attrazione che la vita dell’attrice ha ricevuto al di fuori del set.
È con Millie Bobby Brown che l’opinione pubblica si è ri-aperta sul dibattito delle giovani promesse e le problematiche, nonché i veri e propri scontri, che una singolarità come quella dell’adolescenza può richiamare. L’utilizzo dei social, ma ancor più le presentazioni ufficiali a cui l’attrice ha preso parte, sono andate concentrandosi sull’apparente mancata gioventù della Brown e quella perdita dell’innocenza che Hollywood e dintorni sembrano sospingere e fagocitare.
L’aspetto estetico di Millie Bobby Brown, chiacchierato più da un punto di vista della costruzione del personaggio che nella sua fisionomia, è stato centro di discussioni alimentate dalla curiosità e dall’attenzione altrui. Il voler dire la propria su di una giovanissima attrice che, nel suo presentarsi in pubblico e ad eventi di spicco, sembra aver acconsentito a un ritratto sfiorito di una giovinezza che, invece, fan e spettatori reclamano, riaccendendo l’interesse sui condizionamenti che lo star system è portato a indurre, finendo per distruggere e ricostruire un’immagine della “purezza” che vuole Millie Bobby Brown più conforme all’idea di adolescente in sé che donna cresciuta troppo in fretta.
Un’analisi interessante passata dalla sessualizzazione delle minorenni in ambiente mondano e spettacolare – il cui discorso è quanto mai vivo e pungente quest’oggi con l’uscita di un prodotto Netflix quale Cuties – che è finita per decretare la Brown tra le tredici donne più sexy della tv americana sulla rivista W Magazine nel 2018.
Scandalo – perché di incitamento a una piega disastrosa che potrebbe prendere la società – che sembra ripetersi negli anni e di cui, quello del 2018, non è il primo caso, ponendo ormai un’attenzione maniacale ai look che l’attrice sfoggia sui red carpet di tutto il mondo, fonte ogni volta di nuove polemiche seguite dalla Brown stessa. “È sempre difficile vestirsi per un evento sul tappeto rosso perché molte persone hanno opinioni diverse.” – ha dichiarato l’attrice – “Ti dici di non ascoltarle, ma in realtà devi farlo e lo fai.”.
Il ruolo di produttrice e il futuro di Millie Bobby Brown
Ma che sia un tailleur di una nota azienda di moda o una semplice foto postata sui profili personali dell’attrice, l’argomento sembra costantemente caldo per un’interprete che ha riaperto uno spiraglio su un tema pregnante, soprattutto nei tempi del MeToo, che tratta della fondamentale libertà di non accentrare solamente l’occhio maschile e la tirannia “sexy” dell’universo spettacolare, che l’attrice ha iniziato a dover moderare a ogni red carpet – e, di qui, ancora l’accusa dell’apparire “adulta” – tentando di scansare le critiche e sperando di far parlare il suo lavoro.
Un mestiere che, oltre al presente (e futuro) di Stranger Thing, conta la prima comparsa di Millie Bobby Brown al cinema nel 2019 con il sequel Godzilla II – King of the Monsters, ma che tenta il tutto e per tutto con un reale ruolo da protagonista nella rivisitazione al femminile del più famoso investigatore privato di Baker Street.
Interpretando la sorellina del più noto Sherlock, Enola Holmes è il prodotto su cui puntare per contare in un vero exploit della giovane attrice, che ha dimostrato già la propria capacità nella serie Netflix, ma che avrà modo di aumentare lo spettro delle sue interpretazioni e cimentarsi in una parte completamente nuova, all’apparenza piena di brio e di quel lato irriverente e inesplorato dell’interprete.
Un film che può allontanare dal gossip e avvicinare al lavoro di Millie Bobby Brown? Sicuramente un’altra occasione per osservare gli sviluppi di una stella il cui paragone con Natalie Portman, anche lei attrice provetta in carriera fin dalla tenerissima età, è sempre più incidente, ma soprattutto una speranza per vedere ampliare l’impegno di un’interprete che, nonostante l’ingombrante argomento sulla propria immagine divistica – importantissimo da un punto di vista sociologico e mediale – , può finalmente dimostrare di non essere solo un numero in una serie avvincente e nostalgica.