Buio, sangue e citazioni a profusione per la nuova Serie Bonelli.
Cos’è Morgan Lost? La nuova serie action-thriller edita da Sergio Bonelli Editore. Ah, e quante puntate avrà? Niente puntate, niente stagioni. Morgan Lost è pensata per essere mensile e restare nelle edicole “finché dura”. Sky is the limit. Chi è Morgan Lost? Un cacciatore professionista, come tanti altri, di serial killer, in un mondo ucronico dove la Seconda Guerra Mondiale non è mai scoppiata, la burocrazia è al comando della civiltà e lo show business glorifica l’arte dell’omicidio. Interessante! E non è finita qui… Morgan Lost non è in bianco e nero, bensì in bianco, rosso e nero. A questo punto Morgan Lost dovrebbe, ragionevolmente, aver catturato la vostra attenzione. Se non altro perché, pensandoci bene, qualcosa non quadra. Da una parte la tricromia, l’eroe tormentato dalle origini oscure (lo psicanalizzeremo più tardi, non preoccupatevi), sintomi dell’aria di rinnovamento che circola in Bonelli ormai già da un po’. Dall’altra però la disposizione delle vignette non rompe mai la gabbia Bonelli (come invece succede spesso in Orfani e Lukas), il fatto che Morgan Lost continuerà a tempo indeterminato, persino alcune caratteristiche del protagonista hanno il distinto sapore della classica serie a fumetti italiana.
Chiariamo subito un punto: nessuna delle “due anime” di Morgan Lost rappresenta un difetto, tutt’altro. Proprio nel giusto mix potrebbe risiedere il suo più grande e innovativo punto di forza. Se l’equilibrio tuttavia non viene raggiunto, e una volta raggiunto possibilmente mantenuto, la serie rischia di rimanere nel limbo, tra novità e tradizione, senza eccellere nell’una o nell’altra. Orfani è la novità incarnata. Tex è la tradizione incarnata. Morgan Lost, come pure Dylan Dog negli ultimi tempi, sceglie di incarnare entrambe. A suo rischio e pericolo. D’altronde rischio e pericolo descrivono bene anche ciò che il fumetto racconta.
Ora che abbiamo analizzato le incognite che, in prospettiva, la serie dovrà saper risolvere, possiamo dire che da questo primo numero la stessa promette molto bene. Particolarmente riuscita l’atmosfera, cupa e sanguinolenta fin dai colori, la cui combinazione già di per sé innovativa è usata in modo sapiente e immaginifico. La scelta della tricromia è addirittura meta-narrativa: Morgan Lost è infatti daltonico e vede il mondo solo in bianco, rosso e nero, con tutte le sfumature del caso. “Come fosse un film, o un fumetto pulp” aggiunge un comprimario, dando il via a una serie nutrita e gradita di citazioni più o meno esplicite. New Heliopolis, la città in cui Morgan vive e lavora, è una New York perversa e corrotta, quanto mai affascinante: da Sin City prende i colori e da Gotham il look, aggiunge un’inquietante deriva culturale antico-egizia e dipinge senza difficoltà il quadro tipico della distopia. La classica distopia, non la banale distopia, tranquilli. Morgan Lost è, come già rivelato, un cacciatore di serial killer, motivato dal brutale assassinio della sua amata da parte di uno di questi. La sua “mascherina”, che mascherina non è, simboleggia il suo rifiutare se stesso, perché non in grado di salvare la donna. Questa fragilità non gli impedisce di vendicarsi, ad ogni modo, su tutti gli altri criminali, presenti e futuri. Vi ricorda qualcuno? Canonico supereroe americano, imperfetto e sofferente, spinto al bene o alla vendetta da un trauma costitutivo. Ebbene, se pensaste che Morgan Lost è soltanto questo, sbagliereste.
Egli, come il suo scrittore Claudio Chiaverotti (già “padre” di Brendon), è anche insonne e cinefilo, nonché ex proprietario di un cinema vecchio-stile, caratteristiche che esondano il profilo da anti-eroe per vendetta, sfaccettature aggiuntive che compongono una personalità più spiccata e profonda, più vera. Morgan Lost, come il suo fumetto, ha più di un paio di colori. Occhio però anche a questo. Tali caratteristiche sono senza dubbio interessanti ma rischiano di rendere Morgan meno accessibile, invece del contrario. Per carità, per poter empatizzare con un personaggio non c’è bisogno che questo sia piatto, anzi. Ma quando un personaggio presenta tanti tratti e tanto specifici (specie se autobiografici nei confronti dell’autore), c’è il pericolo che diventi oscuro per chi quei tratti non li condivide. Facciamo un esempio pratico: a me è piaciuto molto come, in questo primo numero, Morgan Lost usi la propria passione per / conoscenza del cinema per seguire una pista investigativa (ci viene addirittura mostrato il film, peraltro d’animazione, da cui Morgan trae i propri indizi), ma se non fossi stato anch’io un fan del grande schermo, la cosa sarebbe potuta risultarmi estraniante, conveniente, noiosa.
Questo, insieme all’ambizioso inseguimento dei due conigli divergenti di novità e tradizione, è forse l’unico rischio, e ribadisco rischio, non difetto, che l’opera corre allo stato attuale. Comparato con tutta la qualità che la serie esprime nel primo albo, che ci auguriamo continuerà ad esprimere, e con i suoi più che intriganti elementi di originalità, appare un rischio minuscolo e assolutamente valevole di essere corso da noi lettori. Almeno finché la situazione rimane quella attuale, cioè: storia appassionante, citazionismo enciclopedico e colpo di scena finale inaspettato (dal già citato Claudio Chiaverotti); disegni di qualità, perfettamente in linea con l’atmosfera (merito di Michele Rubini); colorazione di cui abbiamo già tessuto le lodi (il cui credito va ad Arancia Studio); copertina che salta subito all’occhio, energica e folle (opera di Fabrizio De Tommaso). Un action-thriller dalle tinte inquietanti, con un personaggio convincente e una spruzzata sanguinolenta di psicologia criminale, ecco cos’è Morgan Lost. E ci piace.