Uno sguardo alla mitologia greca presente nel pluripremiato Hades
Fra mitologia greca e riconoscimenti della critica, Hades, l’ultima fatica di Supergiant Games, non ha bisogno di troppe introduzioni che ne spieghino le qualità, come l’incetta di premi all’ultimo BAFTA Game Awards evidenzia benissimo. D’altronde, uno degli aspetti più interessanti e meglio riusciti nell’economia di gioco, fra meccaniche, modalità, aderenza e divergenze rispetto alla formula collaudata del genere di appartenenza, è sicuramente l’impalcatura narrativa e il modo in Hades sia riuscito a saccheggiare la mitologia greca e farla rivivere attraverso dei personaggi meravigliosi e una storia coerentemente videoludica nella sua ossatura più profonda. Per questo motivo, ci è sembrato importante tuffarci dritti dritti nell’oceano immenso del mito e approfondirne le profondità.
La mitologia greca in Hades – Divinità Ctonie
Ade
Padre del protagonista Zagreus in Hades, nella mitologia greca il termine indica si riferisce sia al nome proprio della divinità, sia al regno sotterraneo degli Inferi collocato da qualche parte in Occidente (talvolta separato dal Tartaro che per alcune fonti è posto molto al di sotto di esso). Fra gli esseri mitologici più conosciuti ed evocativi, è inserito fra le schiere olimpiche ma anche in quelle ctonie: a seguito delle sue origini per il primo caso, essendo figlio di Crono e di Rea, quindi fratello di Zeus e Poseidone; e per l’ambigua convergenza fra i tratti “sotterranei”, “agricoli” (almeno nella sua versione romanizzata di Plutone) e legati alla morte per il secondo caso.
Partecipò alla Titanomachia e grazie alla kunée (chiamato anche elmo dell’oscurità, con l’incredibile capacità di rendere invisibile il suo portatore) riuscì a introdursi nella dimora di Crono e a rubargli le armi, aiutando così Zeus nella sua sconfitta. Caduto il Titano, i tre fratelli si divisero il controllo dell’universo e Ade ricevette il dominio sul mondo sotterraneo e sugli Inferi.
A dispetto della sua fama (piuttosto moderna a dire il vero), è scarsamente presente nei racconti mitologici (il più famoso in cui è anche protagonista, è quello legato al ratto di Persefone/Kore di cui parleremo più avanti), comparendo il più delle volte come personaggio secondario in quei miti che comprendono una discesa agli Inferi.
Marito di Persefone, secondo alcuni autori è padre di Zagreo e di Melinoe e per la Suda (un testo bizantino del X-XI secolo) anche di Macaria, dea della buona morte.
Nyx
Notte o Nyx (dal greco antico Nύξ, Nýx, “notte”), considerata una delle divinità primordiali dalla mitologia classica, le varie fonti le attribuiscono differenti origini: per Omero la sua dimora è nel cielo e anche Zeus ne è intimorito; secondo la Teogonia di Esiodo, è figlia di Caos ed è la personificazione della notte terrestre, al contrario di suo fratello Erebo che rappresenta la notte infernale; per la cosmogonia orfica, di Phanes; e per le Fabulae di Igino, è figlia di Caos e Caligine.
Chiamata anche Madre Notte, o Madre del Cosmo, generò numerose divinità primordiali quali: per Esiodo e Cicerone, con suo fratello Erebo, Etere ed Emera (rispettivamente la luce e il giorno; per Bacchilide Emera venne concepita con Crono); per Cicerone e Igino, sempre con Erebo, generò Eros; anche per Orfeo fu madre di Eros, fuoriuscito dall’Uovo cosmico deposto dalla divinità); sia da Cicerone che dall’Argonautica Orphica è madre di Urano; madre di Ecate per Bacchilide; Euripide nell’Eracle la indica come madre di Lissa; e generatrice delle erinni per molte fonti fra cui Eschilo, Licofrone, Ovidio e Virgilio.
Nel mondo romano era considerata madre di Erumna, dea dell’incertezza e dell’inquietudine, fedele compagna del Dolore e del Timore.
Caronte
Figlio di Erebo e Notte, Caronte è uno psicopompo, ovvero una figura neutrale che funge da traghettatore delle anime dei defunti dal mondo terreno all’Ade. Nella mitologia greca e in Hades, Caronte svolge questo ruolo attraversando le sponde dell’Acheronte con l’utilizzo di una barca. Il tragitto, tuttavia, non è così semplice: secondo le diverse fonti a nostri disposizione, infatti, per poter giungere all’altra riva era necessario espletare i vari rituali onori funebri, oppure pagare un obolo come forma di pagamento per il viaggio (spesso una moneta da porre sotto la lingua o due monete da collocare sopra gli occhi o sotto la lingua). Gli sprovvisti di uno o dell’altro, erano condannati a vagare per l’eternità (o per un numero considerevole di anni) fra le nebbie del fiume.
Nonostante “nessuna anima è mai stata trasportata dall’altra parte”, esistono numerose eccezioni nella letteratura mitologica, da Persefone, a Enea, passando per Teseo, Ercole, Odisseo, Orfeo e, nella “storia recente”, Dante Alighieri.
Caos
Per alcuni autori, il Caos risulta essere la personificazione di quello stato primordiale di “vuoto” prima che qualsiasi cosa “fosse”, da cui successivamente fecero la loro comparsa gli dei e gli uomini. Per altri, il Caos non è solo una entità spaziale, un “luogo vuoto” da cui tutto si origina, ma possiede anche una dimensione materiale, che assume le sembianze di una nebbia senza forma legata all’oscurità. Altri ancora lo descrivono come kenón, lo spazio di vuoto che si è creato fra il cielo e la terra a seguito della loro separazione. Per Esiodo, Caos e Gaia, la terra, coesistono e la seconda non è emersa dalla prima e neppure le loro discendenze si incontrano. La tradizione orfica, invece, riporta Notte come principio di ogni cosa e non Caos e nella versione riportata da Aristofane ne Gli Uccelli, Caos è all’origine di tutto insieme a Erebo, Notte e Tartaro.
