“SIAMO NATI PER CORRERE, E I TARAHUMARA L’HANNO SEMPRE SAPUTO”
Avete presente quelle storie che iniziano con visioni mistiche indiane/azteche, ambientate nella vastità del deserto, con spiriti guida, tribù millenarie e storie affascinanti sull’origine della vita? Allora siete a metà strada per conoscere Mulaka, un’avventura 3D ambientata nella Sierra nel nord del Messico, ispirata e plasmata sulla popolazione indigena dei Tarahumara e sulla loro cultura. Il gioco è stato sviluppato dal piccolo studio indipendente Lienzo, situato nella regione di Chihuahua in Messico, terra madre dei Tarahumara. Il principale obiettivo è stato fin dall’inizio quello di creare un gioco che fungesse sia da intrattenimento, sia come mezzo di comunicazione artistica, per far conoscere la cultura dei Tarahumara, ancora molto presente nel nord del Messico.
Non stupisce quindi che gli sviluppatori abbiano voluto collaborare con antropologi e rappresentanti della tribù messicana per estrapolare gli elementi più caratteristici e maggiormente adattabili, al fine di creare un’esperienza ludica che fosse fedele alla loro storia e alla mitologia, così da far conoscere meglio questo popolo nel mondo. Chiaramente perché tutto funzioni, il prodotto finito deve essere confezionato ad arte, e bisogna dire che, fatto salvo per alcuni piccoli difetti, Mulaka riesce nell’intento di amalgamare miti e leggende Tarahumara in un’avventura mistica nella Sierra messicana.
Il protagonista è del gioco è l’omonimo Mulaka, un Sukurùame dei Tarahumara, ovvero uno sciamano, categoria che nella tribù è conosciuta e rispettata per la capacità di interfacciarsi con il mondo spirituale che circonda e pervade il piano terreno, su cui viviamo. Non solo, i Sukurùame sono famosi in tutto il mondo per la loro incredibile resistenza nella corsa e per l’abilità (in epoca passata) nel combattimento corpo a corpo. Facendo uso di queste capacità, Mulaka dovrà farsi strada attraverso una serie di ambientazioni fedeli al mondo reale con l’obiettivo di ripristinare l’equilibrio nella regione. Equilibrio che è stato turbato dal risveglio di Teregori, un semidio malvagio che sta corrompendo la Sierra e le creature che vi risiedono, mettendo in pericolo i Tarahumara e l’umanità. Per compiere la propria missione, Mulaka dovrà esplorare vaste aree incontaminate per trovare 6 semidei benevoli e convincerli ad unirsi a lui nella battaglia contro il male. Se avrà successo, otterrà le loro benedizioni, e grazie ad esse potrà combattere al meglio il male che sta tormentando la regione.
L’avventura di Mulaka ha inizio nella parte più a nord della Sierra Tarahumara, una zona desertica poco abitata, dove viene mandato dalla sua tribù per chiedere aiuto alle semi-divinità della natura per salvare il suo popolo. Qui si apprendono le classiche basi dei giochi di avventura hack ’n’ slash, ovvero saltare, correre, attacco leggero e attacco pesante, affrontando le prime semplici creature, in quello che rappresenta il tutorial del gioco. Oltre alle basi, apprenderemo anche i poteri mistici di Mulaka. Più importante di tutti è probabilmente la Visione del Sukurùame che consente al protagonista di vedere per breve tempo tutto ciò che di immateriale è presente nel mondo terreno, come le anime dei trapassati, creature spirituali e piattaforme eteree, nonché la distanza dai vari obiettivi di gioco. Tale abilità, come anche altre più avanzate, richiedono il consumo di energia magica, che si rigenera automaticamente quando non utilizzata oppure raccogliendo apposite sfere sparpagliate nell’area di gioco.
Prima di proseguire, occorre chiarire la scelta della veste grafica di Mulaka. Obiettivamente, l’impiego dello stile “low poly” è un’arma a doppio taglio; per quanto tale approccio permetta agli sviluppatori di non dover creare texture complesse e concentrarsi sullo sviluppo della storia o sulle meccaniche di gioco, lo scarso dettaglio grafico può causare perdita d’interesse nei giocatori più superficiali, impedendo quindi di arrivare a far scoprire quanto di buono si nasconde sotto i pochi poligoni. Senza dubbio esistono giochi low poly più piacevoli alla vista di Mulaka, ma non va dimenticato che il contrasto che si ottiene utilizzando questo approccio rispetto a quello super dettagliato, in cui anche i più piccoli particolari vengono resi con migliaia di poligoni, è da ritenersi fondamentale per permettere al giocatore di concentrarsi sul contenuto, piuttosto che sull’aspetto. Ed il gioco, saggiamente, è stato ben curato nei propri contenuti. Il combattimento è sicuramente il cardine centrare di Mulaka, e per quanto la meccanica possa risultare semplice e talvolta banale nei primi scontri, con la comparsa di creature sempre nuove e differenti tra loro, si capisce che non basta buttarsi a capofitto in qualunque battaglia, ma che occorre pianificare l’approccio in base alla combinazione di nemici che si ha davanti. Certo, per sconfiggere uno scorpione non ci vuole granché, ma vi assicuro che progredendo nel gioco vi troverete quasi sempre in grande inferiorità numerica, ed ogni colpo sferrato dovrà essere quello giusto e ben ponderato, se non vorrete fare una brutta fine. La salute di Mulaka è rappresentata da tre rombi di energia, ognuno dei quali rappresenta una delle 3 anime che i Tarahumara credono ciascun uomo possegga (mentre le donne ne hanno 4, alla faccia del sesso debole). Perdendo tutte e tre le anime sarà game over, ma il gioco offre in abbondanza quanto necessario per evitarlo. Mulaka è infatti uno sciamano, e come tale potrà creare 4 diverse pozioni per aiutarlo nei combattimenti e nell’esplorazione. Per creare tali pozioni sarà sufficiente raccoglie quattro unità di specifici ingredienti realmente presenti nelle corrispondenti aree geografiche (ad esempio l’Aloe per quella curativa), diffusi abbastanza generosamente nelle aree di gioco. Sconfiggendo i nemici otterremo invece la Korima, una sorta di energia spirituale che potremo utilizzare dalla seconda area per acquistare pochi e basilari upgrade per il personaggio.
