Un secondo episodio davvero Gigante

Non poteva esserci un periodo migliore per il rilascio del secondo episodio di Minecraft Story Mode: certo, l’afosa estate che ci ha accompagnato e ancora ci accompagna in questi giorni ha visto anche uscite di titoli interessanti, eppure questo Giant Consequences ha rappresentato un bel brivido freddo per i tanti giocatori, grazie ad un setting inusuale per la stagione ma anche per un episodio ricco di avvenimenti.

Episode 1 si è chiuso con l’invasione dell’Admin all’interno di Beacontown, nuovamente messa a rischio da forze molto potenti e, ancora una volta, nelle mani del nostro Jesse che ha ricevuto un guanto di sfida che non può essere rifiutato. Giant Consequences si apre proprio con la lotta contro l’Admin, lasciandosi subito alle spalle ogni scampolo di noia provato nell’episodio precedente, giustificato però dal dover preparare il terreno alle portate principali.

Il gameplay del gioco continua a rivelare i benefici delle piccole modifiche apportate, rendendo gli incontri molto più dinamici, quasi a voler far dimenticare agli utenti di essere alle prese con una storia interattiva. Questo episodio, tuttavia, non ci vedrà coinvolti in troppe lotte, sfruttando per dovere di trama un maggior numero di quick time events e una sessione sparatutto degnamente riuscita.

I grandi meriti di questo episodio sono però il gran ritmo della narrazione e il level design generale. Nel primo caso, la trama di questa Season two si apre come una rosa di maggio, mettendo a durissima prova il giocatore con un buon numero di scelte determinanti, oltre ad offrire dei plot twist che si rivelano avvincenti abbastanza da far crescere più del previsto l’attesa per il terzo episodio della serie, grazie ad un lavoro di caratterizzazione dei vari comprimari che, in pieno stile Game of Thrones, offre delle evoluzioni psicologiche e di crescita di un certo livello, in un gruppo che sembra essere tale più di nome che di fatto. Il tutto riesce dunque a tenere sempre alto il ritmo, con pochissimi tempi morti da gestire e con una serie di sottotrame la cui importanza è destinata a crescere negli episodi successivi.

Per quanto riguarda il level design, invece, abbiamo accennato ad inizio articolo l’inusualità del setting: Giant Consequences è infatti ambientato in un bioma nevoso e ricco di formazioni di ghiaccio, offrendo agli artisti di TellTale la possibilità di realizzare delle scenografie incredibili da vedere e, di rimando, dimostrare ancora una volta le grandi qualità sandbox di Minecraft quando si tratta di dare sfogo alla creatività. La prova tangibile di ciò è sicuramente lo spettacolare palazzo di ghiaccio che farà da sfondo ad una porzione dell’avventura, il quale ha incastonato un impressionante orologio, davvero eccezionale a livello visivo.

Al netto di questi aspetti positivi, permangono tuttavia le varie magagne tecniche, che probabilmente saremo costretti a digerire per tutta la serie e che rappresentano un problema tanto evidente quanto ridicolo da risolvere durante la partita. Non mancheranno infatti cali di framerate qua e là, non particolarmente fastidiosi ma difficili da accettare dopo anni di avventure TellTale afflitte sempre dagli stessi problemi che, per quanto siano noti ai più, continueremo a rimarcare nella speranza che, in futuro, possano essere definitivamente appianati, anche se quest’ultima è decisamente flebile visto come vanno le cose.

Verdetto:

Giant Consequences è, nomen omen, un episodio gigante sotto tutti i punti di vista, capace di offrire numerosi spunti di discussione e delle scelte di grande importanza per lo sviluppo della trama. Coadiuvato da un design mozzafiato, lascia praticamente una strada in discesa al proseguimento della storia, affermandosi comunque come un grandissimo episodio.

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.