Elemento comune al pensiero e alla mitologia classica, è l’assenza di una connotazione prettamente negativa al “concetto” di Caos, visto più come uno spazio sconfinato e vuoto.
Erinni
Le Erinni, Furie nella mitologia romana e da Virgilio chiamate anche Dire, sono la personificazione femminile della vendetta, specialmente per questioni inerenti la sfera familiare (parenti inclusi). Le Erinni, così come nella mitologia greca così in Hades, sono tre sorelle, Aletto, Megera e Tisifone e secondo la versione più antica del mito sono nate dal sangue di Urano dopo l’evirazione causatagli da Crono. Seguendo fonti successive, invece, sono figlie di Notte. Per le rappresentazioni più comuni, hanno l’aspetto di tre figure femminili alate con capelli di serpente, bocche aperte con le quali lanciano terribili urla, e con i mano tremendi strumenti con i quali torturare le loro vittime fino alla pazzia.
Note anche con altri nomi, come Semnai o Potnie (“venerabili”), Manie e Ablabie (“senza colpa”), allo scopo di placare la loro furia sono state chiamate Eumenedi (“benevole”) e si offrivano loro doni e sacrifici (nello specifico pecore dal manto nero).
In alcuni episodi del mito, le Erinni perseguitarono Alcmeone, colpevole di aver ucciso la propria madre, e Pentesilea, che involontariamente uccise la sorella nel corso di una battuta di cacca. Nella Medea di Euripide, le Erinni accecano il giudizio della protagonista infondendola un sanguinario senso di vendetta che la porterà a uccidere i suoi stessi figli.
Thanatos
Thánatos (dal greco θάνατος, “Morte”), è la personificazione della morte. Chiamato anche “Colui che governa la morte” e “Legione Suprema”, nonostante l’estrema rilevanza nel mito greco non viene spesso rappresentato di persona. Secondo Esiodo, nasce da Notte insieme al fratello gemello Hypnos. Altri suoi fratelli sono: Moros (il Destino inevitabile), Ker (la Morte violenta, alla quale viene spesso contrapposta), gli Oneiroi (la Stirpe dei Sogni) e le Moire. La nascita da Notte (o da Astrea per altri fonti) è avvenuta per partenogenesi o con lo zampino di Erebo.
Nell’Iliade di Omero, Thanatos e suo fratello Hypnos vengono inviati da Zeus, su richiesta di Apollo, a recuperare il cadavere di Sarpedonte e portarlo in Licia per i dovuti onori funebri.
Arrogante, impulsivo, violento, sanguinario e dal cuore di ferro, è nemico del genere umano e ostile anche agli dei. La sua dimora è nel Tartaro (o davanti alla porta dell’Elisio e degli Inferi) ed essendo anche lui uno psicopompo nelle fonti più antiche viene spesso confuso con la figura di Hermes.
Sono soltanto due i personaggi che riuscirono a sconfiggere la morte: Sisifo, grazie all’inganno, ed Eracle grazie alla forza.
Hypnos
Hypnos, figlio di Notte e fratello gemello di Thanatos, è il dio del sonno con il potere di addormentare chiunque, uomini e divinità. Nell’Iliade, infatti, Era lo prega di addormentare Zeus, in modo da permettere a Poseidone di aiutare i Greci senza essere scoperto. Per Omero, la sua casa era a Lemno (Somnus, la sua controparte romana, invece, per Virgilio viveva nell’Ade e per Ovidio nel paese dei Cimmeri). Secondo altri fonti è sposo di Pasitea ed è suo il dono dato a Ednimione di dormire con gli occhi aperti.
Essendo il dio del sonno, ha il controllo sugli Oneiroi come Morfemo, Momo, Fobetore e Fantaso (suoi fratelli per Esiodo e sui figli per Ovidio). Rappresentato come un giovane nudo, ha delle ali dietro la schiena o sulla testa e nella mano stringe dei papaveri, fiore legato alla dimensione onirica che ha in comune con Thantos e con Notte.
Zagreus
Protagonista di Hades, il mito di Zagreo subisce delle trasformazioni del corso del tempo, dovute anche a un fenomeno di assimilazione e integrazione con la tradizione orfica di cui divenne un elemento imprescindibile. Da divinità agreste, ctonia, fra le più importanti e potenti dell’aldilà e fortemente legata alla figura di Ade, di cui viene considerato un alter-ego o suo figlio avuto con Persefone, diviene figlio di Zeus e di Persefone, che si era unito a lei sotto forma di serpente. Secondo le intenzioni di Zeus, Zagreo avrebbe dovuto regnare su tutto l’universo. Era, venuta a conoscenza del tradimento di Zeus grazie ai Titani (intervenuti perché preoccupati dalle intenzioni di Zeus), ordinò loro di rapire e far sparire il bambino.
I Titani cercarono di attirare Zagreo con dei doni (una trottola, un rombo, una palla, uno specchio e un astragalo), ma egli riuscì a sfuggirgli trasformandosi in diversi animali, fino a quando, assunte le sembianze di un toro, riuscono a prenderlo, a squartarlo e a mangiarlo. Fortunatamente Atena riuscì a salvare il cuore di Zagreo e a portarlo a Zeus che, dopo averlo inghiottito, lo rese immortale facendolo rinascere in un nuovo corpo, quello di Dioniso. Le sue ossa, invece, furono sepolte a Delfi e i Titani, colpevoli di tanta brutalità omicida, vennero colpiti dai fulmini di Zeus e ridotto in cenere, dal cui fumo nacque la stirpe degli umani.
