Parliamo con Francesco Toniolo de “Il mondo dei brony. Indagine sul fandom di My Little Pony” per comprendere meglio uno dei fenomeni più interessanti del web.
“Sapete cosa fa la gente con i pony? Si masturba!“. “Mi danno l’idea di pedofili“. “È inquietante“. Le frasi qui riportate – la prima tratta dal video di Croix89 e le altre dal documentario “Bronies The Extremely Unexpected Adult Fans of My Little Pony” – rispecchiano l’opinione pubblica attorno al fenomeno dei brony. Con questo termine si intende un fan del cartone animato My Little Pony: Friendship is Magic (MLP: FiM), quarta generazione iniziata nel 2011 a opera di Lauren Faust, un nome già noto nel mondo dell’animazione dato che, tra le tante cose, ha dato origine anche alle Superchicche.
La particolarità del brony è che il più delle volte è un uomo adulto. Il primo pensiero che passa alla mente è quindi: come può un cartone per bambine, nato per vendere giocattoli proprio a quelle bambine, appassionare un uomo adulto? Per questa ragione il brony è stato al centro di campagne mediatiche e discussioni negative, spesso nate dall’errata categorizzazione. Eppure, dietro la passione per MLP: FiM si cela spesso la ricerca di una via di fuga da depressione, esclusione sociale, bullismo. Molti dei brony intervistati nel suddetto documentario ammettono di aver ritrovato gioia nella vita grazie alle avventure delle Mane Six, le sei protagoniste dell’opera, attraverso cui si dà valore a temi come l’amicizia, l’altruismo, la pace. Il tutto avvalorato da uno stile artistico e musicale di alta qualità.
Insomma, un cartone animato oggettivamente ben fatto nelle sue varie componenti, ma che non spiega l’esplosione, forse repentina, che ha portato all’origine di una massiccia community di fan, riunita sotto il termine dei brony. Per comprendere la portata del fenomeno, nell’anno in cui è stata messa in onda MLP: FiM, è stata creata un’apposita convention, chiamata BronyCon, che ha sede negli Stati Uniti, con lo scopo di riunire il fandom. Di conseguenza, tra le migliaia di visitatori non vi sono solo genitori con bambini al seguito, ma ragazzi, ragazze, uomini e donne, spesso vestiti dai loro personaggi preferiti, che si ritrovano annualmente per celebrare il fantastico mondo di Twilight Sparkle e co.
Quanto delineato sinora mostra un netto contrasto tra lo stile del cartone, il pubblico di riferimento, e il riscontro effettivo su target non contemplati. A causa di questo inaspettato miscuglio, il brony è soggetto a stereotipi e luoghi comuni. Molto spesso, in questi casi, ci si riferisce al lato più perverso del fenomeno, che associa per l’appunto il brony al pedofilo; altre volte invece si banalizza puntando l’accento esclusivamente sui valori positivi promossi da MLP: FiM. In realtà la community dei brony è un fenomeno complesso, che merita un’opportuna ricerca.
È da quest’input che nasce il libro “Il mondo dei brony. Indagine sul fandom di My Little Pony” di Francesco Toniolo, edito da Paguro Edizioni (2019). Un autore già noto in queste pagine, poiché proiettato principalmente sui videogiochi, che in questo caso va oltre, concentrandosi su un fenomeno che guarda anche al medium videoludico, ma che in generale riguarda la cultura pop nata nel web. Una ricerca rigorosa e attenta, suddivisa in sei capitoli, che ha come obiettivo quello di dare una spiegazione oggettiva sulla figura del brony, e sulle diverse declinazioni ed espressioni che hanno portato alla formazione di dicerie e luoghi comuni. Data la particolarità dell’argomento, abbiamo fatto una chiacchierata direttamente con Francesco per scoprire meglio i contenuti del volume e i retroscena legati alla sua analisi.
Potete ascoltare la seguente intervista anche via podcast.
Com’è nata l’idea di un libro, o meglio, di studiare il fenomeno dei brony?
