I monaci sono più presenti nella fantascienza di quanto ci si potrebbe aspettare, vediamo alcune storie in cui sono protagonisti
a di tutte le professioni che puoi mettere in una storia di fantascienza che c’entrano i monaci? Astronauti, piloti, fisici, ingegneri, politici, mercenari, psicologi, linguisti… questi li capiamo, ma perché dovrebbero esserci frati, suore e missionari? Eppure, a quanto pare il trope del “monaco nello spazio” è più frequente del previsto, e sono molti i romanzi e gli universi narrativi che non solo li prevedono ma sono proprio centrati su di loro. Esploriamo allora l’inaspettato mondo degli ordini monastici fantascientifici.
Il monastero alla fine del mondo
Una delle caratteristiche più interessanti dei monaci è che tipicamente vivono nei monasteri, e questo può essere interessante per chi scrive fantascienza, perché i monasteri durano. Il monastero è un luogo concepito per essere a suo modo un microcosmo autosufficiente e volutamente isolato dal resto del mondo, spesso in senso letterale; luoghi sicuri, in cui trovare rifugio e serenità, nei quali è possibile portare avanti progetti a lungo termine e filantropici. La storia ci racconta di quanti documenti dell’antichità hanno attraversato i cosiddetti “secoli bui” grazie alla pazienza e perseveranza dei monaci che li preservavano per le future generazioni. Da qui è abbastanza facile immaginare quindi che in un futuro prossimo o remoto, potrebbero essere proprio istituzioni come queste a costituire centri di cultura e conoscenza.
E un centro del genere stabile nel tempo è particolarmente importante se là fuori il mondo è finito. Un po’ come ci immaginiamo potessero essere i monasteri nel Medioevo (anche se è noto che sia un’estrema semplificazione), anche i monaci della fantascienza sono i depositari di antiche conoscenze che si sono perse con il crollo della civiltà. Il caso più famoso è quello del classico Un cantico per Leibowitz di Walter M. Miller jr, che parte da un contesto postapocalittico, dopo che un olocausto nucleare ha eliminato buona parte della società umana e i pochi superstiti fanno affidamento sui seguaci dell’ordine di San Leibowitz. I leibowitziani si occupano di conservare documenti e nozioni di cui loro stessi non comprendono il significato, ma che saranno cruciali per ricostituire la società nei secoli a venire, quando il fallout cesserà di essere letale.
Un’opera che presenta una situazione simile, anche se senza l’ambientazione postapocalittica è Anathem, il monumentale romanzo di Neal Stephenson che inizia proprio all’interno di un monastero popolato di monaci (fraa) e suore (suur) da millenni isolati dalla società, che ha bandito il sapere scientifico e le tecnologie più avanzate, sottoponendo i concenti (come vengono chiamati i monasteri) al controllo di un’autorità simile all’Inquisizione. Di fatto quindi anche i fraa e le suur di Anathem si occupano di preservare la conoscenza, cosa che si rivelerà di cruciale importanza quando una minaccia esterna rischia di mettere in pericolo il mondo intero.
In alcune storie di fantascienza invece sono proprio i monaci a costituire la minaccia che mette in pericolo il mondo intero: è il caso de La Chiesa Elettrica di Jeff Somers (e in misura minore i vari sequel del ciclo di Avery Cates) in cui il fondatore di questa nuova congrega promette ai suoi adepti l’immortalità. E si tratta di un’immortalità letterale, perché il piano del patriarca della Chiesa Elettrica è quello di trasferire i cervelli dei seguaci in corpi robotici chiamati appunto Monaci, che sono davvero indistruttibili ed eterni. Peccato però che in cambio della vita eterna chi sceglie la vita del Monaco diventa di fatto uno schiavo del fondatore, conferendogli un potere immenso che infatti gli varrà una succosa taglia sulla testa. Inevitabilmente, il tutto porterà alla fine del mondo, anche stavolta.
Emissari della Fede
Ma al di fuori dei monasteri i monaci hanno anche altre funzioni importanti, prima di tutto quella di predicatori, missionari e a volte anche inquisitori. In questo caso si capisce meglio quale sia il legame profondo tra monaci e fantascienza: quando si pensa a esplorare lo spazio e contattare civiltà aliene, c’è bisogno di persone con una forte vocazione, che abbiano qualche convinzione profonda che le spinge a lasciarsi tutto alle spalle e correre il rischio di non tornare mai più alla propria casa. Proprio come i missionari del passato e di oggi, anche quelli del futuro si avventureranno nello spazio per portare la Buona Novella laddove ce n’è bisogno.