Il mito di Zagreo dunque, oltre a possedere delle similitudini con quello di Osiride e a rappresentare in qualche modo il ciclo di morte e rinascita delle natura secondo il susseguirsi delle stagioni, si fonde con il mito orfico e la sua concezione del miasma, ovvero dell’ereditarietà della colpa: per l’orfismo, infatti, l’umanità condivide sia la natura malvagia dei Titani che quella divina di Zagreo, e per questo motivo deve continuamente partecipare alle pratiche rituali per purificarsi e riconnettersi con il divino.
Persefone
Persefone, anche Persefatta/Persefassa, Kore, Kora, o Core (nella tradizione romana sarà Proserpina), è un personaggio molto interessante della mitologia greca e figura fondamentale nei Misteri eleusini.
Secondo alcuni fonti è figlia di Demetra e Zeus, o di Zeus e di Stige (non il fiume, ma l’omonima dea) e viene rapita da Ade contro la sua volontà (non tutte le versioni del mito concordano su questo punto) mentre raccoglie dei narcisi in un prato fiorito. Portata agli inferi, diventa la sposa di Ade e e le viene offerto del cibo (un melograno, o del papavero per altre fonti, di cui però mangia solo sei semi). Dopo nove giorni di ricerca, Demetra, disperata e furente, scatena un inverno senza fine provocando una terribile carestia e decide di non ritornare sull’Olimpo recandosi a Eleusi, in Attica.
L’intervento di Zeus, tramite il messaggero Ermes, permette di trovare un accordo e di risolvere la situazione: visto che Persefone ha mangiato solo sei dei dodici semi di melograno (scopriamo che il cibo infernale confina nell’Ade coloro che lo mangiano per intero), può alternare sei mesi nell’oltretomba con sei mesi insieme a sua madre Demetra, che da quel momento in avanti avrebbe accolto il periodico ritorno della figlia con il rifiorire della natura.
Informazioni aggiuntive chiariscono che Demetra venne a conoscenza dell’ingerimento dei semi (anche se solo sei) di melograno dal giardiniere dell’Oltretomba, Ascalafo, che venne punito e trasformato in un barbagianni. Da segnalare che in una versione differente, è Ecate che salva Persefone.
Persefone è anche protagonista della contesa con Afrodite di Adone, risolta da Zeus in modo simile a quanto abbiamo già visto per la contesa fra Ade e Demetra: Adone, infatti, fu affidato separatamente ad entrambe le dee.
Moire
In Hades vengono solo accennate, ma nella mitologia greca, le Moire sono tre e per Esiodo sono figlie di Zeus e Temi (per altri di Zeus e Ananke, la necessità). Sono la personificazione del destino ineluttabile e il loro compito è quello di tessere un filo che rappresenta il fato di ogni essere umano e di reciderlo nel momento in cui è prevista la loro morte. Un destino che le Moire decidono al momento della nascita di ogni individuo e che non può essere modificato da nessuno, divinità incluse che le obbedivano ciecamente poiché da loro dipende l’ordine dell’universo (d’altra parte loro stesse agiscono più di una volta contro la volontà di Zeus).
Cloto, la più giovane, regge il filo; Làchesi, gira il fuso e stabilisce la quantità dei giorni destinati a ognuno, che può variare da fili cortissimi e fili molto lunghi, e la qualità: dividendoli fra giorni felici e giorni di sventura; Atropo, infine, ha il compito inesorabile di recidere il filo nel momento previsto, assumendosi il compito di principiare la nascita e la fine della vita.
Tutte e tre hanno le sembianze di tre anziane donne e la loro casa si trova, giustamente, nel regno dei morti. Provano un sincero e una raggelante indifferenza nei confronto della vita umana.
Divinità Olimpiche
Zeus
Zeus (in greco antico: Ζεύς, Zèus) nella mitologia greca e in Hades è il re di tutti gli dei, capo dell’Olimpo, e dio del cielo e del tuono. È simbolo di giustizia, benevolo nei confronti di chi è rispettoso verso la natura e gli stranieri e inviso verso coloro che non rispettano le leggi dell’ospitalità.
Divinità più importante, è padre di moltissimi altri dei, eroi ed eroine, nonché personaggio molto frequente nei racconti della tradizione religiosa dell’antica Grecia. L’etimologia del suo nome lo fa risalire a un’origine indoeuropea legata al cielo diurno e al culto della luce in generale e non sono poche le influenze orientali, soprattutto per quanto riguarda l’iconografia con cui veniva solitamente rappresentato. Nonostante questo legame con il cielo, in numerose città greche veniva adorata una versione locale di Zeus ctonio, che viveva nel sottosuolo a cui venivano sacrificati animali di coloro nero soffocati dentro a dei pozzi (in netta contrapposizione ai riti sacrificali normalmente rivolti alle divinità olimpiche).
Nato dal titano Crono e da Rea, fu nascosto dalla madre in una grotta sul Monte Ida a Creta (e allevato da differenti figure in base alle diverse versioni) per evitare che fosse divorato come i suoi fratelli e sorelle prima di lui. Crono, infatti, temeva che uno dei suoi figli potesse prendere il suo posto, proprio come lui aveva fatto con suo padre Urano. Una volta cresciuto, provocando il vomito a Crono, Zeus riuscì a liberare i suoi fratelli e le sue sorelle e a liberare dal Tartaro anche gli Ecatonchiri e i Ciclopi, fratelli di Crono. Seguì la cosiddetta Titanomachia, al cui termine i Titani furono sconfitti e spediti nelle profondità più oscure del Tartaro. Spodestato Crono, Zeus si divise il mondo insieme ai fratelli Poseidone e Ade, proclamandosi re dell’Olimpo.
