Mistborn: quando il fantasy si ammanta di nebbia
Parlare della saga di Mistborn obbliga i lettori (e gli scrittori) a fare i conti con una realtà spesso dimenticata: un buon fantasy ha bisogno di regole. E pochi autori incarnano questa idea meglio di Brandon Sanderson.
L’idea che il fantastico necessiti di leggi non deve sorprendere. Il concetto nasce quasi agli albori del genere nella forma moderna, e già in diversi saggi di Tolkien una simile idea era stata espressa. Se si vuole scrivere fantasy si è in possesso di una libertà quasi assoluta, ma si deve anche riuscire a dare una giustificazione ai lettori. Tutto ciò che viene scritto deve avere una motivazione e un senso, persino la magia.
Sotto questo aspetto Sanderson si è rivelato uno degli autori più meticolosi e capaci. Le sue leggi sono divenute ben presto l’esempio da seguire per molti autori successivi, che hanno guardato alle sue idee come punto di riferimento per migliorare. E, all’interno dei fantasy del Cosmoverso, il ciclo di Mistborn occupa un posto speciale nel cuore dei fan. Non solo per l’eccellente sistema magico, lodato anche da una grande autrice come Robin Hobb.
Leggere le storie ambientate nel mondo di Scadrial vuol dire fare la conoscenza di personaggi vivi, reali. Ogni avvenimento del passato si ripercuote nel loro presente e porta con sé una serie di scelte che rendono la trama perfetta, spingendo il lettore a divorare pagina dopo pagina. Ma, soprattutto, Sanderson riesce a creare un mondo capace di colpire subito il lettore e trasmettere orrore e sense of wonder in ogni riga. Il tutto senza mai cadere nella volgarità o sfruttando dettagli pruriginosi al limite del fanservice.
Nebbie, divinità e metalli
Il preludio di Mistborn ribalta il concetto di partenza dell’high fantasy. Nella lotta tra luce e tenebre, codificata come sottogenere a partire da Tolkien, è il male ad aver vinto.
Immaginate un mondo crepuscolare e rendetelo peggio. Da mille anni un frammento della divinità, il Lord Reggente, ha posto le basi dell’Ultimo Impero e trasformato il pianeta di Scadrial in una terra desolata. Il sole è rosso sangue, la cenere cade dal cielo quasi fosse neve, le piante non riescono più a produrre fiori e il loro colore è bruno come la ruggine. Un mondo dove le nebbie terrorizzano la popolazione degli skaa, schiavizzati da un’aristocrazia crudele e dal Culto d’Acciaio, il clero di burocrati e inquisitori del Lord Reggente.
Già dalle prime righe de “L’ultimo Impero“, primo romanzo della sua saga, Sanderson riesce a trasmetterci tutta la complessità di Scadrial. Mistborn si rivela rapidamente come qualcosa in più di una semplice storia high fantasy: si tratta di un mondo studiato con cura, dove non esistono vuoti narrativi e in cui il lettore riesce a immergersi completamente.
Sarà in questo mondo così cupo che faremo la conoscenza di Kelsier, ladro scappato dal campo di prigionia delle Fosse di Hatsin, il luogo dove il Lord Reggente manda a morire i ribelli più testardi. Proprio per questo Kell è noto tra gli schiavi skaa come Il Sopravvissuto, e con il suo buonumore e carisma è il tipico personaggio che conquista il lettore sin dalle prime pagine. Nonostante il terrore e la morte trasmesse dal mondo di Scadrial e dalle leggi dell’Ultimo Impero è ancora capace di sorridere, di trasmettere speranza e sicurezza alle altre persone. L’esatto opposto di Vin, la giovane e diffidente ladruncola protagonista della storia.
Kelsier viene indirizzato verso la ragazza dai suggerimenti di suo fratello Marsh e dell’amico Dockson. Dopo averla salvata da Inquisitore, il Sopravvissuto parlerà con la giovane e le rivelerà la sua vera natura: entrambi sono Mistborn, la Progenie delle Nebbie, potenti utilizzatori dell’arte magica dell’Allomanzia.
