Cinque storie a fumetti per amare Neil Gaiman e il suo mondo del sogno
Il nome di Neil Gaiman nei fumetti riecheggia nell’eternità, nella leggenda dei comics, nei vecchi forum e nei gruppi Facebook, che sono i nuovi forum. Un nome che a volte divide ma quasi sempre viene acclamato, amato, venerato, perché il buon Neil Gaiman con i suoi fumetti si è guadagnato un posto nella storia, nel bene e nel male.
Tra gli autori più importanti della cosiddetta British Invasion degli anni ’80/’90, quando la DC fu letteralmente ammaliata da una sorta di London Calling mascherata da fumetti, Neil Gaiman è stato il fautore, insieme ad Alan Moore, Jamie Delano e Grant Morrison, di un nuovo modo di sceneggiare.
Romanziere di formazione (e poi, di fatto, tornato ad esserlo) Neil Gaiman si è avvicinato alle storie a fumetti in un secondo momento e a quel mondo, fatto di vignette, disegni, balloon e tavole, ha portato il suo stile di scrittura trovando così una sintesi inedita e un diverso paradigma.
Eppure, tra le critiche mosse a Gaiman emerge sempre con insistenza questa sua estraneità di base, il suo essere più scrittore che fumettista. Neil Gaiman scrive fumetti come se fossero romanzi e proprio per questo è riuscito, ai tempi dell’ascesa di Sandman ma non solo, a trovare un approccio fresco e a far evolvere il medium del fumetto, innestandogli dentro energie e sfumature provenienti dal mondo della letteratura.
Questo peculiare pedigree Gaiman non lo ha mai perso ed è presto diventato il motore immobile del suo stile, tant’è che si percepisce nei suoi fumetti. Proprio per questo, ecco a voi una piccola selezione di storie dove, secondo noi, il buon Neil ha dato il meglio di sé e della sua poetica.
Neil Gaiman, Fumetto #1: “Sandman, Sogno di una notte di mezz’estate”
“Alla fine siete arrivato, Will Shakespeare. È tutto pronto?”
Sandman è una di quelle serie colpevoli di aver cambiato tutto, che hanno segnato un prima e un dopo tangibile, ed è probabilmente la saga più famosa dell’etichetta Vertigo nonché una delle storie a fumetti più note in assoluto. Di Sandman, sperando di non risultare retorico, va letto tutto, soprattutto se vi definite appassionati di questa meravigliosa nona arte. E il motivo è presto detto: perché sì.
Tuttavia, se proprio non vi va di acquistare tutti e sette i volumi con spin-off annessi e connessi, dovete assolutamente mettere gli occhi su Sogno di una notte di mezz’estate (A Midsummer Night’s Dream), l’albo 19 della serie disponibile nel terzo volume-raccolta, Le terre del sogno, che tra l’altro contiene racconti indipendenti e fruibili a sé.
Oltre ad essere uno degli episodi più noti di Sandman, è anche quello che ha compiuto una piccola rivoluzione nella rivoluzione vincendo nel 1991 il World Fantasy Award come miglior racconto breve. La vittoria, all’epoca, sollevò un polverone e costrinse tanti critici elevati a discutere sulla presunta dignità del fumetto e soprattutto sulla sua possibilità o meno di correre ai grandi concorsi letterari. Nel dubbio, l’anno seguente la giuria del World Fantasy Award ha aggiunto una regola che vieta espressamente ai fumetti di partecipare.
Sogno di una notte di mezz’estate è un vero gioiello della narrativa a fumetti, ed è emblematico di quella che è la visione di Neil Gaiman e della sana arroganza che lo contraddistingue. In questo numero, infatti, ci racconta la sua personalissima teoria su come Shakespeare abbia trovato l’ispirazione per le vicende di Teseo, Ippolita e Oberon. Ovviamente, è tutto merito di Sogno, il suo Signore dei Sogni, che ha fatto un patto con il Bardo dandogli il talento della scrittura in cambio di due commedie. Qui, Gaiman si diverte a dare una retrospettiva post-moderna fantastica al capolavoro di Shakespeare, talmente bello da dover essere per forza frutto di un potere superiore, cosa che farà di nuovo in diverse occasioni e che diventerà un pregiato segno di stile.