Alla Titanomachia segue la Gigantomachia (i Giganti non presero benissimo il fatto che Zeus confinò tutti i Titani nel Tartaro), battaglia che Zeus riuscì a portare a casa grazie all’aiuto di Eracle, un mortale con facoltà straordinarie. In ultimo, lo scontro contro Tifone, titano figlio di Gaia e del Tartato, inviato dalla madre per punire Zeus del suo comportamento nei confronti dei Titani e dei Giganti. Dopo essere stato sconfitto, Tifone venne schiacciato da Zeus sotto una montagna (per altre versioni sotto l’Etna).
Fratello di Esita, Demetra, Era, Ade e Poseidone, quasi tutti i miti lo vogliono sposato con la sorella Era (molto gelosa del marito e vendicativa nei confronti delle sue numerosissime amanti e della loro prole) oppure con Dione (dalla quale ebbe Afrodite, secondo l’Iliade). Come padre di tutti gli dei, un titolo che in questo caso oltrepassa il valore simbolico, tra i suoi figli possiamo ricordare personaggi come Apollo, Artemide, Hermes, Persefone, Atena, Dioniso, Perseo, Elena, Minosse, le Muse, Ares, Ebe, Efesto e Ilizia.
Atena
Atena, chiamata anche Pallade e in svariati altri modi, è la dea greca della sapienza, delle arti e della guerra, nonché figlia preferita di Zeus. Protettrice di Atene, e dei Greci nella guerra contro Troia, possedeva capacità profetiche e mediche e per questo veniva adorata anche nei santuari di Delfi ed Epidauro. Si diceva che il Palladio, statuetta in legno e poi diventata di metallo che la raffigurava, possedeva la capacità di rendere la città che la ospitava impossibile da espugnare.
Il mito la vede nascere con fattezze già adulte e completa di armatura dalla testa o dal polpaccio di Zeus, grazie all’intervento di Efesto e all’utilizzo di un’ascia bipenne. Pur concordando con questa origine, alcune versioni inseriscono la figura di Meti, dea della prudenza e della saggezza, come madre di Atena: la quale, dopo essersi unita a Zeus, viene da lui divorata per timore di una nefasta profezia (la quale affermava che i figli di Meti sarebbero stati più potenti del padre).
Altre fonti del mito, la vogliono figlia di Crono e quindi sorella di Zeus, Ade e Poseidone.
Prototipo di dea guerriera, vergine e saggia, è protagonista e personaggio fondamentale di numerosi racconti della tradizione, specialmente nelle funzioni di consigliera e protettrice di eroi e fanciulli, istruttrice delle donne laboriose e fonte di ispirazione e buon giudizio per i tribunali e gli artigiani. Non manca di essere spietata e crudele quando sconvolta dalla coller
Dioniso
Divinità emblema del mutamento e della trasformazione, della vitalità che si apre alla molteplicità e alla totalità, Dioniso era in origine il dio della vegetazione e della natura, in seguito trasformato nel dio dell’estasi e dell’ebrezza. Uomo e donna, animale e divinità, Dioniso rappresenta la mania degli opposti che si abbracciano e gli istinti primordiali che riposano nelle profondità dell’animo, pronti a esplodere con indicibile violenza se soffocati troppo a lungo. Dioniso è anche una divinità straniera, provenendo dalla Tracia ed elemento fondamentale dei misteri orfici che lo considerano una reincarnazione di Zagreo.
Se la paternità di Zeus è fuori discussione, intorno alla figura materna esistono numerose interpretazioni che lo vogliono figlio di Demetra, di Io, di Lete, di Dione o di Persefone (la quale, seconda una tradizione avrebbe partito sia Zagreo che Dioniso). Tuttavia è Semele, figlia di Armonia e Cadmo re di Tebe, la madre maggiormente riconosciuta dalle fonti. A seguito dell’ennesimo tradimento da parte di Zeus, Era decise di punire Semele mettendole contro le sorelle Agave, Ino e Autonoe, e provocò la sua morte ingannandola dopo aver assunto le sembianze della sua vecchia nutrice. Per evitare la morte di Dioniso (Semele era ancora al sesto mese di gravidanza), Ermes strappò il feto dal ventre della madre, che venne cucito dentro la coscia di Zeus e lì rimase per completare la gestazione. Trascorsi i quali, nacque Dioniso il cui nome significa proprio “nato due volte” o “il fanciullo dalla doppia porta”. Affidato prima alle cure degli zii e poi di Ermes che chiama Sileno (uno dei figli di Pan) per fargli da tutore.
Diventato adulto, Era, la cui ira non si era placata, lo punì con la pazzia. Da quel momento, Dioniso iniziò ad errare verso Oriente con il suo tutore e una folta schiera di satiri e baccanti che cresceva ad ogni città conquistata o nemico sconfitto, a cui seguiva la diffusione di nuovi culti e riti a suo nome: si scontrò con i Titani e con le Amazzoni; liberò la Tracia dalla maledizione che la sconvolgeva rendendo folle il re Licurgo portandolo alla morte; fino al ritorno a Tebe per ottenere vendetta verso la sua famiglia e ottenere il pieno riscatto: essere riconosciuto come un dio e poter ascendere all’Olimpo.
Ares
Figlio di Zeus e di Era, aveva come sorella Ebe e Ilizia. Per Omero e Quinto Smirneo, anche Eris (dea della discordia) era sua sorella. Per Ovidio, che riporta un’altra versione del mito, Eris e Ares erano fratello e sorella ma furono concepiti da Era al semplice tocco di un fiore di Loto, senza l’intervento di Zeus. Il luogo di nascita e di residenza dovrebbe trovarsi in Tracia, regione barbara e bellicosa.
