Tra gli ospiti di Napoli Comicon 2015 c’erano anche Federica Di Meo e Liza E. Anzen, rispettivamente disegnatrice e sceneggiatrice di Somnia, un manga (anche se non amano definirlo così) made in Italy di cui è in uscita proprio in questi giorni la seconda serie. Ho avuto l’occasione di intervistarle e di regalarle una maglietta di Stay Nerd (un giorno potremo dire “Le abbiamo vestite noi!”) e loro sono state disponibili e simpatiche.
Parto subito da Somnia. Avete portato in anteprima la seconda serie del vostro fumetto qui a Napoli Comicon. Da cosa nasce l’idea della storia e com’è nata la vostra collaborazione?
Federica Di Meo: Tutto è nato da una piccola idea, all’inizio erano sei pagine che avevo disegnato intorno al 2009. Ho portato questa storia qualche anno fa al Comicon e in quell’occasione ci siamo incontrate, e ancora prima di conoscermi l’aveva letta e le era venuta voglia di approfondire.
Curiosamente lei stessa stava scrivendo una storia che si ricollegava alla mia.
Liza E. Anzen: Tutte e due volevamo scrivere una storia sulla magia e sui desideri e ci siamo accorte che le nostre storie si incastravano alla perfezione.
Federica Di Meo: Ogni volta che lo raccontiamo sembra che stiamo facendo finta, invece è proprio così.
Nel fumetto si parla spesso di destino anche perché noi l’abbiamo conosciuto.
Quanto è difficile pubblicare un manga in Italia?
F: Noi a dire il vero non lo consideriamo un manga. Ovviamente il nostro background è quello, ma non ci interessa particolarmente etichettarlo perché spesso abbiamo assistito a tante querelle su cosa si possa definire manga e cosa no, e si finisce col porre l’attenzione più sul termine da utilizzare che non sui contenuti. Noi invece vogliamo che la gente guardi ai contenuti, alla storia e non si fermi all’etichetta.
L: Il nostro pubblico poi è composto sia da persone che si sono interessate all’opera perché può ricordare un manga, sia da chi è incuriosito dal fatto che sia un fumetto italiano. Noi non siamo partite con l’idea di fare un manga, non abbiamo inserito degli elementi perché “facessero manga”, né personaggi o ambientazioni tipiche di quello stile, proprio perché volevamo porre l’attenzione più sulla storia che non sul genere.
Come vi dividete i compiti? Quanto Liza è precisa nella descrizione delle scene e quanto Federica contribuisce allo sviluppo della storia coi suoi disegni?
F: Noi ci confrontiamo molto tra di noi, continuamente. È un lavoro a quattro mani.
Per quanto riguarda il soggetto, lei mi propone la sua idea e ne discutiamo, stessa cosa per la sceneggiatura, facciamo matite e storyboard e ne discutiamo, poi facciamo tutte le correzioni del caso e molto spesso decidiamo di rivedere le ultime tavole perché può capitare che ci accorgiamo che c’è qualcosa che va cambiato e torniamo indietro. Insomma è un lavoro in continua evoluzione.
L: Sì, il metodo che abbiamo adottato ultimamente è che io scrivo la sceneggiatura e poi la commentiamo insieme al telefono prima ancora di fare lo storyboard. Magari ci raccontiamo le scene come ce le immaginiamo visivamente, così lei può scegliere le inquadrature che preferisce.
A volte è capitato che lei disegnasse una tavola talmente bene che pensavo “questa tavola merita una storia diversa” e cambiavo la sceneggiatura per meglio adattarla al disegno. L’importante è venirsi incontro, e questo si può fare solo quando si va d’accordo.
Se una cosa non va a una delle due, piuttosto si sceglie un’altra soluzione, non esiste che facciamo qualcosa che non stia bene ad entrambe.
Federica, tu nasci come autodidatta e sei stata anche in Giappone a perfezionare la tua tecnica. Che consigli daresti a chi sogna di sfondare nel mondo del fumetto?
F: Per fare questo lavoro bisogna essere un po’ masochisti, perché richiede molto impegno e dedizione, io arrivo a lavorare anche sedici ore al giorno.
Il mio consiglio è questo, di lavorare tanto e di non avere fretta. Capire che è una strada veramente impegnativa. Guardatevi intorno e ampliate le vostre conoscenze, leggete tanto, analizzate gli autori che vi piacciono. Guardate le opere da un punto di vista autoriale più che da lettore. E disegnate almeno tre, quattro ore al giorno. Poi passate sulla nostra pagina che siamo sempre ben disposte a darvi qualche consiglio!
