La prima fiaba in VR colpisce nel segno
Che gli sviluppatori stiano ancora cercando “la quadra” per sfruttare a dovere la realtà virtuale, è un dato di fatto. Molti prodotti “sperimentali” infestano tutti i mesi lo store e provano a imboccare la via che sembra più sicura e proficua, ovvero quella delle avventure con la prospettiva in prima persona. Spesso però si sottovalutano i limiti delle interfacce di controllo, dell’hardware stesso e i propri. Non sempre si hanno le risorse giuste per realizzare un prodotto fatto e finito a 360 gradi. Quello che ritengo importante in questo momento pionieristico per la VR e per far crescere il consenso verso questo dispositivo, è cercare di non fare il passo più lungo della gamba, e soprattutto, tirar fuori idee buone, per le quali la VR sia funzionale e subordinata alla valorizzazione del titolo in questione, e non viceversa.
Moss, la fiaba scritta dal team Polyarc, il quale nonostante le ridotte risorse già mi sento un po’ di definire “il Japan Studio di PS VR”, riesce proprio in questo intento. Si tratta di un gioco confezionato con amore e dedizione stilistica, tecnica e narrativa, prima ancora che la variabile della realtà virtuale sia contemplata nella formula finale. Allo stesso tempo, come vedremo, si tratta anche un gioco indissolubilmente legato ad essa.
Ma di che stiamo parlando precisamente? Ebbene, nei panni del “lettore”, misteriosa entità metafisica, forse metaforica, e sicuramente metareferenziale (svolgiamo di fatto il nostro ruolo di giocatore e spettatore attivo della vicenda) dovremmo aiutare la piccola topina Quill a salvare lo zio tenuto prigioniero all’interno di un antico castello del malvagio serpente Sarfogg. La lore di Moss è squisitamente rifinita, semplice e suggestiva come solo le grandi fiabe di epica fantasy riescono ad essere, e parla di un Regno animale vessato dalle forze malvagie del sottosuolo, durante la “Notte delle Ceneri”, dalla quale non si è più ripreso.
A noi il compito di muovere Quill e intraprendere insieme a lei un viaggio che parte da ambientazioni bucoliche, tra piccoli passaggi che percorrono le frasche di una foresta, dove si ergono case e villaggi rurali a dimensione di “topolino”. La grafica è semplice ma estremamente curata, ricca di dettagli e davvero molto pulita per essere un gioco su VR. Stupisce soprattutto la realizzazione di Quill, veramente adorabile e con delle bellissime animazioni. La progressione avviene tramite schermate fisse che inquadrano il paesaggio e l’azione sempre dal punto di vista più consono e spesso più suggestivo e affascinante, muovere lo sguardo intorno a noi ci darà l’impressione di trovarci dinnanzi ad un gigantesco diorama vivente finemente realizzato. D’altro canto, è proprio quella immedesimazione che prevede il nostro ruolo diegetico nella narrazione. Noi infatti accompagniamo letteralmente Quill lungo la sua personale avventura, fatta principalmente di combattimenti e puzzle, per quanto lungo la strada non si farà mancare anche qualche simpatica variante come fughe rocambolesche o brevi fasi stealth.
Con le levette direzionali muoviamo Quill, agitiamo la spada, saltiamo e interagiamo con gli oggetti. Muovere il pad invece ci permette di spostare nell’ambiente un globo luminoso che fa le veci delle nostre mani in tutto e per tutto. A noi, in quando spirito guida quasi onnipotente, spettano tutte quelle operazioni che le ridotte dimensioni della piccola Quill non le permettono di fare. Potremmo quindi spostare grosse statue per liberarle il passaggio (afferrando gli oggetti con i grilletti), o in generale interagire con elementi visibilmente ben contraddistinti all’interno delle stanze virtuali che richiedono il nostro intervento. Ogni scenario, o schema che dir si voglia, è quindi un puzzle, sempre più intricato man mano che proseguiamo, in cui i movimenti di Quill vanno sempre più ad intrecciarsi in modo articolato con quelli che dovremmo compiere noi in prima persona, cercando il modo di arrivare “dall’altra parte” e proseguire per il viaggio. A volte le cose diventano anche abbastanza “intorcolate” e vi troverete ad agitare le braccia a destra e sinistra per bloccare una piattaforma sulla quale far passare Quill, mentre muovete quest’ultima e passare velocemente ad interagire fisicamente su un qualcos’altro.