Spesso identificato come dio della guerra tout court, è in realtà il dio degli aspetti più violenti e sanguinari della guerra e degli scontri in generale. Privilegiando gli eccessi di veemenza che si manifestano, specialmente se improvvisi e machiavellici, in risse, barbarie, razzie, ecc… Proprio per questo, viene da sempre considerato un dio del quale diffidare, il cui nome è sinonimo di furia e di bellicosità.
Personaggio ricorrente in ogni vicenda bellica, è, al contrario di altre figure legate alla guerra come Atena, un perdente nato. Anzi, un perdente che si affida esclusivamente alla forza bruta e che spesso si ritira prima delle sconfitta definitiva come nel caso di Ettore contro Diomede, nel caos sotto le mura di Troia o nello scontro contro Eracle dal quale uscì clamorosamente sconfitto. Fu protagonista delle fondazione di Tebe e del popolo degli Sparti.
Per i Romani venne assimilato alla figura di Marte (e Maris per gli Etruschi), la quale era un’antica divinità indoeuropea dai tratti rurali e, soprattutto, pacifici e benevoli.
Poseidone
Poseidone per la mitologia greca e in Hades è il dio dei mari, dei terremoti e dei maremoti. Per i Romani divenne Nettuno. Inizialmente dio dell’acqua, con il tempo venne associato e legato al mare. Proprio per questo, alcuni studiosi, concentrandosi anche sulla relativa distanza dalle acque dei primi indoeuropei e sull’importanza di un animale come il cavallo, tratteggiano Poseidone come un dio-cavallo assimilato all’elemento acquatico solo dopo i contatti con le tradizioni orientali.
Figlio di Crono, era quindi fratello di Zeus, Ade, Era, di Estiae di Demetra. La sua compagna era Nereide Anfitrite dalla quale ebbe quattro figlio: Tritone, Roda, Cimopolea e Bentesicima. Il suo simbolo era il tridente e gli animali a lui sacri erano il cavallo, il toro e il delfino.
Se offeso o ignorato era capace di provocare tempeste e di rovesciare intere isole con il suo tridente e, come Dioniso e le Menadi, aveva la capacità di provocare dei disturbi neurologici, quali l’epilessia. Se venerato nei modi giusti, come da quei marinai che gli rivolgevano delle preghiere affinché il loro viaggio fosse sicuro, assicurava un mare calmo e privo di pericoli. Era onorato come divinità in molte città, fra cui Atene (nota è la contesa con Atena per titolare la città in questione) e Corinto, nonché in molte città della Magna Grecia in cui veniva considerato protettore delle polis.
Protagonista di numerosi episodi mitici, fu uno dei personaggi più rilevanti per le opere di Omero, il quale lo schiera a difesa dei Greci nell’Iliade, scendendo personalmente in campo più volte (anche se salva Enea prima di essere ucciso da Achille); e lo rende il motore narrativo dell’Odissea, storia che noi tutti conosciamo. Sempre Omero, racconto anche di un tentativo di ribellione capeggiata da Poseidone, con l’appoggio di Era e Atena, contro Zeus. Per punire l’affronto, Zeus costrinse Poseidone e Apollo alla costruzione di un’imponente cinta muraria a protezione di Troia.
Afrodite
Dea della bellezza, dell’amore, della generazione e della primavera, Afrodite nasce da Urano e dalla schiuma del mare dopo l’evirazione di quest’ultimo per opera di Crono. Il suo legame con questo elemento la rende anche la dea che rende sicura la navigazione in mare. Molto probabile è la sua origine orientale, assimilata dalla cultura greca già ai tempi di Omero.
Nell’Iliade è figlia di Zeus e di Dione, prende le difese dei Troiani ed è madre di Enea, nato dall’unione con l’eroe troiano Anchise. Risulta essere fondamentale in questa vicenda perché si deve proprio a lei la promessa fatta a Paride dell’amore di Elena. Compare anche nell’Odissea come dea dell’amore, ma in questo caso è moglie di Efesto e oggetto delle attenzioni di Ares. La vediamo inoltre protagonista di alcuni dei racconti più famosi della mitologia greca, come il mito di Eros e Psiche, quello relativo alla nascita di Adone e all’inutile tentativo di salvarlo dalla gelosia di Ares e del mito di Nerito, unico figlio di Nereo e Doride trasformato in una conchiglia dalla dea dopo che lui rifiutò di salire sull’Olimpo insieme a lei.
La sua capacità di sconvolgere le menti degli uomini poteva estendersi anche alle divinità, lasciando soltanto tre dee immuni al suo influsso, ovvero Atena, Artemide ed Estia.
Artemide
Artemide è la dea greca della caccia, degli animali selvatici, della foresta e del tiro con l’arco; è, inoltre, la dea della luna, delle iniziazioni femminili, della verginità e del pudore.
Figlia di Zeus e di Latone, è sorella gemella di Apollo. Insieme a Selena ed Ecate rappresenta una delle fasi della Luna (nel suo caso, quella crescente) e con Atena ed Estia condivideva la verginità e l’essere rappresentata armata di un arco d’argento e frecce d’oro forgiati per lei dai Ciclopi. I boschi erano la sua casa, dove viveva con i suoi cani da caccia e una schiera di ninfe al suo seguito (il mito racconto che Artemide, all’età di tre anni, seduta sulle ginocchia di Zeus, chiese di voler rimanere vergine per sempre e la possibilità di ottenere sessanta Oceanine di nove anni come ancelle e venti ninfe affinché si prendessero cura di lei e dei suoi cani).