La progressione nel gioco avviene molto gradualmente, sia per quanto riguarda l’esplorazione, peraltro accompagnata da musiche ambientali molto gradevoli, sia per la comparsa di nemici sempre diversi e via via più impegnativi in ciascuna nuova regione che andremo ad esplorare. I livelli sono strutturati discretamente, offrono una eccellente varietà sul piano stilistico ma anche per quanto riguarda la proposta di puzzle e platforming, con in comune la presenza di mini arene di combattimento da superare per raggiungere la fine di ciascuna zona. In ogni livello l’obiettivo sarà di individuare il santuario del semidio di riferimento per proseguire, e prima di trovarlo occorrerà superare un portale bloccato che richiede 3 pietre speciali per essere aperto. Questo è l’unico aspetto ripetitivo dell’avventura, che però riesce a non essere tedioso grazie alla varietà di meccaniche da sfruttare per trovarle, e al buon numero di differenti nemici da imparare a combattere. Sono presenti 19 diverse tipologie di avversari, più 7 boss da sconfiggere, ciascuno dei quali richiederà un approccio e una strategia apposita per non essere sopraffatti. Un aiuto viene dall’acquisizione delle “benedizioni” da parte delle semi divinità, che conferiscono a Mulaka la capacità di trasformarsi brevemente in uno dei corrispondenti animali totem e che saranno necessarie per risolvere alcuni puzzle e superare specifiche aree. Sarà quindi possibile sfruttare il potere di E’ Lawi il Picchio per planare su brevi distanze, o quello di Tata l’Orso per distruggere grosse rocce che bloccano il passaggio, ovviamente consumando energia magica. Sbloccare questi upgrade aumenta sensibilmente il grado di libertà che si prova esplorando i livelli, e ancora di più ritornando in aree precedenti, dove usando le nuove abilità acquisite si potranno raggiungere zone nascoste per raccogliere Korima extra ed i due tipi di collezionabili del gioco: gli Artefatti Tarahumara, che forniranno informazioni extra riguardo le tradizioni della tribù, e le Anime di esploratori e membri della tribù passati a miglior vita.
Purtroppo però Mulaka non è esente da imperfezioni. I menù sono semplici ma non sempre molto chiari, e l’impossibilità di mettere il gioco in pausa durante le cutscene è una mancanza strana in un gioco dove è fondamentale seguire la storia con attenzione. Non è possibile aumentare o diminuire la difficoltà di gioco, e la mancanza di un chiaro indirizzamento nei primi momenti dell’avventura lasciano un po’ spaesati. L’assenza di una mini mappa è invece comprensibile visto l’approccio del team Lienzo alla cultura Tarahumara, ma il sistema di orientamento con la Visione Sukurùame poteva essere sviluppato meglio, rendendolo leggermente più accurato. Infine, alcune meccaniche vanno apprese autonomamente, come l’accumulo di Korima, che non viene spiegato prima della metà del secondo livello, o le combo che vanno scoperte e memorizzate da soli, fino al sistema di mira con la lancia che lascia un po’ a desiderare in quanto a precisione. Nonostante ciò, a differenza di quanto si possa immaginare, nessuno di questi difetti rende meno godibile l’avventura di Mulaka, né tantomeno costituisce fattore limitante nella progressione nel gioco, che anzi risulta un’esperienza soddisfacente, varia e ben stratificata. Inoltre, la quantità di informazioni sui Tarahumara disseminate nel gioco e la storia narrata sono un vero e proprio tesoro culturale, e di ciò va reso merito ai ragazzi di Lienzo che hanno saputo raggiungere il loro scopo in maniera davvero pregevole.
Verdetto
Scegliere di creare un videogioco d’avventura perché sia il mezzo sensibilizzare su una cultura indigena a rischio scomparsa può sembrare un’idea strampalata. C’è il pericolo di perdersi nel mare di curiosità, notizie e dettagli, sbagliando la proporzione tra cultura e intrattenimento, e rischiando di perdere l’interesse del giocatore lungo il percorso. Mulaka fortunatamente riesce ad essere un connubio piacevolissimo tra le due cose, istruendo il giocatore sul popolo Tarahumara, fornendogli il giusto quantitativo di conoscenze sulla tribù da stimolarlo a compiere l’avventura proposta. Avventura che, tra l’altro, calza a pennello come stile e genere per quello che questo popolo è e rappresenta. Piccole accortezze come il doppiaggio dei dialoghi nella lingua indigena Rarámuri (o semplicemente Tarahumara), l’utilizzo di strumenti musicali tradizionali per la creazione della colonna sonora, così come la registrazione di suoni ambientali nelle stesse aree nel nord del Messico concorrono a creare un’esperienza di gioco che è sia intrattenimento che istruzione. Inoltre, parte dei proventi dalla vendita del gioco verrà devoluta per il rafforzamento della cultura e la preservazione della Sierra Tarahumara. Mulaka dunque, considerando anche alcune imperfezioni nel gameplay, la longevità non eccelsa e la poca rigiocabilità, risulta essere a titolo indie di rispettabilissimo livello e che vale sicuramente la pena di provare.