Fumetto #2: “The Books of Magic”
“Proprio quello che mancava al mondo. La carica della brigata in trench.”
Sempre rimanendo dalle parti di arcane divinità, magie, esotismo e misteri ancestrali (e quasi in contemporanea con Sandman), Neil Gaiman nel 1990 scrive una miniserie in quattro parti: The Books of Magic.
Come per tante altre storie a fumetti di Neil Gaiman, questa minisaga nasce su intuizione di Karen Berger, storica editor DC che ha traghettato in America le firme della British Invasion e ha patrocinato la nascita della Vertigo, promuovendo e coltivando quindi l’idea di “quality comics”, di fumetti per adulti.
Nel pieno del successo di Sandman e un po’ dopo il boom di Swamp Thing di Alan Moore e Hellblazer di Jamie Delano, la Berger sentì il bisogno di tirare le fila di tutto il sottomondo della magia dell’universo DC, che proprio lei aveva contributo a svilluppare su queste testate.
Per scrivere questo vademecum dell’occulto fu chiamato Gaiman che, insieme ai disegnatori John Bolton, Charles Vess, Scott Hampton e Paul Johnson, non solo riuscì nell’intento pescando a piene mani dalla mitologia DC ma fu in grando, per certi versi, di anticipare persino suggestioni e sfumature del fenomeno Harry Potter di là da venire.
Infatti, il protagonista della storia, Timothy Hunter, somiglia molto al mago occhialuto della Rowling, non solo esteticamente bensì anche nel destino, visto che in lui ci sono le potenzialità per diventare il mago più potente del mondo. Per guidarlo nel suo viaggio di formazione, Gaiman chiama a raccolta varie personalità magiche dell’Universo DC: il cinico John Constantine, lo psicolabile Mister E, l’enigmatico Straniero Fantasma e l’oscuro Dr. Occult.
Se volete immergervi nella dottrina della magia secondo Gaiman, non dovete far altro che unirvi all’allegra combriccola.
Neil Gaiman, Fumetto #3: “Marvel 1602”
“Maestà, è certo che sta accadendo qualcosa d’inquietante. Che sia il giorno del giudizio o no non sta a me dirlo.”
Le radici british sono fortemente radicate nei fumetti di Neil Gaiman, e in un certo non potrebbe essere altrimenti visto le sue origini. In tutti i suoi lavori si respira sempre quell’aria d’Inghilterra che aggiunge un tocco di sapore alla lettura: a volte è solo abbozzata mentre in altre la fa da padrone.
Questo è il caso di Marvel 1602 dove Gaiman si è spinto ancora oltre: sfruttando la logica degli universi alternativi ha preso gli eroi Marvel più importanti e li ha innestati nell’Inghilterra elisabettiana al tramonto.
Il risultato è una saga in 9 numeri dove Nick Fury, il Dottor Strange, Daredevil, Peter Parker, gli X-Men e i Fantastici Quattro si trovano ad affrontare sfide e vicissitudini credibili se fossero esistiti nel seicento inglese.
Un gustoso what if, una storia dal sapore di “Ai confini della realtà” stranamente solida e affascinante che ci mostra un altro aspetto del talento di Neil Gaiman per i fumetti: la capacità di declinare la materia narrativa, proveniente da forme diverse, nel suo personale background creativo.
Fumetto #4: “Miracleman: l’Età dell’Oro”
“Era il migliore dei tempi. E la cosa miracolosa era questa: tutti lo sapevano.”
A proposito di icone british, Neil Gaiman nei suoi fumetti si è trovato anche a dover mettere le mani su uno dei rari (e più noti) supereroi coi colori della Union Jack: Miracleman.
Originariamente noto come Marvelman, “MM” è un personaggio longevo e dalla storia travagliata, creato dallo sceneggiatore e disegnatore britannico Mick Anglo nel 1953 per la casa editrice Len Miller & Son come una versione britannica di Capitan Marvel (anche noto come Shazam).
La sua serie continuò fino al 1963 ma nel 1982 arrivò un certo Alan Moore che la prese, la resuscitò e soprattutto la cambiò completamente, affinando quell’atteggiamento revisionista-decostruzionista-crepucolare che avrebbe fatto scuola, rivoluzionando per sempre il mondo dei fumetti.
