Solo chi ha una voce può raccontare le cose come stanno. Per questo, spesso, c’è solo una parte di verità come ci mostra il film d’animazione Netflix, Il mostro dei mari
inutile girarci attorno, il nome Inevitabile della nave dei cacciatori di Il mostro dei mari trasporta al proprio interno tutto il portato che il suo significato può rappresentare sotto diverse e fondamentali prospettive. C’è il contesto del destino, quello soprattutto in chiave generazionale, che vuole un figlio seguire le orme che sono state prima del padre e che lui stesso vuole tramandare ai suoi eredi. C’è l’essenza atavica, quella della paura dell’altro, del diverso, soprattutto se possente e mastodontico, nonché nascosto tra le increspature dell’acqua. E c’è poi la visione più tragica, quella legata alle tradizioni e da ciò che tramandiamo e che è inevitabile, per l’appunto, che veda gli avvenimenti delineati da chi ha la possibilità di far sentire la propria voce.
Quella che non tutti possiedono, su cui non tutti possono fare affidamento, che ha bisogno di farsi strada eppure può rischiare di rimanere intrappolata. Ancor peggio silenziata se c’è qualcun altro in grado di sovrastarla, privandola di esprimersi e dire la propria, tratteggiando i percorsi della Storia, anche quelli falsi o contraffatti. È quello che accade quando da una parte ci sono i vinti e dell’altra i vincitori, quando quest’ultimi stabiliscono i dettami per la descrizione di eventi e accadimenti riportati a proprio favore, dando loro stessi le direttive per scovare chi sono i buoni e chi i cattivi, stabilendo le convenzioni che creano il tessuto di una comunità e i suoi rapporti.
Tutte le voci del mondo
Una riflessione di una maturità assoluta quella che espone Il mostro dei mari (Sea Beast) di Chris Williams, film d’animazione di Netflix dai creatori di Oceania e Big Hero 6, e che sviscera in maniera sottaciuta per poi scoppiare nel suo finale, di una potenza quasi sconcertante per la presa storica e attuale che può avere e che è stata declinata nell’opera in forma di novella marinaresca. Le minoranze, nel corso dei decenni, hanno assunto una consapevolezza che le ha spinte a portare alla luce le loro verità, per cui hanno deciso di esporsi, di combattere. Di riconquistare proprio quella voce che il personaggio della piccola Maisie fa riverberare mentre con determinazione e prontezza si ribella allo status quo di una monarchia legiferante e dedita solo ai suoi interessi. Quelli che hanno bollato le creature marine come degli esseri da dover uccidere e squartare, per rivendere o esporre i loro corni e i loro arti per potersene vantare.
La prevaricazione dell’essere umano racchiude molteplici spettri della sua malvagità e furia nell’operazione animata, oltre ad un’analisi attenta e puntuale anche sulla contemporaneità e su temi frequenti oggigiorno, che trattano di chi ha davvero l’opportunità di esporsi e chi viene invece respinto fino alle retrovie. Si può perciò ritrovare la questione ambientale, quella di un pianeta che continuiamo a martoriare e colonizzare quando sono la sua flora e la sua fauna i proprietari originali. E ancor più l’importanza di introdurre punti di vista rimasti secondari nella stesura della Storia mondiale, quelli che vogliono posta l’attenzione sul Black History Month o sul Pride Month cercando di non rendere più circoscritta la conoscenza e la rivendicazione dei diritti umani, ma rendendoli basilari e costanti nella vita quotidiana.
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L’importanza di mettersi in ascolto
È dunque chiara la scelta di un’enorme bestia del mare come metafora del film, la quale non può fare altro che dimostrare con i fatti la sua capacità di ascoltare e capire l’altro facendogli comprendere a propria volta che c’è un altro modo per convivere insieme. L’assenza di parole rafforza l’unione lì dove sono gli animi a ritrovarsi vicini ed affini, anche tramite un passo indietro da parte di Maisie nel non affrontare l’essere acquatico come gli adulti le hanno insegnato, o come ha letto nei libri che loro stessi hanno scritto. Sa mettersi in ascolto, anche quando lo spazio è pieno di silenzi, tentando di non lasciarsi trasportare dalla paura o dal pregiudizio, cominciando a propria volta ad alzare i toni per farsi valere.
Se dal principio fino al suo sviluppo Il mostro dei mari si rivela un gradevole e affascinante lavoro di racconto e animazione, è sulla potenza del finale che libera il suo messaggio sentendo puntati addosso i riflettori e sconvolgendo per l’abilità della scrittura e i suoi metodi comunicativi. Un’epilogo travolgente come un’onda da cui si fuoriesce sconvolti e rintronati. Ma di cui è piacevole respirare il primo soffio di vento con cui poter riempire i propri polmoni. Gli stessi rimasti schiacciati per troppo tempo e che, ora, è arrivato il momento di gonfiare, alzando la testa e facendosi sentire.