Come suo fratello Apollo, Artemide era una dea sia punitiva sia misericordiosa: era capace di inviare piaghe e morte a donne e animali, ma allo stesso di curare e alleviare le sofferenze dei mortali. Molti racconti mitici che la vedono protagonista presentano uno schema narrativo nel quale la femminilità, la natura o degli animali sacri, vengono offesi e minacciati da insaziabili uomini. A questi affronti la dea rispondeva con estrema crudeltà e spietatezza, come nel caso del gigante Tizio, ucciso brutalmente da Artemide e Apollo perché intento a violentare Leto, oppure Atteone o Siproiete entrambi trasformati in cervo perché avevano osato spiarla mentre era nuda, o Chione, uccisa perché si vantava di essere più bella di lei.
Schierata dalla parte dei troiani durante la guerra di Troia, la vediamo protagonista del famoso episodio del sacrificio di Ifigenia (dove Agamennone è costretto a sacrificare la propria figlia per placare l’ira della dea) e indirettamente anche di una delle dodici fatiche di Eracle, ovvero la cattura della cerva di Cerinea sacra ad Artemide.
Ermes
Messaggero degli dei, dio del commercio, dei ladri e del viaggio, Ermes ha come simboli il gallo e la tartaruga, oltre a possedere oggetti divenuti iconici, come il borsello, i sandali e il cappello entrambi alati e il bastone caduceo (che verrà confuso con quello di Esculapio e legato perciò alla medicina). Come incarnazioni del passaggio e dell’attraversamento (dallo scambio di beni, alla passaggio all’aldilà), era anche lui uno psicopompo, ovvero aveva facoltà di scendere nel regno dei morti per accompagnarvi gli spiriti dei defunti. Ermes è anche il dio degli oratori, della letteratura, dei poeti, del commercio in generale e il rappresentante del logos nella teologia greca.
È inventore di molti strumenti musicali, come la lira, il flauto di Pan e la fisarmonica a bocca; inventò anche la siringa e secondo alcune tradizioni si deve a lui l’invenzione del fuoco e di molte competizioni sportive. Da tutte queste caratteristiche dipende la nascita dell’aggettivo ermetico e la parola ermeneutica, proprio a indicare qualcosa di oscuro e nascosto e l’arte di riuscire a interpretare quei significati nascosti.
Nato in una grotta sul Monte Cilene, da Maia, figlia del Titano Atlante e Zeus, compare in numerosi racconti nelle vesti di messaggero e accompagnatore, più che come partecipe attivo dei destini degli uomini e degli eroi. Anche se non manca di aiutare Perseo donandogli i suoi sandali alati e il falcetto di Zeus, di proteggere Priamo quando entra nell’accampamento acheo per chiedere il corpo del figlio Ettore, o quando intercede presso Calipso per invitarla a lasciare andare Odisseo.
Secondo le differenti tradizioni del mito, suoi figli sono: Pan, Ermafrodito, Priapo, Eros, Tyche, Abdero e Autolico, fra i tanti.
Demetra
Dea della natura, dei raccolti e delle messi, Demetra è figlia di Crono e Rea e sorella maggiore di Zeus, Ade e Poseidone. Madre di Persefone con Zeus o Ade a seconda del mito, da Iasione ebbe Pluto (dio della ricchezza) e Filomele. Insieme a Poseidone concepì il cavallo nero Arione e dal semidio Carmanor, Crisotemi ed Eubulo.
Come dea del grano, dell’agricoltura, della gioventù, della terra verde, del ciclo delle stagioni, e quindi anche della vita e della morte, veniva appellata anche come Madre terra e Madre dispensatrice e probabilmente il suo culto ebbe inizio molto tempo prima dell’affermazione degli dei olimpici nella religione greca. Divinità benevola, sapeva anche essere tremendamente crudele e provocare carestie e morte quando offesa e/o preda della collera, come ricorda il mito di di Erisittone che venne punito con una fame insaziabile dopo aver tagliato degli alberi da frutto sacri alla dea.
Ma l’episodio mitico più importante che la riguarda, centrale anche nelle celebrazioni dei Misteri eleusini, riguarda il suo rapporto con la figlia Persefone (nonché sua incarnazione da giovane) e il suo rapimento da parte di Ade (ratto che abbiamo raccontato precedentemente). Gli stessi Misteri prendono questo nome dalla città di Elusi, luogo scelto dalla dea per nascondersi quando decise di non voler più ritornare nell’Olimpo dopo aver scoperto il destino di Persefone.
La mitologia greca in Hades – Eroi e altri personaggi
Achille
Achille è senza dubbio uno degli eroi più famosi del mito. Soprannominato Pelìde o “piè veloce”, era un semidio poiché nato dal mortale Peleo, re dei Mirmidoni, e dalla nereide Teti (unione voluta da Zeus e Poseidone preoccupati per una profezia di Prometeo, la quale affermava che Teti avrebbe generato un figlio più forte del padre). Eroe delle guerra di Troia, è il protagonista dell’Iliade di Omero e di numerose altre leggende che cercano di colmare i buchi lasciati dai poemi omerici sul resto della sua vita.
D’altra parte anche il leggendario “tallone d’Achille” è un dettaglio che non trova molto spazio nella tradizione, men che meno nei testi omerici. Questo vale anche per la sua invulnerabilità, dettaglio che viene infatti contraddetto molte volte nei vari episodi che lo vedono protagonista di battaglie e scontri in cui viene puntualmente ferito. L’origine di questa tradizione potrebbe risalire al poema incompleto Achilleide di Publio Papinio Stazio del I secolo, in cui si narra che Teti immerse Achille tenendolo per un tallone nel fiume Stige per renderlo immortale. Altre versioni, invece, raccontano che per renderlo immortale Teti cospargesse il corpo del piccolo Achille di ambrosia, mentre Peleo, di notte, bruciasse le parti mortali per renderlo invulnerabile.