Uno dei più famosi missionari dello spazio è Padre Carmody, personaggio di Philip J. Farmer che compare nel romanzo Notte di luce e in altri racconti. Carmody è un missionario cristiano di indole scettica, che viene inviato in missione su vari pianeti per comprendere le religioni locali e si trova a confrontarsi con misteri e dilemmi che risolve con acume e ironia. Un altro missionario memorabile tra i monaci della fantascienza è Padre Duré, che ricorre nei Canti di Hyperion di Dan Simmons, prima come studioso del Crucimorfo, un parassita che permette la resurrezione, e poi come alter ego del nuovo Papa. In altri casi i missionari sono mandati su pianeti alieni proprio per diffondere la religione, come nel Libro delle cose nuove e strane di Michel Faber, in cui i nativi del pianeta Oasis sono tremendamente affascinati dal cristianesimo e dalla figura di Gesù. Ma perché mandare un umano a fare il lavoro che potrebbe fare un robot? In fondo la predicazione si può ridurre a un algoritmo, e quindi è facile programmare un androide che si occupi di diffondere la fede, come il Monaco Elettrico (da non confondersi con quelli della Chiesa Elettrica di prima) che compare come personaggio chiave nel primo romanzo del ciclo di Dirk Gently, l’investigatore olistico di Douglas Adams.
A volte però c’è bisogno anche di una certa fermezza nella gestione della Fede, ed è lì che incontriamo il lato più ruvido degli ordini monastici, con i vari modelli di Inquisizione che si occupa di controllare e reprimere le eresie. Tra gli Inquisitori più famosi della fantascienza troviamo quella della saga di Warhammer, che tra giochi da tavolo, manuali e romanzi comprende una lore profondissima di battaglie per la fede nello spazio. Sempre nei Canti di Hyperion, ma nella seconda parte (Endymion e Il risveglio di Endymion), Simmons racconta di come proprio a partire dal Crucimorfo la Chiesa Cattolica si è evoluta nella Pax, che mantiene il controllo grazie all’Inquisizione, di cui troviamo un degno esponente tra i protagonisti. Infine, l’Inquisitore italiano più famoso della letteratura è sicuramente il Nicolas Eymerich ideato da Valerio Evangelisti, che si muove in romanzi sospesi tra storia, fantacienza e horror.
I segreti delle Sorellanze
Finora abbiamo visto per lo più monaci e missionari uomini, ma gli ordini monastici sono anche femminili. E spesso le sorellanze sono ancora più misteriose e potenti degli ordini maschili, perché riescono a passare inosservate e operare così dietro le quinte. Il primo esempio che viene in mente sono le Bene Gesserit del ciclo di Dune: una Sorellanza che per migliaia di anni porta avanti una sua agenda occulta, dirige le linee di sangue di tutto l’impero galattico e manipola dall’ombra i centri di potere, usando come strumenti principali la persuasione e la seduzione. Nel prosieguo della saga, le Bene Gesserit diventano interamente protagoniste e il loro ordine è l’unica istituzione in grado di fronteggiare la minaccia delle Matres Honorate… un’altra sorellanza forte almeno quanto loro.
Tra le suore missionarie che esplorano lo spazio troviamo invece le Sisters of the Vast Black della saga di Lina Rather (attualmente al secondo volume) in cui le Sorelle dell’Ordine di Santa Rita si prendono cura delle navi generazionali che attraversano la galassia, e per farlo devono anche saper reagire velocemente alle minacce che si presentano dallo spazio esterno ma anche dall’interno della Chiesa. Ma se come dicevamo all’inizio il monastero è un microcosmo, allora può essere anche il luogo in cui sperimentare soluzioni innovative per società diverse, ed è proprio questo che troviamo nel nuovo romanzo di Lauren Groff pubblicato da Bompiani. Matrix non ha niente a che fare con pillole rosse o blu, perché la radice del titolo è la stessa di “madre” ma anche la matrice di un possibile mondo utopico. Inventando la vita della poetessa Marie de France (personaggio reale ma quasi leggendario, di cui si sa molto poco), Groff racconta la storia di una possibile rivoluzione, operata da una donna che si rivolge ad altre donne e cerca di creare una società più giusta a partire da un monastero, rivolgendosi da pari alle sue sorelle e cercando di costruire una rete di rapporti virtuosi.
La storia però non è andata davvero come viene raccontato in Matrix, e consapevole di questo questo Lauren Groff cerca di mettere in bocca a Marie parole di ammonimento per il futuro cupo che si prospetta, che corrisponde poi al nostro presente. Anche se possono suonare un po’ anacronistiche, le profezie della suora poetessa ci toccano da vicino e mettono in guardia rispetto alla ciclicità dei tempi e delle sorti dell’umanità. Sembra inevitabile che periodicamente ci troviamo ad attraversare dei “secoli bui” ed è proprio in tempi come quelli che abbiamo più bisogno di persone animate da fede e dedizione che si prendano l’incarico di conservare i semi della civiltà. Che siano chiusi in un monastero o su un’astronave, non fa molta differenza.