Nel 1992, al termine di una saga passata alla storia, Alan Moore chiese a Gaiman di prendere il suo posto come autore della testata. Ai tempi, Gaiman non era ancora “quel” Gaiman e nonostante il compito da far tremare i polsi raccolse il testimone del collega.
Il risultato è una grande storia che nelle intenzioni dell’autore doveva essere composta in tre cicli: Golden Age, Silver Age e Bronze Age, di cui purtroppo è uscito solo il primo. Questo perché nel 1993, a causa di una lunga diatriba legale che qui eviteremo di raccontare, la serie viene fermata e solo di recente è ripresa sotto il marchio Marvel Comics.
Tuttavia Miracleman: l’Età dell’Oro, per quanto mancante dei suoi seguiti (ma che arriveranno presto insieme a nuovi racconti) è un lavoro davvero meritevole. Gaiman e il disegnatore Mark Buckingham, forse perché all’epoca ancora giovani e avventati, si sono sforzati di rendere ogni pagina un capolavoro. Ci raccontano cos’è successo nel mondo dopo che Miracleman ha instaurato una dittatura utopistica, il mondo perfetto, dal punto di vista degli uomini che, nonostante la consapevolezza di vivere nella migliore delle realtà possibili, sono infelici e insoddisfatti.
Ve lo consigliamo anche perché, nonostante la pandemia, Mark Buckingham ha continuato a lavorare ai nuovi fumetti di Neil Gaiman, quindi è il caso di arrivare preparati.
Neil Gaiman, Fumetto #5: “Batman, cos’è successo al Cavaliere Oscuro?”
“Ho imparato… che non importa quale sia la storia, alcune cose non cambiano mai.”
Il rapporto nei fumetti tra Neil Gaiman e Alan Moore è molto complesso e in parte lo abbiamo visto parlando di Miracleman. Non solo i due appartengono alla stessa “ondata” culturale ma si sono spesso ispirati a vicenda, rilanciandosi idee o suggestioni a distanza, spesso direttamente e spesso per vie trasverse.
Un esempio di questo legame è la storia Batman: cos’è successo al Cavaliere Oscuro? che nelle intenzioni e in parte nella forma richiama la seminale Cos’è successo all’Uomo del Domani? di Moore, indicata da molto come “il finale” del Superman della Silver Age nonché uno dei migliori racconti a fumetti mai scritti.
Gaiman, con Cos’è successo al Cavaliere Oscuro? nel 2008, seguito da Andy Kubert, cerca di realizzare un’operazione simile, tant’è che ci parla dell’ultimo atto dell’eroe su questa Terra: il suo funerale.
Un funerale che viene visto sia dagli amici che dai nemici e ciascuno di essi s’interroga sul vuoto lasciato dalla sua morte e, per qualche motivo, confida la propria versione della scomparsa, versione che non coincide con l’altra.
Nel frattempo, la voce narrante di Batman stesso ci mette al corrente dei fatti che stanno accadendo e ci fa partecipe sulle sue riflessioni, che toccano il legame che c’è tra la vita e la sua conclusione.
Un’opera davvero intimista, questa di Gaiman, una retrospettiva amara che è anche l’occasione di un grande autore di dedicare una storia ad un grandissimo personaggio.
Bonus: Death
“Sorveglio quel cancello. Aspetto il giorno in cui si aprirà.”
Se avete letto qualcosa di Sandman (e se non lo avete fatto, fatelo!) vi sarete accorti che Neil Gaiman, nei suoi fumetti, sembra provare un affetto particolare per il personaggio di Death, la sorella di Sogno, nonché uno dei membri più antichi e importanti degli Eterni.
Non a caso il buon Neil a questa figura ha dedicato non una ma ben due miniserie, entrambe di grande successo. Si tratta di Death: l’alto costo della vita (uscita nel 1993) e Death: il grande momento della tua vita (del 1996).
Si possono ritrovare nel volumone Death: Deluxe, che contiene anche tre racconti brevi: Racconto d’inverno, La ruota e Morte e Venezia.
In queste bellissime storie a fumetti, Neil Gaiman, oltre a raccontarci la sua idea della morte, ci parla anche del valore della vita e omaggia uno dei personaggi più riusciti e famosi di Sandman.
E voi? Quali sono i vostri fumetti preferiti di Neil Gaiman? Fatecelo sapere nei commenti!