Prima degli eventi raccontati dall’Iliade, lo vediamo seguire gli insegnamento del suo precettore Chironte (un centauro a cui deve il nome Achille al posto di Ligirone, che significava “piangente”) e del maestro Fenice da cui apprese l’arte dell’eloquenza e l’utilizzo delle armi. Alla richiesta se avesse preferito vivere a lungo ma senza gloria o avere una vita breve ma famosa, il giovane Achille scelse l’immortale celebrità segnando per sempre il suo destino. Il resto, come si dice, è storia (o mito).
Patroclo
Il personaggi di Patroclo, così come avviene anche in Hades, è strettamente legato alla figura di Achille. Visti talvolta come amanti o uniti da un rapporto riconducibile alla pederastia, il vicendevole sentimento di affetto è alla base di uno dei momenti più importanti dell’Iliade di Omero e significanti per un Achille altrimenti piuttosto freddo, spietato e indifferente delle sorti altrui.
Achille, infatti, offeso da Agamennone che gli aveva sottratto la sua schiava Ippodamia (chiamata anche Briseide), decise di ritirarsi dal campo di battaglia con un enorme danno per lo schieramento acheo. Al che Patroclo, figlio di Menezio e di Stenele e cugino di Achille, volle scendere in battaglia indossando l’armatura di Achille per rincuorare l’esercito greco e ribaltare l’esito della scontro. Sfortunatamente venne indebolito da Apollo e infine ucciso da Ettore. Sconvolto dalla notizia, Achille prese la decisione di tornare in guerra e vendicarsi della morte di Patroclo uccidendo Ettore.
ma venne indebolito dal dio Apollo, ferito da Euforbo ed infine ucciso da Ettore. Il desiderio di vendicare Patroclo indusse Achille a riprendere la guerra e ad uccidere lo stesso Ettore.
Teseo e Asterio
In Hades il mito di Teseo si intreccia con il personaggio di Asterio, il quale, discostandosi dalla tradizione, diviene l’incarnazione di uno suoi nemici più celebri: il Minotauro, mostro leggendario solitamente sprovvisto di nome, che in questa versione videoludica finisce per assumere quello del precedente re di Creta.
Teseo, come Perseo, Cadmo ed Eracle, viene considerato un eroe-fondatore, avendo fondato gli Ioni, ed è considerato dagli Ateniesi come un grande riformatore, inventore di innumerevoli tradizioni, padre della patria e della democrazia avendo compiuto l’unificazione politica dell’Attica (per questo motivo era conosciuto anche con il nome di “Re unificatore”). Protagonista di innumerevoli narrazioni, viene principalmente ricordato per l’episodio del labirinto e dello scontro con il mostro taurino appena ricordato. Una storia che vede Minosse, Re di Creta, vittorioso contro Atene, pretendere ogni nove anni (secondo altre fonti ogni anno) l’invio di sette fanciulli e sette fanciulle a Creta per essere sacrificati e divorati dal Minotauro.
Teseo, figlio di Etra ed Egeo o di Poseidone, decide di offrirsi volontario per la terza spedizione con l’intenzione di uccidere il mostro e interrompere quella scia di sangue, promettendo al padre Egeo che se avesse vinto avrebbe issato delle vele bianche sulla propria nave. Giunto a Creta, con l’aiuto di Arianna che nel frattempo si era innamorata di lui, riuscì a non perdersi dentro il labirinto e a sconfiggere il mostro. Completata la proprio missione decise di portare con sé la figlia di Minosse, per poi abbandonarla sull’isola di Nasso e si dimenticò di cambiare il colore delle vele da nere a bianca, provocando il suicidio del padre Egeo che lo credeva morto.
Secondo alcuni fonti, Teseo fu uno degli Argonauti, anche se per Apollonio Rodio all’epoca della spedizione si trovava negli inferi. Con Fedra generò Acamante e per quanto riguarda la sua morte, si narra che venne ucciso da Licomede, re di Sciro, che lo fece cadere con un tranello da una scogliere della sua isola, in accordo con Menesteo che aveva usurpato il trono di Atene in sua assenza.
Cerbero
Uno dei mostri più iconici della mitologia greca, in Hades il suo aspetto non è proprio concorso con quello che leggiamo nelle testimonianze giunte fino a noi.
Enorme mastino a tre teste, Cerbero è uno dei guardiani dell’ingresso degli inferi. Per la tradizione, il suo corpo non è ricoperto di pelo ma di serpenti velenosi e il suo latrato assomiglia al rombo di un tuono, più che a quello di un normale cane. Figlio di Tifone e di Echidna, è fratello di Ortro, dell’Idra di Lerna e della Chimera.
Guardiano infallibile, venne meno al suo compito solo in due occasioni: domato da Eracle, che lo sottomise per poterlo portare vivo a Micene e superare l’ultima delle dodici fatiche; e da Orfeo che per poter scendere nell’Ade e riportare indietro la sua amata Euridice, riuscì a farlo addormentare suonando la lira.
Medusa
Dusa, per l’utilizzo che Hades fa della mitologia greca, insieme a Steno ed Euriale, Medusa è una delle tre Gorgoni figlie di Forco e Ceto. Per il mito possedevano la capacità di pietrificare chiunque incrociasse il loro sguardo. Rispetto alle sorelle, Medusa era l’unica a non essere immortale.
Per le prime rappresentazioni sono donne orrende con ali d’oro, mani di bronzo, serpenti come capelli, con zanne suine e a volte una ispida e corta barba. Solo successivamente assumono le sembianze di donne bellissime con serpenti al posto dei capelli.