La magia allomantica è uno dei punti di forza di Mistborn, che lo fa spiccare nel panorama del fantasy. Essa si basa su dieci metalli, che alcuni individui sono in grado di bruciare come fonte di energia per sfruttare una serie di poteri, mentali e fisici. Per esempio, bruciare zinco permette di infiammare le emozioni altrui, mentre l’uso dello stagno aumenta i sensi dell’utilizzatore. Gli allomanti si dividono in Misting, capaci di bruciare un solo metallo, e Mistborn, in grado di utilizzarli tutti.
Kell si propone quindi come mentore di Vin, facendola entrare nella propria banda, un gruppo di ladri nato un solo scopo: distruggere l’Ultimo Impero.
Il colpo
Il primo libro di Mistborn si configura, nelle intenzioni di Sanderson, come un “heist novel“, ovvero un romanzo basato sulla realizzazione di un furto, per il quale è necessario assemblare una banda di ladri. L’idea di Kelsier di rovesciare l’Ultimo Impero appare folle: in fondo il Lord Reggente è un dio, il suo culto controlla ogni aspetto della burocrazia e dell’economia e gli skaa sono in stato di servaggio da mille anni. Il loro spirito è rassegnato alla schiavitù e le poche rivolte sono state represse con estrema ferocia.
Tuttavia, Kell sembra molto risoluto nel voler portare a termine la sua idea. Tutto si basa sul consegnare la capitale Luthadel alla Ribellione Skaa, in modo da destabilizzare l’Impero quanto basta per far scoppiare il caos e approfittarne per rubare il tesoro del Lord Reggente, la sua scorta di Atium, il raro metallo che controlla l’economia e rende i Mistborn invincibili. Un effetto domino, studiato dal Sopravvissuto per innescare la distruzione della tirannia. A tale scopo raduna una squadra di Misting con cui ha già collaborato in passato, prima di essere catturato e spedito alla Fosse di Hatsin.
A Dockson spetterà il compito di organizzare sedi e incontri, mentre il reclutamento sarà affidato a Breeze, un Sedatore capace di spegnere le emozioni e rendere le persone più docili alle sue richieste bruciando ottone. Il Lottatore e filosofo Hammond, capace di bruciare peltro e aumentare la sua forza fisica, dovrà addestrare l’esercito della ribellione skaa. Compito dell’Offuscatore Clubs sarà fornire una sede sicura al resto della banda, nascondendoli dal culto, al cui interno si infiltrerà Marsh.
Il compito più delicato spetta tuttavia ai due Mistborn della banda. Kelsier dovrà colpire le casate nobili della città, spingendole a farsi guerra. Al contempo Vin dovrà infiltrarsi nell’aristocrazia, fingendosi una nobile di campagna desiderosa di inserirsi nella vita mondana della capitale. Proprio in questo contesto si svilupperà il personaggio di Vin, prendendo sempre più importanza all’interno della trama ed emergendo come protagonista.
L’educazione della strada
Per quanto la figura di Kelsier sia quella più carismatica e una delle più apprezzabili del romanzo, è Vin la vera protagonista. Figlia illegittima del Lord Prelan Tevidian, capo del Culto d’Acciaio, la ragazza è cresciuta nei bassifondi, spostandosi di città in città col fratello Reen. Quest’ultimo le ha impartito un’educazione brutale, volta esclusivamente alla sopravvivenza, abbandonandola per darle l’ultima importante lezione: tutti, prima o poi, la tradiranno.
Crescere così ha reso Vin una ragazza diffidente, chiusa in sé e desiderosa solo di vivere alla giornata. Atteggiamento acuito dal fatto di essere brutalizzata dal capo della sua banda quasi ogni giorno. L’incontro con Kelsier è la svolta della sua vita. Poco alla volta, sotto gli insegnamenti dell’esperto Allomante, Vin impara a sfruttare i suoi poteri, dimostrandosi una Mistoborn singolarmente capace. Allo stesso tempo imparerà anche i modi di una dama di corte, grazie all’aiuto di Sazed, il maggiordomo terrisiano legato da un giuramento a Kell, e a Lord Renoux, misterioso impostore sostituitosi a un nobile, di cui Vin si fingerà la nipote.
