La narrazione non lineare che disorienta il lettore è particolarmente effiace nella fantascienza che racconta di mondi e personaggi stranianti
Ci sono tanti modi di raccontare una storia. Il più naturale è quello di partire dall’inizio, proseguire per lo svolgimento, e arrivare alla fine. Nella maggior parte dei casi, questa narrazione semplice degli eventi è sufficiente a trasmettere il senso della storia. Ma a volte ci si stufa della semplicità e così si va alla ricerca di storie che mettano alla prova le abilità del lettore, in cui non ci si sposta semplicemente dal punto A al punto B: si arriva così alle narrazioni non lineari.
La narrazione non lineare è spesso un meccanismo adottato nella scrittura sperimentale e nei generi d’avanguardia, visto che ricerca l’interesse del pubblico più attento. In genere questo tipo di racconto trasmette un senso di disorientamento, una continua mancanza di punti di riferimento che viene colmata gradualmente (e non sempre). Per questo, la narrazione non lineare si adatta bene alle storie di fantascienza, che a loro volta puntano spesso sullo straniamento come strategia per catturare e respingere il lettore allo stesso tempo.
Raccontami una storia, anzi no
Quando si parla di narrazioni non lineari è difficile inquadrare in modo preciso a cosa ci si riferisce. A volte si procede per esclusione, verificando che una storia non aderisca ai modelli narrativi standard, ma questo può essere fuorviante. In altri casi si considera non-lineare tutto ciò che viene raccontato riferendo gli eventi in ordine diverso da quello cronologico, oppure con piani temporali alternati, per esempio con l’utilizzo di flashback. Anche questa definizione però può essere limitante, perché rischia di includere storie lineari che semplicemente fanno uso di meccanismi narrativi ben conosciuti.
Proviamo allora a identificare che cosa renda una narrazione non lineare, premesso che si possono trovare anche definizioni o criteri diversi, proprio perché la non-linearità è una caratteristica che si ricava per sottrazione. Una storia si dice non lineare quando non presenta al lettore tutte le informazioni necessarie per comprendere a pieno gli eventi raccontati, creando in questo modo una distanza rispetto al mondo e ai personaggi. Tale effetto può essere reso o facilitato da una trasposizione non cronologica della fabula, ma questo di per sé non è una condizione necessaria né sufficiente per la non-linearità.
Nelle narrazioni non lineari spesso il lettore è abbandonato in un territorio che non conosce, e deve darsi da fare per raccogliere gli indizi che non gli vengono nemmeno presentati al momento opportuno. Alcuni eventi possono acquisire senso solo con l’ingresso di informazioni successive, tanto che spesso è necessaria una seconda lettura per poter sbrogliare completamente l’intreccio. In un certo senso una storia non lineare è anche una storia-enigma, che aggiunge alla narrazione un gioco di ricerca e risoluzione.
Per fare un parallelismo cinematografico, possiamo prendere come riferimento i film di uno dei registi contemporanei che più di tutti ama giocare con narrazioni intricate e piani temporali sovrapposti: Christopher Nolan. In base alla definizione proposta, possiamo considerare The Prestige come una narrazione non lineare, poiché usa un meccanismo di diario-nel-diario e mantiene diversi elementi all’oscuro sia dello spettatore che dei personaggi. Al contrario, per quanto possa essere complicato nella meccanica di base, Tenet si svela allo spettatore di pari passo a come lo percepisce il protagonista della storia, per cui paradossalmente rimane una narrazione lineare pur scorrendo avanti e indietro nel tempo.
Fantascienza non lineare
Dai concetti e dagli esempi fatti finora si intuisce già come uno dei generi in cui si possono sviluppare al meglio le narrazioni non lineari sia la fantascienza: se c’è un genere che consente all’autore di manipolare le coordinate temporali e alterare gli elementi della realtà è proprio questo. Mentre nella narrativa mainstream la non linearità rappresenta soprattutto una scelta stilistica dell’autore, nella fantascienza può essere un elemento organico che deriva dalle premesse della storia stessa.
Possiamo trovare elementi di non linearità, spesso mescolata a ricorsività e paradosso, in molti racconti di autori classici come Jorge Luis Borges o Italo Calvino. Anche se sono scrittori che tradizionalmente non vengono inclusi nella fantascienza, è innegabile che gli elementi speculativi su cui si basano molte loro storie si collochino all’interno del genere. In entrambi accade spesso che la non-linearità sfondi le barriere stesse dell’artificio narrativo e diventi un livello di metatestualità, di cui sono eccellenti esempi Il giardino dei sentieri che si biforcano o Il Conte di Montecristo.
