Con la stagione 4 si è conclusa la serie con Rami Malek, possiamo quindi fare una recensione completa (e senza spoiler) di cosa è stato Mr Robot
Da quando nel 2015 Elliot Alderson ci ha rivolto per la prima volta il saluto “Hello, friend” sono successe parecchie cose, sia nell’universo della serie che nel nostro. Per quattro stagioni abbiamo seguito Elliot e gli altri nella loro rivoluzione. Ora che la serie è conclusa, è il momento di fare un bilancio, più che una recensione, di ciò che Mr Robot ha voluto dirci.
Sam Esmail e l’arte del finale perfetto
Prima di procedere con la recensione dell’ultima stagione di Mr Robot, è importante tenere presente che la serie si conclude senza cancellazioni o stop imposti dalla rete, ma perché il suo autore Sam Esmail, che ha scritto la serie e diretto la quasi totalità degli episodi, ha deciso che qui avrebbe dovuto finire. Già questo è al limite dell’eccezione nell’attuale panorama televisivo, in cui uno show viene spremuto finché non è completamente snaturato e quindi perde tutto il suo vigore (vedi ad esempio The Walking Dead), o fino a quando gli autori non si stufano (come nel caso di Game of Thrones).
Avevamo lasciato Elliot alla fine della stagione 3 con l’intenzione di disfare tutto quanto era stato compiuto fino a quel momento: resettare l’attacco hacker alla E-Corp che ha smantellato la più importante organizzazione finanziaria del mondo, il piano iniziale della fsociety portato avanti nella stagione 1. Contemporaneamente il ruolo di Whiterose si era fatto sempre più prominente, così come le infiltrazioni della Dark Army all’interno delle istituzioni USA, tra cui la stessa FBI. Sembra quindi che tutto sia stato inutile, ma questo non basta a fermare Elliot e Mr Robot.
La stagione 4 parte infatti nel pieno dell’azione, con Elliot in cerca dell’aggancio giusto per sferrare il colpo finale a quell’un per cento dell’un percento della popolazione che gioca con il destino del mondo intero. Messe da parte le divergenze, Elliot e Mr Robot collaborano in pieno per raggiungere il loro obiettivo, anche dopo le gravi perdite subìte. Si percepisce da subito che il ritmo della narrazione deve procedere spedito, e infatti molti personaggi principali trovano una risoluzione rapida e spietata, con un body count impressionante nelle prime puntate.
Ma il punto di svolta si raggiunge verso metà della stagione, quando Elliot viene preso in ostaggio da una vecchia conoscenza, un amico-nemico che si era visto comparire già nella scena postcredit della terza stagione. Da questo confronto emergono particolari sconvolgenti sul passato di Elliot e il rapporto con suo padre. Il tempo per elaborare il trauma però è poco, perché l’attacco a Whiterose e i suoi associati deve avvenire in un momento preciso, o mai più. Da questo punto di vista è interessante notare come tutti gli eventi della stagione 4 si svolgano nello spazio di pochi giorni, per culminare nella notte di Natale 2015.
Fin dall’inizio, Mr Robot ha costruito la sua narrazione intorno a un plot twist sganciato verso il finale di ogni stagione, a volte ben congegnato come nella prima, a volte più grossolano come nella seconda. Ma quello che avviene nella stagione 4 è qualcosa di più di un plot twist, è una sorta di completa riscrittura dell’intero arco narrativo della serie, che raggiunge alti livelli di metatestualità arrivando a coinvolgere lo spettatore, quell’“amico” a cui Elliot si rivolge da sempre in seconda persona. La stagione 4 offre una nuova chiave interpretativa a tutto quanto visto finora, e per farlo si ricollega in modo naturale a molti eventi risalenti alle prime fasi della prima stagione, quando ancora non conoscevamo Mr Robot, né in quanto serie né in quanto personaggio.
Molte serie tv degli ultimi anni si sono dimostrate incapaci di riannodare i fili della trama lasciati nel corso delle stagioni precedenti, dando origine a un finale non del tutto soddisfacente: basta citare Lost e Game of Thrones per far salire la rabbia agli spettatori. Mr Robot sembra invece aver compiuto il percorso contrario: con l’obiettivo chiaro di quale sarebbe stato il punto di arrivo, e quindi il nucleo centrale della storia, Sam Esmail ha costruito un finale coerente, emozionante e memorabile. Potremmo anche dire perfetto.
Lo zeitgeist di Mr Robot
Questo finale di grande impatto è però tanto più efficace quanto il lavoro compiuto per arrivarci costituisce una base solida per coinvolgere lo spettatore. Al di là della mera recensione degli episodi, Mr Robot in questi anni è riuscito ad offrire una rappresentazione estremamente efficace del mondo di oggi. È facile riconoscere negli ingredienti fondamentali della trama gli elementi che caratterizzano la realtà attuale: non abbiamo E-Corp ma abbiamo Amazon e Google, non esiste la Dark Army ma i noti casi di cyberattacchi russi, la fsociety è un chiaro rimando ad Anonymous.
