Se amate davvero i videogiochi, non fate l’errore di ignorare ancora MO: Astray
Credo che ci sono casi in cui la divulgazione videoludica sia più utile che in altri, e questo è uno di quelli. Spesso si parla di giochi che prima ancora di uscire sono già stati sviscerati dai media (e grazie al marketing) in ogni singolo elemento e sono conosciuti da praticamente chiunque segua il settore. Ci sono però anche giochi “minori” appartenenti a mercati emergenti completamente snobbati, che talvolta non vengono minimamente calcolati dalla critica. Parlando di MO: Astray, gioco indie prodotto da Rayark e sviluppato dal team taiwanese di Archplay, questo fenomeno si traduce in un errore madornale.
La versione STEAM è uscita in sordina l’anno scorso ed è stata molto apprezzata dalla piccola nicchia che ha avuto la fortuna di scoprirlo, ma non ha ricevuto comunque il seguito che avrebbe meritato. Sì perché signori, parliamoci chiaro, parliamo di un mezzo capolavoro del genere. Ergo, in occasione della nuova edizione per Nintendo Switch, vediamo di dargli lo spazio che merita.
Ma cos’è esattamente MO: Astray? Si tratta sostanzialmente di un platform- puzzle game. Un gioco lineare che propone una sequenza di sfide provanti per la vostra capacità di intuizione e lettura dell’ambiente, quanto per l’estro manuale, il tempismo e la padronanza delle movenze del nostro protagonista, MO. Ad uno sguardo veloce e superficiale vi sembrerà di essere davanti all’ennesimo metroidvania indie. Ma non è così. MO Astray non è per nulla diluito tramite labirintiche formule di progressione a base di backtracking e mappe intorcolate. Si segue un percorso unilaterale, sempre diverso, in cui la complessità si traduce unicamente nella sfida proposta dalle singole sezioni che compongono il mondo di gioco.
Quest’ultimo, costruito con una pixel-art dai tratti incisivi e molto piacevoli, racconta una storia tragica che si consuma in un pianeta sconosciuto. Qui il nostro protagonista MO, una misteriosa forma di vita simile ad uno slime, si risveglia, e guidato da una voce misteriosa, attraversa strutture sotterranee scientifiche che ospitavano in un passato indefinito, un gruppo di scienziati che lavoravano su una forma di energia aliena. Una missione evidentemente finita nel dramma in seguito ad un incidente che sta al giocatore svelare nel dettaglio, e che ha lasciato il pianeta in rovina, popolato solo da creature autoctone e morti viventi.
Al di fuori delle sporadiche brevi cutscene, la narrazione (così come il gameplay) si dipana e svela ora dopo ora esclusivamente grazie alle abilità di MO. Ma andiamo con ordine.
La curiosa creaturina infatti ha diverse e peculiari capacità. Oltre a muoversi in entrambe le direzioni, può aderire ad ogni tipo di superficie, ma solo per un periodo limitato prima di scivolare giù. Nonostante non sia provvista di alcun arto, può saltare, e proprio la meccanica del salto forma lo scheletro principale del gameplay. Infatti questo non è automatico come in un comune platform ma viene eseguito con lo stick destro per deciderne la traiettoria e solo successivamente va premuto il tasto dedicato al balzo. Può sembrare inizialmente una manovra “scomoda” per un semplice salto ma né capirete presto il senso. Ogni schermata del gioco infatti è da esaminare a 360 gradi nella misura in cui come detto, il nostro paffuto protagonista è capace di aderire ovunque, e di conseguenza ogni superficie, orizzontale o verticale che sia, è potenzialmente un punto di appoggio da puntare con precisione.
Attorno a questo concetto l’eccellente level design ostacola il giocatore sia con trappole, baratri e piattaforme in qualche modo pericolose, sia inserendo dei puzzle ambientali che prevedono di leggere gli elementi su schermo, tra dispositivi da attivare, casse da spostare e quant’altro, fino all’intuizione della via d’uscita. Si crea quindi una sinergia incredibile tra i due aspetti del gameplay, quello prettamente manuale che richiede tempismo e capacità di esecuzione, e lo stimolo cerebrale della risoluzione dei puzzle. Una formula resa brillante da Archplay grazie ad una inventiva e una freschezza sempre concreta nella tipologia di enigmi (studiati per non essere né frustranti, né semplici) e una grande attenzione dei particolari, come ad esempio la fisica simulata di ogni elemento dinamico (tra cui lo stesso MO) con cui dovremo fare i conti.
In virtù di questi meriti, pare quasi di trovarsi di fronte ad un gioco Nintendo, e mi sbilancio nell’affermare che per sostanza ludica, sia quasi più intrigante di un Ori and the Blind Forest (gioco con cui nonostante evidenti differenze condivide un certo spessore ludico legato soprattutto alle dinamiche di salto).
Potrei fermarmi qui per dichiarare ufficialmente MO come un gioco assolutamente imperdibile per tutti i possessori di Nintendo Switch, ma la verità è che c’è anche di più. Sorvoliamo sui diversi power up -per lo più legati alla mobilità in volo- che rendono man mano il gameplay sempre più piacevolmente articolato e passiamo direttamente all’altra macro caratteristica di MO: la possibilità di controllare “mentalmente” altre creature.
Ebbene MO può letteralmente appiccicarsi alla testa di qualsiasi creatura (a prescindere dal fatto che sia in vita o meno) , in primis per leggerne i pensieri (svelando in questo modo tutta la lore della suggestiva trama) ma anche per sfruttare momentaneamente le abilità di questi corpi, che può usare per premere pulsanti, passare sopra terreni altrimenti impraticabili, ecc. Può anche collegarsi ad altri suoi cloni che sporadicamente si presentano in scena: in questo caso con la pressione di un tasto è possibile passare dal controllo di uno o l’altro per risolvere situazioni che prevedono di compiere passaggi paralleli e coordinati. Una volta superata la zona che richiede gli sforzi congiunti dei due, il clone viene lasciato indietro e MO riprende il suo cammino in solitaria. Infine non mancano boss fight sempre piuttosto originali che non si confrontano sulla forza bruta (che non è certo la specialità di MO) ma anche in questo caso sull’ingegno e l’interpretazione trasversale dell’arena di combattimento per sfruttarla a nostro vantaggio.
Molte situazioni differenti in un titolo tutto sommato piuttosto conciso (si finisce in una decina di ore) che delineano un impianto di gioco stimolante e molto soddisfacente, complice un discreto tasso di sfida. Questo oltretutto è incorniciato da una cifra stilistica di tutto rispetto, che al netto di pochi elementi un po’ più grossolani stuzzica l’occhio con tanti piccoli dettagli e animazioni deliziose. Piuttosto sorprendente anche la trama che tutto sommato si rivela abbastanza intrigante considerato il fatto che è totalmente funzionale ad un’esperienza completamente ludica.
Insomma, spero che il messaggio sia arrivato forte e chiaro: supportate MO: Astray, che tra l’altro su Nintendo Switch trova la sua casa più confortevole. Non ve ne pentirete.