Secondo alcuni autori (come Ovidio, Apollodoro ed Esiodo) Medusa era in origine una donna bellissima trasformata in una creatura orrenda da Atena per aver paragonato la sua bellezza con quella della figlia di Zeus.
L’episodio mitico che l’ha resa più celebre è senz’altro quello della sua morte per opera di Perseo, inviato dal re Polidette che voleva sposare la madre Danae e sperava in una sua disfatta. Tuttavia Perseo, grazie all’aiuto delle ninfe dello Stige e di Ermes che gli donarono dei sandali alati, l’elmo dell’invisibilità di Ade e un falcetto divino, e alla mano guidata da Atena, riuscì a decapitare Medusa senza mai incrociare il suo sguardo, ma solo l’immagine riflessa dal suo scudo. Dalla ferita di Medusa nacquero Pegaso, il cavallo alato, e il gigante Crisaore, entrambi figli che la Gorgone aveva concepito con Poseidone.
Invisibile, Perseo sfugge alle sorelle di Medusa e scappa in groppa a Pegaso portando con sé la testa della Gorgone che non aveva perduto la sua capacità di pietrificare gli altri essere viventi.
Orfeo e Euridice
Così come nel mito, anche in Hades Orfeo ed Euridice sono due personaggi legati indissolubilmente, seppur con tutte le differenze del caso. La loro tragica storia d’amore è una delle più famose del mondo e fonte di ispirazioni per i secoli a venire.
I protagonisti di questa vicenda sono Orfeo, figlio della Musa Calliope e del sovrano tracio Egro, la cui figura è impossibile da riassumere in poche righe, in quanto sciamano, essenza messianica e incarnazione dei valori assoluti ed eterni dell’arte, non di meno fondatore dell’Orfismo (una delle religioni misteriche più importanti e influenti dell’epoca) e Euridice, moglie di Orfeo e ninfa delle Amadriadi. A scatenare il motore degli eventi è la morte della ninfa a seguito del morso di un serpente, calpestato per sbaglio mentre sfuggiva dalle moleste attenzioni di Aristeo, uno dei figli di Apollo.
Sconvolto dal dolore, Orfeo scese negli inferi per poter recuperare la sua amata e riportarla in vita. Grazie alla potenza della sua arte riuscì a superare tutti gli ostacoli che gli si ponevano dinnanzi, tanto da riuscire a placare Cerbero, il guardiano dell’Ade. Giunto nella sala del trono degli Inferi, incontrò Persefone e suo marito Ade, che in quel momento stava dormendo profondamente. Commossa dallo straziante racconto di Orfeo, Persefone approfittò del sonno del marito per permettere a Euridice di tornare sulla terra a patto di rispettare una condizione: Orfeo avrebbe dovuto sempre camminare davanti all’amata senza mai voltarsi, neanche per un secondo. Sul limitare della soglia della porta degli Inferi, Orfeo cede alla tentazione e si volta, rompendo la promessa e perdendo per sempre la possibilità di stare insieme a Euridice, che nello stesso istante scomparve per sempre, dispera in una nuvola o pietrificata per l’eternità (il mito presenta diverse versioni da questo punto di vista).
Il dolore di Orfeo sembrava essere un dolore senza fine: per Virgilio pianse per sette mesi (per Ovidio per sette giorni) sfogando la sua pena attraverso la musica incantando ogni creatura vivente, animale o piante che fosse, intorno a lui. Secondo Virgilio, l’estrema fedeltà di Orfeo e il rifiuto di concedersi ad altre donne, scatenò l’ira alcune baccanti della Tracia che lo fecero a pezzi e lo sparsero nei terreni circostanti. Per Ovidio, invece, Orfeo rinunciò al solo amore eterosessuale per dedicarsi a quello omosessuale, amando fanciulli e facendo innamorare anche i mariti delle donne della Tracia provocando la furia delle Menadi, che smembrarono il poeta nutrendosi delle sue carni.
La cruenta fine di Orfeo, rende possibile la sua associazione con Dioniso, anche lui divorato dai Titani, rendendolo il rappresentante della dualità (anima divina e corpo mortale) insita nell’essere umano. Una nozione, che separa il corpo mortale dall’anima immortale, che viene introdotta per la prima volta in Occidente proprio dalla tradizione orfica.
Sisifo
Chiude questo approfondimento sulla mitologia greca in Hades, la storia di Sisifo, una vicenda che può essere letta come un’allegoria del nostro eterno ripetere partita dopo partita questo percorso circolare nei panni di Zagreus e quindi, meta-narrativamente, anche del genere roguelike/lite in senso lato.
Per tornare al mito: in un dramma satiresco di Eschilo, che riprende un racconto popolare citato anche da Omero, Zeus invia Thanatos a casa di Sisifo, re di Corinto, per catturarlo e imprigionarlo nel Tartaro. Tuttavia, il re, con astuzia lo fa ubriacare e lo lega con delle catene facendo così scomparire la morte dal mondo. Almeno fino all’intervento di Ares, che lo libera e riesce a catturare il re confinandolo nel Tartaro. Ma Sisifo, con una seconda trovata d’ingegno, riesce a sfuggire alla morte una seconda volta convincendo Persefone a farlo tornare sulla terra per ricevere un funerale appropriato. In realtà fu proprio Sisifo a convincere la moglie Merope a non seppellire il suo corpo come stratagemma da utilizzare per fuggire nuovamente alla morte eterna.
Scoperto il trucco, fu trascinato nell’Ade da Hermes e gli fu imposto, come punizione per aver osato sfidare Thanatos, di trascinare per l’eternità un macigno in cima a una collina. Il quale, raggiunta la vetta sarebbe rotolato giù, destinandolo a ripetere all’infinito quell’estenuante fatica.