La crescita di Vin ci appare graduale e non repentina. La giovane Mistborn mantiene i suoi modi schietti, ma riesce a far emergere poco alla volta la sua natura altruista, repressa nel contesto della piccola malavita. Lei stessa è consapevole di aver cambiato la sua natura: non più una ragazza di strada, ma nemmeno una frivola dama di corte. È una Mistborn.
L’introduzione nell’aristocrazia rappresenterà un altro momento di cambiamento per la sua vita: farà qui la conoscenza del giovane Elend Venture, erede della più potente casata di Luthadel. Il giovane rampollo della nobiltà si dimostrerà un soggetto singolare. Ironico e pieno di ideali, sembra interessato più ai libri che ai balli di corte, stringendo con Vin una singolare amicizia, che presto sfocerà in qualcosa di più.
La cosa attirerà le rimostranze dell’intera banda. Chi più, chi meno, tutti gli skaa del gruppo di Kelsier hanno un profondo odio per i nobili e li considerano oppressori, carne da macello per il piano. In questo la posizione di Vin è l’unica a essere moderata. Frequentando l’aristocrazia si rende poco alla volta conto che il vero problema è costituito dalla loro indifferenza più che da una diffusa malvagità; un’incapacità cronica di vedere gli skaa come esseri umani e, di conseguenza, provare empatia nei loro confronti. Per Vin i nobili non devono essere uccisi, ma educati. È necessario aprire loro gli occhi.
Proprio il crescente amore verso Elend convince Vin che anche alcuni nobili possano essere coinvolti nel piano per rovesciare l’Ultimo Impero. Un’idea che porterà a un piccolo conflitto tra allieva e mentore. Kelsier, che ha perso sua moglie Mare per colpa del Lord Reggente e sua madre per via della nobiltà, desidera solo fare tabula rasa dell’Impero e della sua aristocrazia. Uno scopo per cui è disposto a sacrificare tutto.
Delicato come la nebbia, forte come il metallo
Senza scendere in ulteriori dettagli della trama, sembra chiaro cosa renda Mistborn un fantasy così diverso dagli altri. Sanderson spicca non solo per la sua grande capacità di creare un mondo e un sistema magico dove non esistono spazi bianchi; è soprattutto nel modo in cui è in grado di raccontare questa sua realtà che si differenzia dai suoi colleghi.
Rispetto ai libri di George R.R. Martin o alle grandi saghe di Tolkien, Sanderson riesce a trovare un equilibrio pressoché unico tra innovazione e tradizione. Nei suoi libri non sono mai presenti le scene spinte presenti nei romanzi di Martin o i gli elevati costrutti linguistici tolkieniani. Mistborn e gli altri libri del Cosmoverso brillano di luce propria per la loro capacità di narrare grandi argomenti con un linguaggio semplice e pulito.
Non troverete mai l’uso del turpiloquio nella pagine di Sanderson, così come non vedrete mai uno stupro o atti espliciti degni di Game of Thrones. Eppure questo non lo configura come un testo giovanile, anzi. La criminalità è mostrata nel suo aspetto più losco, i nobili vengono rappresentati come usurpatori indifferenti e la morte è una presenza costante nei libri. Ma lo sono anche l’altruismo, lo spirito di sacrificio, l’idea che bene e male esistano e vadano cercati e compresi. Sono tanti e vari gli argomenti trattati dall’autore del Nebraska, capaci di introdurre tematiche sociali nei romanzi, ma soprattutto umane, emotive.
Per quanto sia cupo, il mondo di Scadrial è dotato di qualcosa che Westeros ha perso molto tempo fa. Non una netta distinzione tra il bene e il male: in Mistborn è presente la speranza, qualcosa che in molti altri fantasy contemporanei sembra essere ormai morta. Qualcosa, come ricorda Kelsier, che non può essere realmente uccisa. Non finché ci sarà anche solo un ladro disposto a lottare per essa.
Nel raccontare della crescita di Vin e del folle piano di Kelsier, sembra che Sanderson voglia ricordarci questo: esiste qualcosa che non può essere ucciso. Nel fantasy, come nella vita reale, dobbiamo sempre aggrapparci a quell’ultima scintilla di speranza, indipendentemente da quanto possa essere cupo il mondo in cui viviamo.