Buckaroo è una tipica cittadina della provincia americana: si conoscono tutti, la vita è tranquilla, il cibo è buono e la sera si possono lasciare anche le porte aperte. Peccato che la città abbia una caratteristica a dir poco degenere: ha dato i natali a ben sedici serial killer, ognuno con le sue peculiari perversioni. Questo dettaglio attira le attenzioni del Detective Carroll, che mette il suo fiuto al servizio di una convinzione: tutto questo orrore non può essere frutto di una coincidenza, deve esserci qualcosa dietro.
Nailbiter, che parte da queste ottime premesse, è pubblicato in Italia da Saldapress suddiviso in quattro parti, ognuna contenente cinque albi dell’edizione americana. Oggi vi parliamo del secondo volume. Senza spoiler, tranquilli.
Gli autori sono sempre Joshua Williamson ai testi, Mike Henderson ai disegni e Adam Guzowski ai colori. La storia segue le indagini dell’agente dei servizi segreti dell’esercito Nicholas Finch, chiamato dall’amico Carroll a dargli man forte sul mistero dell’origine dei serial killer. Il talento di Finch, ex esperto di interrogatori dell’esercito, è quello di riuscire a tirar fuori la verità dalle persone che interroga. Torturandole, ovviamente.
L’atmosfera già cupa e orrorifica del primo volume va ulteriormente ad appesantirsi nel secondo: qualcuno degli indizi che porterà il lettore verso la soluzione del caso viene svelato, senza dare ancora risposte definitive ma riuscendo a tenere alta l’attenzione per tutto il corso della storia. Naibiter può definirsi un vero e proprio giallo a tinte forti: la tensione verso la soluzione (o l’apparente tale) del caso dei sedici serial killer si respira a ogni pagina, mentre le rivelazioni sono centellinate lungo l’arco narrativo. Questo per quanto riguarda l’aspetto del giallo.
Le tinte forti, invece, l’autore ve le spiaccica in faccia fin dalle prime pagine. Abbiamo ritrovato in questo fumetto quella bella atmosfera gore e splatter che non si respirava su un fumetto mainstream più o meno dagli anni ’90. Avete lo stomaco debole e siete facilmente impressionabili? Non aprite questo volume, anche la sola visione delle copertine potrebbe non deliziarvi le pupille. Ma, al contrario, se è il sangue che cercate… Beh, dobbiamo aggiungere altro? Ok, aggiungiamo altro. Siete stati amanti di Clive Barker e della serie di Hellraiser? Avete adorato lo splatter fin dalle sue prime manifestazioni? Non potete vivere senza qualche libra di carne sparsa qua e là nelle pagine dei vostri albi? Correte a leggere Nailbiter. Certo, non siamo ancora al livello di Crossed, ma una bella dose di cazzotti nello stomaco li riceverete comunque.
Il volume è infarcito di citazioni pop: le atmosfere da paesino di provincia con le beghine dietro le tende della cucina ricordano i libri di Stephen King ambientati a Castle Rock, i protagonisti un paio di volte prendono delle decisioni dicendosi “non siamo mica in un film horror”, strizzando l’occhio al lettore stufo dei soliti cliché (noi siamo tra quelli). Il buon Williamson si è addirittura divertito a inserire nel settimo volume, come personaggio, lo sceneggiatore Brian Michael Bendis (attivissimo in casa Marvel, ora anche sulla mega-serie evento Civil War). La fine che farà… la lasciamo immaginare a voi.
Se proprio dobbiamo trovare un appunto alla trama, l’aura di soprannaturale in alcune scene tende un po’ a stonare: senza farvi alcuno spoiler, vi segnaliamo che veder svanire nel nulla alcuni personaggi come se fossero fantasmi o apparizioni non sempre si accosta senza forzature al quadro generale. La speranza è che anche per questo arriverà una spiegazione, ma nel frattempo ci teniamo il punto interrogativo sospeso sopra la testa.
Ultimo aspetto, ma non per questo meno importante, è quello riguardante i disegni: il lavoro di Mike Henderson e Adam Guzowski è ottimale. Disegni realistici e colori sempre al servizio della storia. Il rosso domina le prime pagine del volume, quasi a farci calare nell’atmosfera.
Ecco, forse Henderson si è lasciato trasportare troppo nel rappresentare un paesino piccolo piccolo. Quasi tutti gli uomini adulti sembrano imparentati: mascella squadrata, occhi piccoli, poca barba. Potrebbe essere che sia proprio il matrimonio tra consanguinei a spiegare generare serial killer “in massa” (ma sarebbe una soluzione già ampiamente sfruttata narrativamente), l’alternativa è che il disegnatore si sia stancato di immaginare nuovi volti, a un certo punto. In ogni caso, niente di minimamente preoccupante, una minuzia veniale. In conclusione, aspettiamo il terzo e il quarto volume con crescente curiosità, e questo non può che essere un caldo e deciso sì alla serie Saldapress.