Narcos: Messico 2 – Luna è incredibile, in poco tempo riesce a raggiungere i livelli di Moura, diventando una figura di riferimento della serie
Dopo un finale di stagione incandescente, Miguel Ángel Félix Gallardo, detto “Flaco”, ci aveva lasciato tutti quanti con il fiato sospeso riguardo l’evoluzione del suo dominio sul Messico. Ebbene, il Re di Guadalajara è tornato, riuscendo a imparare tantissimo da quanto avevamo visto nelle prime tre stagioni dello show, ma adesso lo spettacolo si è spostato, e ora il terreno di gioco non è più la Colombia. Bentornato Narcos Messico.
Félix, dopo aver “interrotto” i rapporti commerciali con i suoi soci, si ritrova tra le mani numerosi dubbi e pericoli che lo metteranno costantemente alla prova. I dissidi tra le piazze di Sinaloa e Tijuana, gli intrighi politici con il PRI, gli accordi con la CIA, i conflitti con la DEA e gli attriti con il cartello di Cali, faranno costantemente vacillare il suo impero bianco sin dalle fondamenta.
La capacità di Narcos, nella sua moltitudine di stagioni, è sempre quella di riuscire ad avere un taglio diverso dalle precedenti. Nonostante l’anima resti inalterata, questo nuovo capitolo di Narcos Messico ha il merito di prendere l’eleganza della terza stagione incentrata sui “gentiluomini di Cali” e la forza e la violenza delle prime dove padroneggiava il Re del narcotraffico, Pablo Escobar.
Félix non è assolutamente come il signore di Bogotà, è vero, ma l’interpretazione del formidabile Diego Luna (che meriterebbe ancora più considerazione sul grande schermo) ci mostra un uomo forte, maturato rispetto gli inizi, e costantemente capace di rialzarsi nonostante le numerose avversità. Gallardo è pragmatico e, assieme al suo fidato Amado, continuerà a tessere le sua trame di espansione del traffico di cocaina.
Oltre alle numerose apparizioni di storici elementi dei precedenti Narcos, su tutti, ma non è spoiler state sereni, Pacho Herrera, i collegamenti con il passato sono sempre vivi e saldi, donando allo show una continuità palpabile. Una linfa vitale, in primis, che nutre uno script originale e messo su degnamente. La storicità dei fatti è cosa nota, tutti possono trovarli agilmente sul Web e studiarli tramite documentari, ma le sottotrame, l’evoluzione dei personaggi e gli incastri fatti dagli showrunner sono sempre di prim’ordine.
Le figure che si stagliano sullo schermo non sono mai ridicolizzate, e in una serie di 10 episodi da 50 minuti ca. ciascuno, tutti quanti hanno il giusto minutaggio e la giusta caratterizzazione, dai protagonisti, ai narcotrafficanti di secondo piano, fino ai cammei degni di nota. Alcuni passano, lasciando comunque il segno, ma altri diventano realmente dei monumenti, e in questo baccanale è un merito enorme.
L’evoluzione della trama di Narcos Messico è lineare nonostante le sue numerose articolazioni. Le strutture si sovrappongono, ma grazie ad una direzione artistica dritta, adrenalinica e concreta, ci permettono di arrivare a fine stagione sazi, ma desiderosi di vedere sempre di più (e pensando ai fatti reali, di materiale interessante ce n’è in grandissima quantità).
Questo è uno dei punti fondamentali del prodotto di Netflix: l’essere riuscito a trovare un proprio colore, mantenerlo e portarlo avanti senza stancare mai lo spettatore.
Diciamocelo, in fin dei conti le storie dei narcotrafficanti e della criminalità organizzata sono trite e ritrite. Veniamo costantemente bombardati mediaticamente, anche da produzioni nostrane, ma Narcos non ci stufa, ci offre visioni nuove e storie altamente emozionanti capaci di sopravvivere anche allo scorrere del tempo, degli anni, narrazione dopo narrazione, frame dopo frame.
Narcos Messico è capace di appassionare tutti i generi di spettatori, nonostante narri delle storie già sentite, ma mai realmente approfondite
A questo si aggiunge una maturazione artistica che si respira profondamente in questa nuova stagione. I movimenti di camera, le inquadrature, le scene di guerriglia, sono delle piccole meraviglie e spesso e volentieri pensiamo di trovarci di fronte a un lavoro dell’eccelso Sollima.
Peccato, e lo dico seriamente, per aver scelto di asciugare la presenza di narrazioni reali (video originali dei TG, pagine di giornale ecc.) numerosamente presenti nelle stagioni iniziali.
A proposito di colore, la fotografia di Narcos Messico non taglia il filo fantasma che la unisce alle altre. I colori caldi del Messico, i flares di luce, i giochi di ombre che si alternano tra notte e giorno, tra riprese in esterna e interni (messi in primo piano durante questa stagione), sono di una fattura encomiabile. Un prodotto sostanzialmente ben confezionato, ma con una forte caratura artistica, contrariamente a quanto si possa pensare viste le massicce operazioni di marketing che l’hanno accompagnato, tra le quali si aggiunge Chadia Rodriguez, dopo le collaborazioni con Salmo, Coez, Marracash e Guè.
Ora, dopo aver mantenuto uno standard qualitativamente così alto per ben cinque stagioni – risultato raggiunto da pochissime serie – la palla passa nuovamente alla N rossa, la quale dovrà offrirci un proseguimento di serie coinvolgente e affascinante quanto i precedenti.
Perché dei Narcos non ne abbiamo ancora abbastanza.