L: Soprattutto scrivete e disegnate una storia non per compiacere il pubblico, ma perché sentite l’esigenza di scrivere e raccontare quella storia. Se lo fate apposta per convincere qualcuno di qualcosa, non sarà vera. Va anche detto che quando si lavora per una casa editrice si ha a che fare con dei tempi di consegna, che spesso sono ridotti. Ma ci si abitua anche a quello, basta avere un forte senso del metodo. Anzi, spesso il fatto di avere dei limiti ti sprona anche a dare di più.
Quali sono gli autori che più hanno influenzato il vostro stile e le vostre opere? Anche non necessariamente riguardanti il fumetto, quindi registi, scrittori, gruppi musicali.
F: Il linguaggio lo prendiamo dal manga, dal fumetto in generale, ma anche dal cinema. Noi tendiamo a dare più dinamismo possibile alle scene e spaziamo veramente tantissimo. In campo cinematografico mi piace molto Tarantino, mi piace come racconta le sue storie. Perché spesso la chiave è lì, è importante la storia in sé, ma è ancora più importante come la si racconta.
L: La mia ispirazione è il cinema, anche se non ho un regista preferito in particolare. Da piccola sono sempre stata appassionata di cinema, ho visto tantissimi film che si sono tutti mescolati dentro di me influenzandomi tantissimo, e sono rimasta molto impressionata dalla sceneggiatura, dal passare da una scena all’altra, dalla dinamicità del mezzo. In genere quando scrivo non mi immagino un fumetto, ma piuttosto un film, e poi penso a come trasporlo in un fumetto. Un film in due ore, quindi in un’unità di tempo relativamente breve, cerca di raccontarti tante cose, io cerco di fare la stessa cosa anche se con un mezzo diverso.
Avete qualche riferimento anche per quanto riguarda la musica? Qual è la colonna sonora del vostro lavoro?
F: Anche qui variamo tantissimo. Quando faccio le matite in genere sono per il metal. C’è una scena sempre nel volume quattro che ho disegnato con la stessa canzone in loop dei Linkin Park per tre ore e mezza. Poi è immancabile il momento Enya…
L: Mamma mia, Enya. Tutta la sceneggiatura del volume quattro l’ho scritta sentendo in loop la stessa sua compilation, e ho giurato che non l’avrei mai più sentita. Nel mio caso la musica è principalmente per mettermi nello stato d’animo e per le emozioni che mi dà. Quindi per un momento di relax, di calma interiore in cui ho bisogno di scrivere una sceneggiatura allora ho bisogno della musica.
Scrivendo per Stay Nerd, non posso non farvi una domanda anche sui videogiochi. Com’è il vostro rapporto coi videogame?
F: Purtroppo con gli impegni la mia carriera da videogiocatrice ha subito un po’ una frenata. Ho una mia amica che ha partecipato a contest di Assassin’s Creed, è appassionatissima, mentre invece io sono ancora ferma al primo. Da quando ho cominciato a fare Somnia il mio rapporto con i videogiochi è andato diminuendo, li ho un po’ accantonati in attesa di riprenderli. Però mi piace molto il retrogaming e sono una grande fan dei primi Final Fantasy, Yoshi’s island, i primi Super Mario per NES. E in generale gli RPG sono i miei preferiti.
L: Anch’io a parte gli RPG giapponesi per mancanza di tempo non gioco molto. Mi piace molto giocare di ruolo, ma soprattutto preferisco quelli dal vivo. Ne ho scritto anche uno su Somnia. La cosa incredibile del gioco di ruolo dal vivo è che da una scheda di background devi far sentire le emozioni ai giocatori. È anche una sorta di allenamento per il mio lavoro.
Chiudo con la domanda di rito: progetti futuri? Continuerete la vostra collaborazione?
F: Noi lavoriamo benissimo insieme, ma adesso abbiamo tutte le energie convogliate su Somnia. Se provassimo a pensare ad altro non riusciremmo a far andare avanti la storia.
L: La fine di una storia la comprendi veramente quando, appunto, arrivi fino in fondo. Perché a quel punto sei cambiato. Quindi è un po’ difficile parlare del futuro, perché la storia non è ancora finita, e ci dobbiamo arrivare stando concentrate sul presente.
Viviamo l’attimo, crediamo molto nel carpe diem e nel destino, che poi è quello che ci ha fatto incontrare.