Tra gli autori di fantascienza più conosciuti, uno che utilizza volentieri narrazioni non lineari è Kurt Vonnegut. Il riferimento immediato che viene in mente è quello a Mattatoio n. 5, che utilizza appunto il meccanismo dei viaggi nel tempo per rendere la storia frammentata del suo protagonista. Ma in quasi tutte le opere di Vonnegut si può trovare un certo grado di non-linearità, che è diventata in effetti una delle caratteristiche distintive della sua scrittura, che riesce a stemperare la complessità dell’intreccio con le leggerezza del tono. Anche nelle storie di Harlan Ellison si possono trovare spesso elementi non lineari, accompagnati da una certa ermeticità del testo che rendono alcuni racconti piuttosto difficili da decifrare. Allo stesso modo, molti autori storici del cyberpunk, in quanto movimento di avanguardia che si proponeva di sovvertire le regole, hanno aumentato il loro effetto di straniamento grazie a una gestione non lineare delle loro trame: basta leggere i primi racconti di William Gibson o John Shirley per rendersene conto.
Uno degli scrittori contemporanei di fantascienza che utilizza più spesso la narrazione non lineare è Christopher Priest, che non a caso è l’autore del romanzo The Prestige da cui è stato tratto il film già citato. Purtroppo dei suoi romanzi ben pochi sono stati tradotti in Italia, ma quasi in tutti si trova sempre una certa sovrapposizione di linee temporali e sdoppiamento di personaggi e punti di vista (con la tematica ricorrente dei gemelli o doppelganger), ma storie come Inverted World, The Affirmation, The Adjacent e in pratica tutto ciò che è contenuto nell’universo narrativo del Dream Archipelago costituiscono complessi romanzi-enigma in cui il lettore diventa parte attiva della storia. Anche per molti romanzi di China Miéville si può fare una considerazione simile: leggere Embassytown o L’uomo del censimento non è una semplice esperienza di lettura, ma anche un delicato gioco di raccolta di indizi da combinare tra loro.
Le storie rimaste nelle scatole nere
Un esperimento recente di narrazione non lineare da parte di un autore italiano lo troviamo in Scatole Nere, romanzo d’esordio di Matteo Romiti. La storia si svolge in una città dal carattere distopico, divisa in settori in base al livello di diffusione di un contagio mortale. Il romanzo è diviso in quattro sezioni, che seguono personaggi diversi le cui storie sono marginalmente connesse: troviamo un padre in cerca della famiglia scomparsa da quattro anni, una madre che cerca di fuggire da un settore in rovina per garantire la sopravvivenza ai suoi figli, un dottore che nasconde di essere contagiato per riuscire a completare i suoi esperimenti, e infine una misteriosa donna (forse non del tutto umana) che attraversa la città e interseca le vite degli altri.
La non linearità di Scatole Nere si esprime soprattutto nel modo in cui la vicenda viene presentata senza fornire precisi riferimenti temporali e spaziali, ed è così compito del lettore ricostruire la corretta sequenza degli eventi e il rapporto tra i personaggi. L’effetto straniante qui è aumentato da uno stile volutamente scarno, che evita alcune convenzioni narrative e anche tipografiche, per cui i personaggi non hanno nomi propri e i dialoghi non hanno segni che li distinguono dalla narrazione. Durante la lettura si ha quindi la costante sensazione di qualcosa che sta appena al di là della nostra percezione, di un elemento inafferrabile che una volta acquisito ci disvelerà tutto quanto abbiamo solo intuito finora, ma che rimane sempre un passo troppo lontano. In questo senso Matteo Romiti forse non è riuscito a trovare il giusto equilibrio tra occultare e rivelare, e la sua storia rimane per molti versi chiusa in una scatola che non sappiamo come aprire.
Come risolvere le narrazioni non lineari
In matematica i sistemi non lineari sono quei problemi in cui le equazioni presentano più soluzioni e quindi non possono essere affrontati con i metodi più intuitivi. Le narrazioni non lineari presentano lo stesso tipo di sfida, perché se da una parte permettono di non dichiarare subito tutte le incognite, dall’altra possono portare a un’interpretazione errata del problema, che condurrà quindi a una soluzione sbagliata o, ancora peggio, a un sistema impossibile. Il rischio delle narrazioni lineari è proprio questo, e richiede da parte dell’autore una notevole abilità.
Nel momento in cui si richiede al lettore di non agire semplicemente da assimilatore di eventi, ma anche di risolutore di enigmi, allora bisogna essere certi di fornire tutti gli elementi necessari perché il sistema venga impostato correttamente. È fondamentale quindi trovare il perfetto equilibrio tra quanto e quando mettere a disposizione, rispetto a ciò che si intendeva invece mantenere nascosto. Rimandare troppo un’informazione può compromettere la fruizione dell’intera opera, perché il lettore può reggere solo per un tempo limitato l’assenza di coordinate e la distanza dai personaggi: bisogna che ci sia qualcosa di forte a tenerlo agganciato a una vicenda che ancora non riesce a comprendere.
Le narrazioni non lineari sono quelle che polarizzano maggiormente le opinioni dei lettori, che finiscono per amarle oppure odiarle, senza vie di mezzo. Quando queste storie vengono decifrate possono innescare un effetto mindblowing che lascia tracce indelebili, ma se invece rimangono incomprensibili allora lasceranno solo un senso di irritazione. Sono pochi gli autori che padroneggiano quest’arte sottile, e il loro pubblico ha tutto il diritto di essere esigente visto l’impegno richiesto.