Anche buona parte degli eventi di portata globale che accadono nella serie hanno degli analoghi nel mondo attuale. Gli attacchi terroristici, la corsa per la nuova colonizzazione dell’Africa, l’elezione di Trump, la perdita di sovranità delle nazioni a favore delle corporazioni. Mr Robot ha quindi costruito una dimensione alternativa alla nostra ma del tutto sovrapponibile, e in questo contesto ha ambientato una storia di resistenza, riscatto e crescita. Gli eroi di Mr Robot sono quelle persone comuni di cui ai giornali piace parlare ma che non sembrano mai avere nessun ruolo oltre a quello di spettatori degli eventi. Qui invece le “persone comuni” vogliono riprendersi la facoltà di decidere del proprio futuro, e sono pronte alla lotta e al sacrifico per ottenerla.
La prima stagione di Mr Robot è stata spesso paragonata a Fight Club, per evidenti ragioni: un narratore inaffidabile che soffre di dissociazione della personalità, un’organizzazione clandestina che mira a combattere e destabilizzare il Sistema, il generale senso di inadeguatezza all’interno della società. Questi accostamenti sono senza dubbio azzeccati, e lo stesso Esmail non ne fa mistero, ma Mr Robot si spinge ancora oltre nel rappresentare le angosce e i pericoli del postcapitalismo: datacrazia, invasione della privacy, fake news, polarizzazione delle disuguaglianze, scontro generazionale. È su tutto questo che la serie costruisce, grazie anche alla molteplicità di punti di vista offerta dai vari personaggi, che consentono allo spettatore di vedere le vicende da prospettive diverse e trarre così un quadro completo, in cui non esistono buoni e cattivi assoluti.
Mr Robot non è mai stata una serie per hacker
Ma una recensione finale di Mr Robot non può prescindere di citare quello che alla fine si rivela il vero nucleo di tutta la storia. Molti spettatori occasionali potrebbero essersi allontanati per l’impressione che si trattasse di una serie a tema hacking, dedicata a un pubblico tecnico e specializzato. Questo forse è stato uno dei peccati originali di Esmail, che nella sua preoccupazione di realizzare un prodotto credibile ha messo la massima cura nelle sequenze che riguardano gli attacchi hacker, che risultano tutti perfettamente praticabili agli occhi degli esperti della materia, al contrario delle solite schermate di testo verde e barre di caricamento che siamo abituati a vedere nei film che affrontano questo tema.
In realtà dire che Mr Robot è una serie diretta agli hacker è come dire che Fight Club è un film diretto ai lottatori. L’hacking in Mr Robot è solo lo strumento attraverso il quale il piccolo manipolo di eroi può indirizzare le proprie forze verso il vero nemico, proprio come avviene per i combattimenti in Fight Club. Come detto poco sopra, i temi di fondo vanno ben oltre quelli della cybersecurity, e le implicazioni nel “mondo reale” delle azioni compiute dai protagonisti sono ben più ampie di qualche account piratato.
Non si può nemmeno ignorare l’aspetto tecnico della serie, il livello qualitativo altissimo di tutta la messa in opera: la fotografia, la regia (quasi sempre di Esmail stesso), la musica di Mac Quayle e le interpretazioni straordinarie. Bisognerebbe citare praticamente tutti gli attori, ma quanto meno è doveroso menzionare Rami Malek, che deve alla sua resa di Elliot Alderson il coinvolgimento in Bohemian Rhapsody che lo ha portato al successo planetario, e DB Wong, capace di rendere due versioni dello stesso personaggio davvero incredibili. Mr Robot ci ha regalato sequenze di bellezza rara, innumerevoli citazioni (solo nella parte finale dell’ultimo episodio possiamo trovare Lynch, Kubrick, e Jonze), monologhi potenti e un’ambizione difficile da trovare altrove, come nell’episodio Runtime Error della stagione 3 girato in un unico piano sequenza, oppure Method Not Allowed di quest’ultima stagione, completamente privo di dialoghi.
In ultima analisi, quella che ci consegna Mr Robot è soprattutto una storia sulla fiducia: fiducia negli altri, fiducia nel mondo e soprattutto fiducia in sé stessi. Ciò da cui Elliot ha paura fin dal primo momento in cui lo conosciamo, la ragione per cui hackera le persone, è proprio questo. Il suo coinvolgimento con la fsociety, il rapporto con Darlene, Mr Robot, Angela e Tyrell, sono costruiti interamente sull’incapacità di concedere la sua fiducia, che si estende alla società intera. L’ansia, la paranoia e le dipendenze derivano tutte da qui, così come il suo desiderio di distruggere il Sistema e ricostruirlo da capo. È infatti su questo che Elliot deve lavorare, e l’ultimo ostacolo che dovrà affrontare nel suo scontro finale con Whiterose e ancora dopo, confrontandosi con sé stesso.
È questo il messaggio finale della grande opera di Sam Esmail, che ha saputo portare avanti la propria visione con estremo coraggio, incurante dei meccanismi che muovono oggi il mondo dell’intrattenimento. Mr Robot potrà non essere un prodotto per tutti, ma è stato capace di cogliere come nessun altro show lo spirito del decennio appena concluso, e noi voyeur che abbiamo seguito Elliot per tutto questo tempo ce lo porteremo dentro per sempre. Goodbye, friend.