Eppure, la bellezza di Moss sta nel rendere questa dinamica di gioco assolutamente perfetta ed equilibrata. Molti puzzle sono brillanti e richiedono un certo impegno, ma non hanno mai la malizia di protrarsi oltremodo per tediare il giocatore e fornire quindi un senso di sfida controproducente. Anche perché gli sviluppatori di Moss sono ben consapevoli dei limiti di mobilità nello spazio, e quelli tecnici, che influenzano il gameplay su PS VR quando si tratta di allungare le braccia in tutte le direzioni. Non che Moss sia un gioco statico, tutt’altro, ma ha sempre il buon gusto di non esagerare e di minimizzare la complessità delle operazioni per rendere l’esperienza semplice, immediata ma assolutamente mai banale. Anche perché, in tutto ciò si infilano i combattimenti, visto che spesso dovremmo vedercela con scarabei meccanici aggressivi, quand’anche capaci di spararci addosso proiettili di fuoco (ma non solo, il bestiario di Moss riserva qualche sorpresa) .
Il combattimento in Moss è, oserei dire, sfizioso. Nulla di più semplice: un tasto per schivare, uno per attaccare, e via, 4 sciabolate e la questione è archiviata. Anche in questo caso però, non si tratta di un mero riempitivo. A parte il fatto che in qualche arena ve la vedrete brutta (niente paura però, basta “stringere” il topolino per restituirgli tutta l’energia), visto in gran numero di nemici, anche nei combattimenti dovremo fare il nostro ruolo di angeli custodi. Possiamo infatti bloccare le creature, e muoverle più o meno a nostro piacimento. In alcuni casi possiamo addirittura usare i loro attacchi. Facile quindi immaginare come questa possibilità risulti utile in battaglia, offrendo manforte a Quill (che sarà comunque sotto il nostro controllo sempre e comunque).
Non è però tutto, “possedere” i nemici diventa spesso una determinante all’interno dei puzzle, visto che ci permettono di far esplodere ostacoli, colpire a distanza elementi interessanti dello scenario, o semplicemente possiamo piazzarli sopra degli interruttori che muovono qualche piattaforma. E cosi i fattori che entrano in gioco all’interno degli enigmi ambientali diventano tre: le azioni di Quill, quelle delle creature nemiche sotto il nostro controllo, e le nostre. Il tutto miscelato per risolversi sempre in pochi passaggi e non appesantire mai il ritmo di quella che rimane una fiaba splendidamente realizzata e raccontata, all’interno di un mondo magico e coinvolgente.
Verdetto
Moss, nella sua semplicità è quasi un gioco perfetto, e mi auguro di veder sfruttata questa strada ancora parecchie volte, anche se certo, non è facile trovare un espediente tanto brillante come questo, per fondere l’immedesimazione della prima persona con l’avventura in terza, e per di più all’interno di un gioco in cui la VR è sfruttata in modo virtuoso e diverso dal solito. In Moss siamo sì dentro l’esperienza, ma siamo soprattutto spettatori esclusivi del magico viaggio di Quill, ove ci è permesso, con un movimenti de capo, sbirciare dentro le piccole finestrine delle case, vedere cosa c’è oltre la colonna, o allungare lo sguardo per scorgere una pergamena collezionabile nell’angolo più scuro dello scenario. Il tutto portando avanti una sfida non severa ma comunque stimolante, in un crescendo narrativo che purtroppo, ahimé, ci spezza il cuore quando meno ce lo aspettiamo. L’unico vero difetto di Moss, infatti, è che dura veramente troppo poco, e come se non bastasse, molla tutto proprio sul più bello. Ci viene fatto intendere che è solo il primo capitolo, ma questo non rende la pillola meno amara, in quanto, se c’è una storia più ampia da raccontare, potevano benissimo darcela tutta insieme invece di regalarci solo tre misere ore di questa ottima, ma pur sempre troppo breve, esperienza.