Del tutto a caso direi, nel vero senso della parola. Mi trovavo al Lucca Comics, ormai qualche anno fa, con altri miei libri, e ho riconosciuto alcuni cosplay che si avvicinavano. Gli ho detto “Voi siete dei brony?“, perché erano vestiti per l’appunto come i personaggi di My Little Pony. Allora abbiamo iniziato a parlare un po’, quando uno di loro mi ha detto: “Certo che uno studio, un libro, qualcosa del genere dedicato a noi brony sarebbe proprio fico, interessante“. E lì si è accesa nella mia testa la lampadina: gli ho detto: “Be’, facciamolo! Cioè io lo faccio, vi intervisto, e poi da lì si parte con tutto il resto“. Quindi nessun progetto a monte. Proprio come si dice: quando sei investito dall’idea geniale all’improvviso.
Di norma le analisi o i reportage sulla community dei brony non danno un’interpretazione univoca. Nel senso: o si parla del fenomeno esclusivamente da un punto di vista positivo, oppure ci si concentra sugli stereotipi, o comunque sull’immagine più diffusa – nonché malsana – del brony. Come’è stato per te districarsi in queste due visioni opposte per darne una precisa, evidente dal tuo libro?
È stata forse la cosa più difficile di tutte, perché come sottolineavi tu stessa, quando si va a parlare di questo mondo, alla fine i due poli di interesse sono quelli. Da un lato ci sono le magnifiche sorti progressive dei brony, quindi dire quanto siano bravi e belli perché seguono i dettami dello show che parla di amicizia, fratellanza, rispetto, eccetera eccetera.
Dall’altro lato c’è tutto questo mondo interessato a spulciare nel fenomeno solo per tirarci fuori i cosiddetti cringe: tutto il peggio che è stato prodotto da alcune di queste persone in ambiti di feticismi e altro. Quindi, ecco, riuscire ad avere una posizione che fosse equidistante, che poi è l’ottica della ricerca, non è stato sempre facilissimo, anche perché ci si trovava a doversi muovere tra delle fonti che già erano di per sé viziate in questo senso, in una direzione o nell’altra. L’idea è stata quella di cercare una quadra, di guardare al fenomeno che fosse più oggettivo possibile. Posto che l’oggettività totale e assoluta non è umanamente raggiungibile, però bisogna porla come obiettivo, cercare di avvicinarsi.
Ecco, prima parlavi di feticismo. Un altro aspetto evidente è che quando si parla dei brony si tende a generalizzare sugli stereotipi, anche positivi. Per esempio, non viene fatta una distinzione, nella narrazione comune, tra brony, pegasister, e così via. Ci si sofferma solamente sull’adulto, uomo, eterosessuale che si appassiona a MLP, a questo show dedicato principalmente alle bambine. Ci puoi delineare meglio le varie categorie di fan, e quali invece vengono erroneamente legate ai brony?
Certo, faccio un minimo di glossario. Finora abbiamo già detto varie volte il termine brony, che è quello più usato. Nasce dalla contrazione di «brother» e «pony», quindi diciamo fratello-pony, e identifica per alcuni solo il fan duro e puro, che segue fino in fondo i dettami dello show, quindi che prende anche il messaggio di pace, amicizia, fratellanza e lo porta nella sua vita. Per altri invece identifica in modo un po’ più ampio tutti coloro che apprezzano questo cartone animato e tutto ciò che ci sta intorno.
Poi ci sono le pegasister che ricordavi, altra contrazione di «pegasus» e «sister», e identifica la componente femminile del fandom. Anche qui però ci sono diversi dibattiti, perché ci sono diverse ragazze che non amano particolarmente questa ulteriore definizione, preferendo il termine brony, poiché vista come una sorta di ghettizzazione, se si vuole, magari anche fatta in senso positivo che però finisce per porre una distinzione che di base non c’è. Infine c’è l’elemento più chiacchierato che sono i cosiddetti clopper che, senza ora andare nel dettaglio, diciamo sono le persone all’interno del fandom che sono interessate a una serie di fan-art, fan-fiction, insomma un insieme di contenuti di carattere erotico su questi pony.
Anche su questo è molto interessante vedere come si pone il fandom stesso, perché c’è una parte dei brony che va in qualche modo a voler escludere queste persone, o a dire che non sono veri fan, eccetera, eccetera. Mentre altri ricordano che è paradossale per un fandom nato proprio sull’accoglienza, la tolleranza e quant’altro, andare ad escludere volutamente quella che è una sua componente. Questo poi dall’esterno genera diverse confusioni spesso perché – ho anche riportato tanti esempi, ma ci sono molti articoli a riguardo – il brony è equiparato tout-court al clopper, mentre invece all’interno del fandom ci sono persone che li odiano addirittura.
Oppure c’è tutta la confusione con quello che è un ambito tangente, ma non sovrapponibile, che è il furry, quindi le persone che amano gli animali antropomorfi, che tendono anche a vestirsi con queste fursuit, anche lì sono vicini. Ma un Brony può essere furry, oppure no, e viceversa, senza che ci sia per forza questa coesistenza.
Un capitolo del tuo libro è riservato a delle interviste che tu hai fatto a dei membri appartenenti ai brony. Com’è stato approcciarsi con loro? Nel senso, hai visto una buona accoglienza da parte loro nei confronti di uno studioso interessato al fenomeno, oppure una chiusura?
Da parte di alcuni un po’ di preoccupazione c’è stata, e spiega il perché sia stato il più attento possibile alla questione dell’anonimato. Infatti ho messo anche delle note terminologiche su questo punto, perché magari qualcuno dice “io nella mia vita reale non mi presento come tale, magari questa cosa può fare uscire [l’essere brony]“. Sì, qualche ritrosia, però solo iniziale devo dire, sugli intenti di questo lavoro c’è stata. Cioè sul dire appunto “ma è l’ennesima persona che vuole farsi due risate sul fandom o è qualcosa di differente?“. Va detto però che sono stato facilitato anche dal fatto di essere andato, diciamo così, accompagnato a conoscere queste persone che avrei poi intervistato, o almeno la maggior parte di loro, da questi primi contatti che avevo preso soprattutto al Lucca Comics.Quindi gli intervistati li hai conosciuti personalmente, hai interagito con loro?
Solo in alcuni casi li ho conosciuti personalmente, a volte anche dopo l’intervista stessa, comunque tutte le interviste, tranne una, sono state fatte tramite Skype, registrate e sbobinate. Però appunto alle fiere ed eventi ho avuto poi modo di incontrare personalmente diversi membri della community.
Adesso una domanda che riguarda te: eri già conoscitore del fenomeno prima di approcciarti a questo studio, oppure l’input ti è arrivato così all’improvviso che ti sei voluto interessare ai Brony?
No, conoscevo già da prima il cartone animato e ciò che ruotava intorno. Avevo visto diverse puntate, ora non ricordo fin dove fossi arrivato in quel momento, ma comunque avevo già visto parecchio ed era comunque un mondo interessante per vari aspetti. Quindi, pur non definendomi un brony, posso dire di essere stato un appassionato che aveva guardato anche poi al fandom intorno al cartone, con una certa curiosità, visto che comunque era un argomento molto chiacchierato anche su internet in quegli anni.
Concludiamo con un’ultima domanda: qual è stato l’aspetto che più ti ha affascinato durante i tuoi studi e le tue analisi? Insomma, l’elemento più interessante dal tuo punto di vista da analizzare.
Forse sono state le fan-fiction, su cui ho fatto un intero capitolo, perché è sempre affascinante intanto, anche a prescindere da questo singolo fandom, vedere come gli utenti dal basso vadano a giocare con quelli che sono i personaggi, temi e quant’altro. In questo caso era particolarmente significativo perché si presta bene a tutta una serie di trasformazioni, tra cui anche questa sorta di perversione, diciamo, della serie, nel renderla un qualcosa di estremamente violento o dark, e quindi cambiarne totalmente il mood mantenendone però i personaggi.